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In Libia ci sono molti fronti aperti. Da quando è cominciata la guerra civile nel 2011, il Paese va verso l’anarchia. Ci sono stati diversi primi ministri in tre anni e la instabilità non ha fine, anzi. Secondo Arturo Varvelli, ricercatore dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi), tra le cause c’è l’incapacità dell’autorità centrale di controllare proprie forze dell’ordine e l’attività delle numerose milizie presenti sul territorio. Ecco la conversazione con Formiche.net di Varvelli, autore di Dopo Gheddafi. Democrazia e petrolio nella nuova Libia (Fazi, 2012)

LA FIDUCIA PERDUTA
“Il governo non ha avuto la forza necessaria per controllare il Paese e questo ha colpito la fiducia del Paese nel processo democratico”, spiega Varvelli. L’analista ricorda che nell’ultima consultazione per l’Assemblea costituzionale – lo scorso febbraio – si sono registrati solamente un terzo dei tre milioni di libici che si erano registrati alle elezioni generali del 2012.

DIFFICILI ALLEANZE
Sulla scelta del nuovo premier Ahmed Matiq, Varvelli sostiene che nonostante abbia vissuto a lungo in Inghilterra può capire la Libia. “Ma quello non basta. Bisogna riuscire a creare alleanze con chi controlla il Paese”, dice. Comunque, la scelta di Matiq è stata annullata perché secondo alcuni deputati non ha ottenuto il numero di voti necessari. Per Varvelli, questa è l’evidenza che “in Libia si stanno ingrippando le istituzioni… L’Assemblea costituzionale e il Parlamento sono organi che spesso si sovrappongono, c’è una forte lotta interna per il potere e un Paese profondamente diviso”. Inoltre, ci sono le milizie che sostengono alcune correnti e il movimento autonomo indipendente della Cirenaica.

INDIFFERENZA AMERICANA
Cosa pensano le potenze mondiali della situazione in Libia? Difficile saperlo. Fatto sta che gli Stati Uniti, secondo Varvelli, hanno ripreso a guardare con attenzione la Libia dopo la morte dell’ambasciatore americano Christopher Stevens.Evitano però di nominare la questione. L’amministrazione di Barack Obama è tornata sulla Libia dopo il 2011 ma ha incaricato l’Europa, e specificamente l’Italia, di occuparsene”, ha detto il ricercatore.

LIBIA: MISSIONE IMPOSSIBILE
Sebbene ci siano interessi energetici in Libia, secondo Varvelli l’Italia non ha la capacità di gestire da sola questa complessa situazione. “È una missione impossibile. Si può comprendere e accompagnare i libici nel processo di transizione e continuare a favorire una riconciliazione interna. Ma l’Italia non può fare altro che stimolare il coinvolgimento dell’Europa e la comunità internazionale in Libia. In questo momento non c’è la capacità di fare altro”, spiega. La situazione in Ucraina e la minaccia di una crisi energetica con i fornitori di gas dell’est dell’Europa preoccupano ancora di più l’Italia.

Vi spiego cosa succede in Libia. Parla Varvelli (Ispi)

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