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E’ da anni che si cade nello stesso errore. Quello di credere che esistano conflitti di serie A e di serie B. Laddove i primi raccolgono immediato interesse e – quando necessario – anche reazione della comunità internazionale. Mentre i secondi, ritenuti minori, si fermano alla raccolta di un appello di solidarietà. Tante belle parole a mezzo comunicato stampa e tanto inchiostro sulle piccole e grandi testate. Ma mai un’azione concreta volta a tappare falle e disastri di una politica estera – soprattutto europea – a cui questa ripartizione dei conflitti sembra piacere così tanto.

Altrimenti come altro si potrebbe spiegare l’assordante silenzio di Bruxelles sulla perpetua persecuzione che minaccia di estinguere tutte le minoranze religiose nel mondo. Da ultimo in Irak dove è in corso un atroce massacro. E potremmo essere solo all’inizio. Centinaia di Yazidi – l’ultima delle minoranze etniche finite nel tritacarne dei jihadisti – vengono uccisi durante l’offensiva dei miliziani dello Stato islamico nel Nord del Paese.

I numeri dell’intolleranza religiosa fanno rabbrividire anche per i cristiani: 200 milioni quelli minacciati e costretti a vivere in molti posti del mondo in condizioni di vulnerabilità.

Chi oggi piange lacrime di coccodrillo rifletta. Prima ancora di guardare agli errori del passato o alle colpe di cui si sono macchiati i nostri predecessori, sarebbe bene prendere atto del fallimento di questa politica estera europea. Troppo pavida, e che una volta per tutte dovrebbe trovare il coraggio di decidere anziché stare su due binari.

Tra i 28 Paesi dell’Unione Europea fatico a credere che vi siano governi indifferenti alla sofferenza umana. Mi sembra che da Stoccolma ad Atene, da Lisbona a Sofia i diritti della persona sventolino fieri sui palazzi di tutti i governi del Continente. Così come mi rifiuto di credere che quella famosa scelta laicista riconosciuta dal Trattato serva a giustificare uno scarico di responsabilità verso il problema della libertà di fede. Perché a mio giudizio, laicità vuol dire libertà, e quindi impegno indistinto per i diritti di tutte le comunità e minoranze soppresse.

Da tempo Papa Francesco chiede al mondo intero di proteggere le minoranze nel mondo. Poi, di fronte all’escalation di violenze, qualche giorno fa, primi tra tutti, sono stati ancora una volta gli americani ad agire, decidendo di inviare i bombardieri in Irak. E noi? Silenzio. Di più: balbettiamo sugli aiuti umanitari e pensiamo di avere la coscienza a posto.

E’ ora di dire basta! Dall’Iran agli USA, dalla Russia all’Europa è il momento dire forte che chi fa stragi in nome dell’Islam bestemmia il Profeta e va fermato! Ecco perché così come ho sempre sostenuto tutte le battaglie per la libertà religiosa durante i miei mandati come ministro degli Esteri e Vicepresidente della Commissione Europea, così oggi come presidente della SIOI sostengo l’ammirevole iniziativa lanciata da “Formiche” e dal suo fondatore Paolo Messa, affinché si formi al più presto una coalizione internazionale contro il più recente dei genocidi: quello scatenato dall’Isis in Iraq e in tutto il Medio Oriente.

Il più recente, ma certo non l’ultimo. Almeno finché l’agenda di Bruxelles non deciderà di rendere onore a quel prestigioso Nobel per la pace ricevuto nel 2012, ma di cui ad oggi, oltre ad un Attestato incorniciato si fatica a vedere un impegno concreto.

Franco Frattini
Presidente SIOI

Perché sostengo l'appello di Formiche contro l'Isis

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