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L’azione a sostegno della riforma europea dell’Italia oggi può essere efficace soltanto all’interno di uno dei due nuovi poli: quello del Pd renziano e – quando si sarà costituito – quello del nuovo centrodestra non berlusconiano.

Per quel che mi riguarda, dopo una vita spesa all’interno della sinistra italiana per rafforzare in essa l’ispirazione liberal-democratica, non avrebbe senso che io collocassi altrove rispetto all’area del centro-sinistra l’ultimo periodo di mio servizio politico-parlamentare, oltretutto proprio nel momento in cui l’evoluzione del PD in senso liberal-democratico si manifesta nel modo più evidente e addirittura clamoroso.

Nell’area del centrosinistra si collocherà dunque probabilmente il mio impegno politico-parlamentare – come si è collocata una larga maggior parte degli elettori di SC due settimane fa – in forme che dipenderanno ovviamente anche dalle scelte che compiranno gli altri parlamentari di SC, da quelle che compiranno il Governo e il PD nelle prossime settimane e mesi in materia di mercato del lavoro, di amministrazioni pubbliche e di spending review; comunque mai a spese dell’indipendenza di giudizio che in cinquant’anni di attività politica ho sempre praticato.

Una delle cose più positive che ho sperimentato in quest’ultimo anno e mezzo di lavoro politico è consistita nello scoprire la vasta area nella quale si determina una piena convergenza, sulle misure necessarie per la salvezza e il progresso del nostro Paese, con persone collocate da sempre a destra, così come con persone collocate da sempre a sinistra.

Solo i nostri figli o i nostri nipoti, del resto, e forse neppure loro, potranno dire se debbano considerarsi più “di destra” o più “di sinistra” le misure incisive a cui oggi stiamo lavorando per il mercato del lavoro,  per le amministrazioni pubbliche, per la scuola, o in altri campi (ammesso che la distinzione novecentesca fra destra e sinistra sia destinata a conservare il suo significato nel XXI secolo).

Il fatto nuovo importante è che oggi le vecchie barriere siano cadute e che proprio sul terreno del liberalismo democratico sinistra e destra italiane abbiano incominciato a confrontarsi fattivamente. Non sarà inutile – e questo può essere, a mio avviso, un terreno d’azione privilegiato per i gruppi SC di Senato e Camera da qui al termine della legislatura – che si creino dei luoghi di elaborazione e di dibattito nei quali questo confronto possa svilupparsi al di là delle differenze di schieramento, garantendo nel tempo il massimo possibile di continuità, pur nella necessaria alternanza tra centrosinistra e centrodestra al governo, sugli elementi essenziali della strategia europea dell’Italia.

(Il testo integrale si può leggere sul sito di Pietro Ichino)

Perché non posso non dirmi abbastanza renziano. Parola di Pietro Ichino

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