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Non è mai sintomo di buona educazione sbirciare i portafogli altrui, col pretesto magari che il nostro è vuoto. E se è probabilmente vero, come ha scritto qualcuno, che l’invidia è uno dei motori immobili del capitalismo, è vero pure che dovremmo imparare ad essere qualcosa di più della semplice somma dei nostri istinti, specie quando allignano nelle parti basse.

Questo mi dico e mi ripeto mentre leggo il bollettino mensile della Bundesbank del febbraio scorso, che dedica alcune pagine all’evoluzione del portafoglio finanziario delle famiglie tedesche e poi di un’altra fonte di ricchezza che non entra in un portafoglio, ma di sicuro ne influenza il peso relativo: il mattone.

Tutto questo sempre in uno spirito non di invidioso risentimento, ovviamente, ma di curiosa ficcanasaggine.

Comincio dagli asset finanziari, che dicono molto del carattare di un popolo. Il dato aggregato illustra quanto l’avvento della moneta unica abbia giovato alle finanze tedesche. Anzi, per dirla con le parole della Buba, “gli asset finanziari delle famiglie tedesche sono aumentati significativamente dal lancio dell’Unione monetaria”.

A far data dal 1999, quando l’euro iniziava a vagire, a finire al terzo quarto del 2013, vediamo il portafoglio finanziario familiare gonfiarsi da 3.257 miliardi a 5.070, un incremento di oltre il 55% in 15 anni, che vuole dire una crescita costante media della ricchezza finanziari del 3,66% l’anno.

Anche se poi in realtà non è andata così. Negli anni 2001-2 e 2008-9 il flusso di crescita di è interrotto, ritracciando persino verso il basso. Alla fine del 2008, tanto per dire, la montagna di soldi era diminuita del 3,9% rispetto all’anno prima. Ma è stato un momento. L’anno successivo la montagna era già tornata più alta e solida di prima.

Interessante però vedere come sia cambiato l’assortimento, in questo portafoglio.

Prima della crisi il 30% di questa ricchezza si rivolgeva al mercato monetario, che arriverà al 34% al picco dell’incertezza. All’interno di questa quota sono cresciuti i depositi a vista a fronte di un calo, in un ambiente di tassi declinanti, nei depositi a lungo termine.

Fra gli investimenti a lungo termine, si nota l’andamento, parallelo a quello osservato per gli strumenti monetari, in assicurazioni e forme pensionistiche complementari, mentre è declinata considerevolmente la quota di ricchezza investita in bond a lungo termine ed azioni, scesa dal 35% del 1999 al 22,3 del terzo quarto 2013. Le famiglie tedesche, insomma, oltre alla virtù della frugalità hanno maturato una certa diffidenza verso il rischio come conseguenza della crisi. La decisione di investire in forme assicurative e previdenziali, poi, conferma questa simpatica evoluzione.

La crescita della ricchezza ha riguardato anche gli asset non finanziari che “hanno registrato una marcata crescita dal 1999 in poi”. Questi effetti, spiega la Buba, “sono probabilmente da attribuire in larga parte alla proprietà residenziale che fa la parte del leone fra le attività non finanziarie delle famiglie e che è aumentata in valore negli ultimi anni”. Dal 2010, infatti, è cresciuta la domanda di mutui per comprare abitazioni, incoraggiata dai tassi bassi.

La questione del mattone preoccupa non poco la Buba, che ha imparato bene la lezione su quanto sia rischiosa una crescita incontrollata dei corsi immobiliari. La banca centrale tedesca, infatti, ne ha fatto materia di approfondimento anche in questo bollettino, notando che “il prezzo delle case in Germania continua il suo forte trend di crescita”. Tuttavia, malgrado le rilevanti pressioni sui prezzi osservate in alcune aree e per alcune tipologie di case, “considerando la Germania nel suo insieme, siamo ancora nella situazione che i prezzi delle case non generano grandi rischi macroeconomici”.

Sarà. Rimane il fatto che i prezzi, considerando un campione di 125 città, sono cresciuti del 6,25%, nel 2013, rispetto al 2012. Il che, confrontando con l’andamento del mercato immobiliare nel resto dell’eurozona, fa della Germania un caso più unico che raro. “Tutto ciò – scrive la Buba – fa sì che la proprietà residenziale sia diventata di un quinto più costosa da quando è iniziata l’accelerazione dei prezzi, dal 2010″. Ma significa anche, aggiungiamo noi, che chi aveva mattone nel 2010 ha visto crescere il media il valore del suo immobile del 20% in tre anni.

Quindi, volendo fare due conti della serva (che notoriamente è una ficcanaso) una famiglia tedescha dotata di immobile e asset finanziari ha potuto contare su una crescita della sua ricchezza di tutto rispetto, fra il 2010 e il 2013, sommando il circa 10% degli asset finanziari (i 3,66% l’anno medio nominale che abbiamo visto) e un altro 20% sugli immobili. Quindi se la mia famiglie tedesca avesse avuto 100 euro investiti in attività finanziarie e 1000 in mattone, a fine 2013 avrebbe 1.210 euro: un guadagno del 21% nominale.

Non è stato solo l’euro a fare la fortuna della Germania, insomma.

Anche la crisi è stata utile.

L’euro e la crisi gonfiano il portafoglio (e il mattone) dei tedeschi

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