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Sabato pomeriggio:  dopo una settimana di intensa e non poco faticosa attività sto tornando da una iniziativa sulle norme antidiscriminatorie sul lavoro e sono abbastanza arrabbiata. Anziché serrare le fila in un momento in cui i temi del lavoro e dello sviluppo sono la priorità, mi è parso anacronistico ascoltare le critiche degli addetti ai lavori sui provvedimenti ultimi intrapresi, con una visione ingessata e antica carica di parole antagoniste sul precariato, i diritti negati ai lavoratori, le riforme che non ci sono, ecc…

C’è voluta tutta la mia determinazione necessaria per  affermare che politiche antidiscriminatorie e pari opportunità  in Italia oggi significa dare  risposte concrete per il nostro paese  ricostruendo il senso di “comunità”. Occorrono decisioni radicali  perché anche se l’OCSE  afferma  che è in atto una lenta ripresa l’Italia  procede con maggiore lentezza.

L’idea di cambiamento dovrà riguardare tutti,  non solo il Governo e il Parlamento, le donne e gli uomini italiani. La  concertazione  è stato uno strumento molto utile in alcuni momenti, in altri momenti cruciali ha rappresentato l’alibi  per non assumersi la responsabilità di decidere. Oggi il Governo ascolta tutti i suggerimenti  ma si assume la responsabilità di fare le scelte e portarle avanti.

Da molto si parla del superamento del bicameralismo, della riforma della PA, del tetto massimo per le  retribuzioni per gli alti dirigenti della PA e per rendere una PA efficiente rivoltandosi come un guanto:  alcune decisioni sono state prese e dobbiamo proseguire sulla strada intrapresa. Ancora poco è stato fatto per  le rendite finanziarie e per l’Irap,  ma dobbiamo andare avanti. Bisogna agire anche sull’aspetto culturale di tutto il Paese, cambiare la mentalità che vede le aziende come luogo dove si sfruttano le lavoratrici e i lavoratori e comprendere che fare bene per le imprese significa fare bene ai lavoratori e alle lavoratrici.

Bisogna superare questo blocco culturale: e cercare insieme  come portare avanti la centralità del lavoro con la condivisione delle scelte, dell’aiuto, della solidarietà. Ora bisogna impegnarsi molto sulla “Garanzia giovani”, dobbiamo costruire le occasioni che moltiplicano le opportunità, incentivare le politiche attive, creare una vera rete  di strumenti per l’impiego efficace, bisogna lavorare affinché i giovani e le giovani abbiamo più opportunità.

Dobbiamo capire quali sono i provvedimenti che non hanno funzionato, come ad esempio  l’apprendistato che è passato dal 14% al 10% e ciò deriva dall’eccessiva burocratizzazione di questo strumento, dalle complicazioni per esempio di una norma che prevede che ad un apprendista deve essere assegnato un tutor che nell’interpretazione dominante deve obbligatoriamente stargli accanto , bene per i lavori pericolosi ma non per tutti.

Con gli strumenti di controllo a distanza è sufficiente un affiancamento parziale. Io mi auguro di sbagliare ma ho il timore  che le elezioni europee siano un disastro.  Avendo avuto il sopravvento il populismo e anche molto trasversale nelle coalizioni politiche era inevitabile che con il passare dei giorni a godere del vantaggio di un clima di tensione emotiva fossero coloro che più e meglio fanno leva sull’indignazione degli italiani. E il populismo oggi è irrobustito dall’ondata di arresti furiosa  e devastante.

E’ vero anche ed è evidente nei numeri e nelle conferme che la ripresa non c’è e che non si vedono i presupposti perché, quest’anno, ci sia. L’anti politica agitata come un martello pneumatico continua a trapanare la caverna di Grillo portando voti a lui e ai suoi adepti, tanto che il comico  il “barbaro”  autodefinendosi il salvatore del Paese cerca persino i tifosi del Napoli con il baule pieno di nuova tangentopoli, di una magistratura lacerata e antagonista, di un partito e di una maggioranza di destra e di sinistra al governo già corrosa, di una economia che non alza la testa,  trascinandosi un calo della produzione industriale e smentendo le previsioni di ripresa.

Brutta storia anche il conflitto interno alla Cgil perché (e questo è un problema di tutti i sindacati!) c’è veramente una crisi di rappresentanza sociale anche per colpa di errori che sicuramente almeno dovrebbero ammettere. Oggi o mai più e non solo guardando alle debolezze di Renzi.

Lo scontro in atto sulle politiche del lavoro e la marea crescente dei “non garantiti”, della litania del precariato, ecc è il tragico risultato della guerra intestina al Pd e alle sinistre, sulle identità e sulle aree di influenza, più che una pur lacerante discussione di merito. Di cui, invece, ci sarebbe un bisogno estremo.

Ecco perché il 25 maggio temo sarà una debacle elettorale e non si potrà e dovrà non riportare il merito delle questioni che affliggono il nostro Paese e dare risposte credibili anche per la dimensione europea. Ecco perché sottolineo un passaggio essenziale del Manifesto come contributo al rinnovamento della Pubblica Amministrazione che abbiamo predisposto come Associazione Amici di Marco Biagi : “Gli Italiani vogliono uno Stato che funzioni di più e costi di meno. Non isolato ma sovrano nel rapporto con gli altri Stati e le comunità cui aderisce. In particolare, assumiamo la regola: “Europa solo quando necessaria, nazione sempre quando possibile”. All’Europa la moneta, la spada e la feluca, allo Stato nazionale tutto il resto. Il prossimo passo per l’Europa può essere una Confederazione di Stati sovrani.”

Dunque guardiamo avanti e andiamo avanti.

Qual è la vera posta in palio alle Europee

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