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Il rapporto Nielsen sull’acquisto e la lettura di libri non è confortante. Il Centro per il libro e la lettura, istituto autonomo del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ha commissionato questa ricerca e l’ha presentata alcuni giorni fa nella Biblioteca Angelica di Sant’Agostino.

UN PAESE DIVISO A META’

I dati relativi al triennio 2011-2013 segnano un calo medio sia per i lettori, passati dal 49% al 43% della popolazione, sia per gli acquirenti, arrivati al 37%, dal 44%, con un Paese davvero diviso a metà. Si legge tra le fasce più benestanti e soprattutto al Centro-Nord.

I LETTORI E GLI ACQUIRENTI DI LIBRI

La ricerca Nielsen indica che il 37% di acquirenti equivale a 19,5 milioni di persone che hanno comperato almeno un libro nel 2013. In questa fascia ritroviamo appunto individui di livello culturale medio-alto, fra i 25 e i 34 anni, prevalentemente donne, del Nord e del Centro.

Investire quindi nell’acquisto di un libro è più consono alle fasce di reddito medio-alte. Ma il fatto che si legga più di quanto si acquisti indica la maggiore predisposizione a prendere volumi in prestito. Sono 22,4 milioni coloro che hanno letto almeno un libro nel 2013, il genere femminile anche qui è più numeroso e troviamo gli adolescenti tra i 14 e i 19 anni nella fascia più forte.

TRE ANNI A CONFRONTO

La novità della ricerca sta nel trend che si registra negli ultimi tre anni. La tendenza, come si evince dai numeri, è drammaticamente negativa.

Indagando nelle aree italiane, tranne che per il Nord-Est che segna un andamento in crescita, tutte le altre zone del Paese hanno il segno meno. I lettori del Nord-Ovest sono passati dal 53% al 49%, per non parlare del Centro, dal 52% al 42%, e il Sud dal 39% al 31%.

L’unica nota positiva è quella registrata dagli ebook che hanno fatto rivelare un +14% rispetto al 2012 per gli acquirenti e un +17% per i lettori.

LE REAZIONI

Gian Arturo Ferrari al momento della presentazione dello studio Nielsen era Presidente del Centro per il libro e la lettura. Oggi, sostituito da pochi giorni da Roberto Montroni, ricopre il ruolo di presidente del comitato scientifico dell’istituto.

“Oltre a offrire la fotografia più fedele del 2013, la ricerca consente di vedere le immagini in movimento del triennio 2011-2012-2013 – ha detto Ferrari – e di cogliere così non solo le dimensioni, ma anche la dinamica della presente crisi del libro”.

Perché i dati prospettano proprio una crisi vera e propria che dovrebbe allarmare. La scrittrice Loredana Lipperini nel suo blog Lipperatura spiega bene perché questi dati devono destare preoccupazione: “Se la competenza degli italiani in fatto di lettura è minima (vedi Tullio de Mauro) e che quegli italiani comprano e leggono libri in misura sempre minore (vedi Nielsen), non credo affatto che si riversino in massa in rete a leggere dotte dissertazioni, o anche dissertazioni non dotte, o anche luminose spiritosaggini. Leggono (probabilmente, perché qui non ci sono, che io sappia, dati) status, tweet, guardano filmati, ascoltano musica, scaricano serie televisive. Tutte cose belle, buone e giuste. Ma, ancora una volta, non sostitutive di un libro”.

Sostiene Lipperini che “poi dentro la parola “libro” ci siano anche e spesso solenni porcherie, siamo tutti d’accordo. Ma servono anche quelle: purché, certo, non si finisca a pubblicare solo quelle sperando che seducano un non lettore che è altrove. E non sono convinta che quell’altrove serva a diventare un Paese migliore”.

In disaccordo con queste affermazioni è Luca Sofri, direttore del sito il Post, che già a gennaio scorso scriveva così sulla questione: “Il problema è che ne parliamo da decenni, di un declino dei libri e della loro centralità, e quindi pochi prendono sul serio quello che invece sta succedendo in questi ultimi anni e mesi, e che succederà ancora di più. Malgrado le resistenze psicologiche di nostalgici e affezionati – che sono ancora molti e protestano, ma io credo che vedano solo un pezzetto della scena – il libro non è più l’elemento centrale della costruzione della cultura contemporanea. Non parlo, insomma, dell’annosa e noiosa questione del “si leggono pochi libri” eccetera: parlo di quelli che prima li leggevano, i libri; e parlo di quello che comunque ritenevamo “fossero”, i libri, letti o no”.

IL SEGNALE (DA NON SOTTOVALUTARE) CHE ARRIVA DALLA GRAN BRETAGNA

Per concludere, il vero allarme è il divario che c’è effettivamente tra i livelli di cultura bassi e alti. Anche in Inghilterra ci si interroga su tale quesito dopo che il Booktrust, come riporta The Guardian, ha commissionato un sondaggio per valutare le differenze di lettura in base alla classe di appartenenza. Questo nel tempo si trasforma in un ostacolo nel migliorare la propria condizione sociale. Tanto che l’interesse per la lettura può essere considerato uno dei fattori importanti per la mobilità sociale. E se cominciano a preoccuparsene gli inglesi, forse sarebbe bene che anche noi cominciassimo a considerare la crisi del libro come un vero problema da risolvere.

Tutti i numeri sulla crisi della lettura in Italia

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