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Partito Democratico
È plausibile ritenere che si sia registrato un effetto «Renzi», o meglio un effetto leadership.
Insieme a ipotizzabili conseguenze sul comportamento di voto connesse a singole politiche
condotte/annunciate dal Governo, la presenza di una nuova classe dirigente, giovane, dinamica, ha contenuto gli effetti della sfida avanzata dal Movimento 5 stelle, vero competitor in assenza dello storico avversario «Berlusconi». Il risultato del Partito democratico è particolarmente «positivo» (in termini statistici) se consideriamo che si è registrata una contrazione della partecipazione e ciononostante il partito ha raccolto un numero maggiori di consensi (in valore assoluto e non solo in percentuale) rispetto al 2013 e al 2009.

Movimento 5 stelle
La débâcle elettorale del «partito di Grillo» è evidente non solo in termini percentuali, ma
anche assoluti (-3 milioni rispetto a un anno fa). La stanchezza elettorale del Movimento – il cui risultato è in sé comunque rilevante: è secondo partito in 84 province) appare evidente se si considerano alcuni dati relativi alle maggiori perdite, registrate specialmente nelle «Isole», dove cioè il partito aveva registrato percentuali elevate sia alle politiche, ma anche alle regionali (Sicilia). Inoltre, come spesso accade nei movimenti «estremi»/«radicali», a potenti fasi di avanzata spesso segue una fase di assestamento o contrazione dovuta a elementi congiunturali, ma anche alle «mancate promesse» che l’assenza dal Governo inevitabilmente genera. Infine, la ripresa della Lega Nord, specialmente nel Nord-Est può avere eroso il consenso del Movimento 5 stelle che aveva ampiamente beneficiato della rotta leghista nel 2013.

Lega Nord
È prematuro stabilire se ci sia stato un «effetto Salvini» sulla Lega Nord. In ogni caso il
Carrocio ha temporaneamente bloccato l’emorragia di consensi che ne ha messo in discussione la sopravvivenza dal 2011 in poi. Si tratta di un test elettorale rilevante sia per il potere di negoziazione (con i partiti di centro-destra) che il dato emerso dalle urne fornisce alla Lega Nord, sia per la vita futura dell’organizzazione. La transizione Bossi pare essersi compiuta, e una parte delle ragioni del buon risultato leghista (almeno se comparato con il 2013) è da rimandare alla capacità di ri-mobilitazione indotta dalla segreteria Salvini, dalla
radicalizzazione sui temi della crisi economica, e dalla contrazione di consensi in uscita verso il M5s. Cui va aggiunta la grande «fedeltà» elettorale dell’elettorato leghista «storico».

Forza Italia
Sul risultato elettorale di Forza Italia (e del centro-destra) ha molto plausibilmente pesato
l’assenza di una leadership che ne è stata storicamente la guida. Benché Berlusconi abbia
condotto la campagna elettorale, il suo status di «non elettore», e non «eleggibile» ha
probabilmente pesato sulla ri-mobilitazione dell’elettorato «forzista» da sempre molto attento all’influenza del «capo». È la dimostrazione di quanto il càrisma senza la perpetua produzione di risultati tangibili da parte del capo generi disillusione, frustrazione e quindi abbandono delle forze un tempo sostenute. Inoltre, la presenza di un nuovo leader del Pd, di estrazione politica e culturale non ascrivibile alla tradizione PCI_PDS_DS potrebbe altresì aver svincolato parte dell’elettorato forzista notoriamente ostile al «pericolo comunista» evocato periodicamente da Berlusconi nelle campagne elettorali dell’ultimo ventennio. Se si considera che la percentuale dei voti a Forza Italia rappresenta comunque un sesto dell’elettorato, ossia un dato rilevante in sé, non si può mascherare la grande smobilitazione che ha investito il partito nato vent’anni fa proprio attorno al fondatore-proprietario.

Tsipras
L’insieme di liste aggregate sotto la sigla «Tsipras» è riuscito in parte a superare la sindrome
del «cartello elettorale» che dal 2008 affligge la «sinistra» dello spettro elettorale italiano.
Grazie alla principale compente della lista che prende il nome dall’esponente politico ellenico a capo si Syriza, ossia a Sel, è stato, per il momento, arrestato il declino elettorale dell’area politica a sinistra del Partito democratico. La lista Tsipras è stata in grado di invertire – almeno rispetto al 2013 – la tendenza registrata con l’esperienza della Sinistra arcobaleno e, in parte, di Rivoluzione civile. Rimangono tratti di debolezza per una formazione sbilanciata sul piano geoelettorale (prevalentemente al Nord) e con maggiore presenza nelle aree urbano-metropolitane. La mobilitazione delle ultime settimane ha plausibilmente ri-motivato parte dell’elettorato astenuto alle scorse politiche o che aveva optato per il Movimento 5 stelle.

Estratto da un’analisi più ampia che si può leggere qui

Le Europee secondo l'Istituto Cattaneo

Partito Democratico È plausibile ritenere che si sia registrato un effetto «Renzi», o meglio un effetto leadership. Insieme a ipotizzabili conseguenze sul comportamento di voto connesse a singole politiche condotte/annunciate dal Governo, la presenza di una nuova classe dirigente, giovane, dinamica, ha contenuto gli effetti della sfida avanzata dal Movimento 5 stelle, vero competitor in assenza dello storico avversario «Berlusconi». Il risultato…

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