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Riceviamo e volentieri pubblichiamo

È un trentennio che le istituzioni repubblicane si cimentano in progetti di riforma costituzionali il più delle volte approdando a progetti prossimi ai risultati auspicati. Il materiale di studio accumulato nei vari tentativi è più che meritevole di riletture e approfondimenti giacché la gran parte dei temi elaborati sono stati articolati in proposte.

DI COSA TENERE CONTO

Non è cosa buona ripartire da zero senza considerare quanto già prodotto sebbene bisogna ammettere che il vero tema della riforma attuale è l’efficientamento della spesa pubblica e della forma di governo, soluzioni che difficilmente passano esclusivamente attraverso i sistemi elettorali e la spending rewiev. Lo stesso tema del Senato è tutto sommato secondario e non pienamente influente sulle due questioni anzi dette. Inoltre, occorre prendere atto di due fattori istituzionali incidenti sugli equilibri generali: il presidenzialismo «fattuale» ormai invalso negli assetti istituzionali della Repubblica e il crescente trasferimento di sovranità a favore dell’UE. Questi due fattori delineano un profilo di riforma che implica delle conseguenze congruenti.

IL PRESIDENZIALISMO

In primis una forma di governo, che avanza nell’assetto di poteri verso il presidenzialismo, richiede misure di bilanciamento del potere legislativo allo stato depotenziato e ridotto al ruolo di ratificatore dell’azione di governo. È indubbio che una qualsiasi forma presidenziale concentra potere sull’esecutivo nella sua composizione complessa di presidente e governo, per cui richiede un controbilanciamento di poteri effettivi sugli organi legislativi nazionale e regionali, organi questi ultimi che richiedono un forte coordinamento istituzionale per evitarne una frantumazione a tutto vantaggio dell’esecutivo e dei poteri europei. In questo quadro un senato «federalista» può bene assolvere una funzione coordinatrice degli interessi regionali e sovra regionali con quelli nazionali ed europei.

DELEGA DI SOVRANITÀ

Un simile rinnovato equilibrio tra i poteri nazionali consente una presenza rappresentativa nelle istituzioni europee capace di coniugare l’interesse nazionale con quello sovranazionale e di orientare secondo schemi di rappresentanza democratica le scelte europee sinora fortemente caratterizzate dalle burocrazie dell’UE. L’incidenza delle costituzioni nazionali sulla costituzione materiale europea è un dovere culturale e istituzionale capace di orientare le politiche sovranazionali e di rivedere i parametri di Maastricht adottati in una condizione di sfiducia reciproca a mezzo dei quali le politiche dei bilanci nazionali subiscono dei condizionamenti anticrescita con l’unico vantaggio (non trascurabile) di evitare che gli strumenti contabili siano delle rappresentazioni numeriche surreali. Occorre che le istituzioni europee prendano atto che i valori statistici posti a base del calcolo dei parametri siano riveduti secondo valutazioni che includano l’economia immateriale sempre più espansa e munifica ma pochissimo rappresentata nelle stime europee.

L’ECONOMIA POSTMODERNA

L’economia del postmoderno è molto meno fisica ma non per questo meno produttiva di ricchezza, dunque, i valori delle economie reali devono contemplare tali fattori di ricchezza di un territorio. Le istituzioni repubblicane, d’altro canto, richiedono una riscrittura che valorizzi le sussidiarietà verticali e orizzontali e incentrino sugli enti territoriali le scelte (e la spesa) di rilevanza regionale. Questo propugna un federalismo effettivo fatto di poteri e responsabilità, di spese e di entrate proprie, di politiche di bilancio vere ed equilibrate rispondenti ai fabbisogni socio economici dei territori. La pubblica amministrazione è ormai da considerare un soggetto economico che opera sul mercato allo scopo di fornire servizi e prestazioni. In quanto tale deve essere apprezzato con i parametri di valutazione del mercato tenuto conto anche delle particolari nature di alcuni servizi rivolti alla persona e alle fasce sociale bisognose di sostegno.

LA SPESA PUBBLICA

Il problema della spesa pubblica va visto in termini di efficientamento e, quindi, di controllo a posteriori, escludendo la mero logica della riduzione fine a se stessa; la rivisitazione della spesa pubblica necessaria per espungere sprechi e sacche di privilegi richiede un’azione di conversione della parte di spesa utile per renderla più efficiente e meglio destinata al miglioramento qualitativo della pubblica amministrazione, ormai vetusta nei procedimenti e poco flessibile nelle azioni e nel personale. L’unità economica e giuridica della Repubblica richiede un riassetto dei poteri che sappia compensare le istanza locali con la sintesi degli interessi nazionali poiché i diritti fondamentali non possono essere affidati esclusivamente ai sistemi locali salvo a generare delle enclave con cittadini suddivisi in classi, come allo stato già accade. I poteri di commissariamento si spiegano nella prospettiva dell’efficientamento di apparati decotti o sovraindebitati ai quali non si può fare fronte con il solo prelievo fiscale, soprattutto se la capacità di contribuzione alla spesa pubblica del cittadino di quella regione non consente ulteriori sacrifici.

QUALCHE DUBBIO

È qui è il punto dirimente della democrazia fiscale. Fin dove può spingersi il prelievo di una Repubblica inefficiente e indebitata e dove è lecito contrapporre il diritto di resistenza costituzionalmente protetto della persona? Quando il prelievo non assicura un’esistenza libera e dignitosa della lavoratore e della famiglia è da reputarsi costituzionalmente lecito?, ovvero, quando non restituisce in termini di diritti sociali fondamentali servizi il costo individuale dei quali risulterebbe insostenibile per il singolo reddito, il prelievo è da reputarsi costituzionalmente lecito? I livelli essenziale delle prestazioni dei diritti civili e sociali sono la soglia al di sotto della quale il cittadino può resistere ai gravi inadempimenti delle istituzioni pubbliche? I cumuli di immondizie che invadono le strade in tutta la provincia compresi i posti di villeggiatura più rinomati, nonostante le tasse non irrisorie pagate dai cittadini, sono una valida ragione per resistere? I pronto soccorsi sguarniti di medici e pullulanti di impersonale inutilizzato, nonostante i fondi pubblici destinati al settore, sono una buona ragione per resistere? In simili casi i poteri commissariali sono nominati per ratificare la cattiva amministrazione pubblica o per ricondurre sui binari della buona amministrazione l’azione pubblica e ripristinare i livelli essenziali delle prestazioni?

Interrogativi retorici in una società c.d. civile e solidale.
Il gatto e la volpe?!

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