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1,5 milioni dollari per un razzo, quasi 70mila dollari per un’ora di volo di un moderno caccia da combattimento: la guerra contro i terroristi dell’Isis costa un miliardo al mese. Il professor Gordon Adams, docente di Politica estera americana presso la School of international service di Washington DC ed esperto di difesa e sicurezza nazionale, ha stimato che per portare avanti l’operazione militare potrebbero occorrere anche tra i 15 e i 20 miliardi di dollari all’anno. Squali nel deserto, tra l’altro, è il titolo di un’analisi proprio del prof. Adams in cui si osserva come nel Medio Oriente le buone intenzioni americane vanno a morire.

I NUMERI

Il primo ad avanzare previsioni numeriche è stato il segretario alla Difesa americano Chuck Hagel, che ha stimato i costi delle missioni in Iraq e Siria tra “i sette e i dieci milioni di dollari al giorno”. Il passaggio successivo risiede nella richiesta da presentare al Congresso, a seconda della durata delle operazioni, di ulteriori tranche di finanziamenti. Ma il punto è che neanche la Casa Bianca può prevedere quanto durerà la lotta contro i jihadisti. Qualcuno si spinge a ipotizzare anche più di due o tre anni.

LO SCENARIO SIRIANO

Il ruolo giocato dallo spostamento del campo di battaglia in Siria ha comportato un indubbio aggravio di costi. Restando ai primi attacchi portati proprio in Siria la scorsa settimana, sono stati sparati 47 missili Tomahawk. Ogni missile costa circa 1,5 milioni di dollari. L’uso di aerei da combattimento ad alta tecnologia F-22 Raptor costa 68 mila dollari per ogni ora di volo.

GLI ONERI AGGIUNTIVI

Ai costi standard vanno sommati i costi aggiuntivi, come i voli di ricognizione, di rifornimento, di appoggio al bombardamento. Attualmente secondo il Pentagono vi è una vasta area che necessita di un presidio costante e fino ad oggi, solo in Iraq, si sono contati circa 60 voli di sorveglianza quotidiana. Ma se da un lato il presidente americano Barack Obama ha escluso l’impiego di truppe di terra nella lotta contro Isis, dall’altro alcuni analisti fanno notare che ci sono già circa 1600 militari in Irak. E’ la ragione per cui la maggior parte degli esperti prevede che il numero di personale militare sia destinato ad aumentare significativamente. E ciò farebbe incrementare il costo della missione a carico degli Usa.

LE STIME

Si tratta tuttavia di un settore dove i calcoli sono suscettibili di improvvisi mutamenti. E’ stato questo il caso del conflitto in Irak del 2003, quando il premio Nobel Joseph Stiglitz ne stimò in tremila miliardi di dollari, una cifra superiore alla crisi finanziaria dei mutui subprime e dei relativi salvataggi delle banche da parte di Washington.

UN ATTACCO TERRESTRE

Ma all’orizzonte ecco stagliarsi lo scenario di un attacco terrestre, con un effetto moltiplicatore alla voce costi. Secondo il presidente della Camera dei rappresentanti Usa, il repubblicano John Boehner, gli Stati Uniti potrebbero avere “un’altra scelta”, ovvero inviare forze di terra in Siria per combattere lo Stato Islamico. “Penso che ci vorrà più di qualche attacco aereo per cacciarli fuori di lì”, ha detto il deputato dell’Ohio ieri in un’intervista sulla ABC. Aggiungendo che “ad un certo punto gli stivali di qualcuno dovranno essere a terra”.

LA VERSIONE DI BOEHNER

Alla domanda se gli Stati Uniti dovrebbero fornire quelle forze di terra anche in assenza di un supporto da altri Paesi, Boehner ha detto: “Non abbiamo scelta. Questi sono barbari e hanno intenzione di uccidere noi e se non li distruggiamo prima, dovremo pagare quel prezzo”. Al momento il presidente Obama ha escluso l’invio di forze di combattimento di terra per combattere Isis in Iraq e Siria. Boehner lo ha definito un “passo falso”.

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