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Pubblichiamo il commento di Federico Guiglia uscito sulla Gazzetta di Parma

È cominciata la guerra a chi le spara più grosse. Il primo colpo si deve all’inventore della nuova terapia di gruppo, Matteo Renzi. Il quale, si sa, ha posto non solo il tema dei grandi cambiamenti elettorali e costituzionali da approvare, ma soprattutto le date entro cui farlo. Come una mela al giorno che toglie il medico di torno, così anche una riforma al mese per non avere il presidente del Consiglio quale dottor fiorentino che ausculta e prescrive dolori ai partiti inadempienti.

I BATTIBECCHI SULL’ITALICUM
A Forza Italia, l’alleato sull’argomento che però sta all’opposizione, l’hanno preso in parola. Ma il capogruppo alla Camera, Renato Brunetta, ha fatto il più realista del Re, che non è, in questo caso, Silvio Berlusconi, ma Renzi medesimo: “L’Italicum entro Pasqua oppure salta tutto”, ha detto all’indirizzo di chi, sui “tempi del fare”, s’è costruito buona parte della fiducia a sua volta “a tempo” che gli hanno concesso gli italiani. Botta e subito risposta, col giovane premier che ha respinto l’ultimatum e sfidato i berlusconiani: se essi non ci staranno più, lui e la sua maggioranza comunque faranno la riforma in Senato. Meglio soli che male accompagnati, ecco la piccata replica di Renzi. Che forse farebbe meglio a fare un po’ di conti parlamentari. Perché il mal di pancia dei senatori per il prossimo harakiri del Senato, destinato a diventare l’assemblea di condominio del regionalismo fallito, è trasversale. Il primo ad aver lanciato l’allarme sul rischio del “tante riforme/nessuna riforma”, non è stato il deputato Brunetta, che fa il gioco delle parti, ma il presidente del Senato, Pietro Grasso, che è parte del gioco. Oltre che parlamentare del Pd, lo stesso partito che Renzi guida senza esserne parlamentare: i paradossi di quel che resta dopo tanto rottamare.

EUROPEE ALLA PORTE
Ma l’improvviso tiro alla fune tra Berlusconi e Renzi per interposto Brunetta (ma anche la ministra Maria Elena Boschi è della partita col suo renziano “altolà” lanciato già in precedenza a Forza Italia), testimonia almeno due cose. Intanto che la campagna elettorale per l’Europa è iniziata con le solite beghe casalinghe. Dopo trent’anni di mancate riforme anche un marziano che sbarcasse a Roma (o a Firenze) capirebbe che tredici giorni in più o in meno, cioè da qui a Pasqua, non cambiano il destino del mondo, e meno che mai quello della Costituzione. La reciproca minaccia sui tempi vale quanto le sperimentate calende greche, l’unica “data” certa e da sempre indefinita dei riformatori incalliti, cioè regolarmente incagliati.

I TIMORI DI FORZA ITALIA
E poi Forza Italia alza la voce per non rischiare il silenzio a fronte dei proclami di Renzi “urbi et orbi”. Protesta per non restare schiacciata da “un patto” -così lo chiamano le parti-, in cui Matteo ha tutto da guadagnare e Silvio, che presto conoscerà anche il suo destino personale dal tribunale di Milano, molto da perdere. E perché sa, il partito dell’ex Cavaliere, che Renzi sarà pure un buon medico della politica, ma non al punto da curare tutti i mal di pancia del Pd nel Senato. Difficile che gli uni possano fare a meno degli altri, allora, e per questo, come nei matrimoni per puro calcolo, volano, oggi, piatti e parole.

Tutti i battibecchi sull'Italicum tra Renzi e Berlusconi

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