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Un po’ ci si è messa anche la sfortuna, ma per Davide Serra il mese di aprile non deve essere stato troppo entusiasmante. Intanto le performance dei suoi fondi: -6.9% per l’Algebris Global Financials Fund (-6% da inizio anno); -4,28% per l’Ms Algebris Global Financials Ucits Fund, -2,97% per il Long Only Global Financials Fund, poco sotto lo zero il Financial Income Ucits Fund. In positivo solo il Financial Credit Ucits (1,46%) e il Financial CoCo Fund (2,16%). Si tratta delle stime inviate a un panel di interlocutori di Algebris, la società che Serra guida. Non sono quindi dati definitivi, secondo alcuni addetti ai lavori.

LE PERFORMANCE DEL CAIMANO

Eppure il rampante finanziere italiano, vicino a Matteo Renzi e per questo antipatico a Pier Luigi Bersani che gli aveva affibbiato l’appellativo di “bandito delle Cayman”, già dieci mesi fa suggeriva di puntare tutto sui titoli finanziari. “Sui titoli dell’indice S&P 500 nessuno ha mai fatto stress test – diceva al Fatto Quotidiano – Sul finanziario sì: sappiamo che succede se salgono i tassi di interesse, se i mercati scendono e così via. E il settore a livello internazionale è molto più solido che all’inizio della crisi. Le grandi banche continuano ad attirare capitale. A un certo punto l’acqua uscirà, come da una bottiglia ormai piena. E si tratterà di dividendi. Tempo due o tre anni”. Che i tempi non siano ancora maturi?

UNA STORIA INGLESE

E non basta. Il rendimento del Financial Fund non è l’unica macchia nella primavera di Serra. L’altra, certo più imprevedibile, è la storia raccontata sul Telegraph il 26 aprile da John Ficenec e Ben Martin. Il giorno dopo la Pasquetta, un tranquillo martedì di paura, Serra stava consumando la sua pausa pranzo in un bistrot in Mayfair, La Petite Maison, quando una telefonata deve aver rischiato di fargli andare il boccone di traverso. I suoi trader lo avvisavano che Quindell, una società che offre servizi assicurativi in outsourcing, in cui Algebris detiene il 2%, aveva perso in pochi minuti un miliardo di sterline, quasi dimezzando il suo valore.

LA SVISTA DELLA VISIONE

A fine seduta la perdita si era ridotta al 39%. Il visionario Serra ha preso una svista. A sua parziale discolpa la dinamica del fatto: a scatenare il putiferio era stato il tweet di una oscura società yankee, la Gotham City Research, che annunciava di aver demolito in un report di 74 pagine acquisizioni, profitti e cash flow di Quindell. Che ovviamente ha rimandato le accuse al mittente, ma ormai il danno era fatto. Gotham ha una posizione short sul titolo, ma su Quindell i rumor si rincorrono dal giorno della quotazione sull’Aim britannico, a marzo 2011. Quindell ha avuto una crescita vertiginosa dopo essersi trasformata, grazie a un reverse merger, da country e golf club in una piattaforma che offre servizi in outsourcing all’industria dell’assicurazione auto – auto sostitutive, riparazioni, servizi legali e assistenza medica. A costi inferiori del 20% rispetto alla media di mercato. In due anni il fatturato è passato da 13,7 a 380 milioni, grazie a più di 20 acquisizioni realizzate con i 300 milioni raccolti in Borsa. Per non dire del titolo che ha triplicato il suo valore in meno di un anno e per questo gli investitori retail assicurano al fondatore Rob Terry, “un supporto quasi-evangelico”.

LA PARABOLA DI TERRY

I giornalisti del Telegraph sottolineano che però gli istituzionali hanno iniziato ad alleggerire le posizioni sul titolo dopo il furioso rally di inizio anno. E se Terry afferma che l’ascesa di Quindell è solo all’inizio, è impossibile non ricordare che nel 2000 lo stesso manager era alla guida di The Innovation Group, che sbandierava una tecnologia proprietaria super innovativa e invincibile prima di finire nell’esplosione della bolla delle dotcom. E questo, anche se il passato non è predittivo delle performance future, Serra non poteva ignorarlo quando faceva le sue scelte di investimento.

Tutti i dolori del giovane Davide Serra

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