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L’esercito russo continua ad avanzare in Crimea, dove ieri ha occupato due nuove basi. Una situazione che preoccupa Kiev, che teme anche un’invasione delle altre zone russofone ad est del Paese.

Al momento, però, l’unica arma prevista dall’Occidente per arginare Mosca è quella di blande sanzioni (i cui effetti attuali e potenziali sull’economia europea sono stati analizzati dal think tank Bruegel). Barack Obama – nonostante le rassicurazioni espresse da Anders Fogh Rasmussen (Nato) – ha escluso un intervento militare degli Stati Uniti in Russia (“Non sarebbe appropriato”, ha detto), ma la Casa Bianca potrebbe inviare delle truppe nelle ex repubbliche sovietiche, secondo quanto detto a Vilnius dal vicepresidente americano Joe Biden.

LA CRITICHE INTERNE
Il presidente americano, anche in questa occasione, ha confermato di prediligere un approccio in politica estera attendista e orientato al pragmatismo, rifuggendo l’intervento armato. Sono in molti, però, a chiedersi se la strategia messa in atto dalla Casa Bianca possa davvero funzionare e se le sanzioni siano sufficienti a ridimensionare il protagonismo del presidente russo Vladimir Putin, che rischia cronicizzare una crisi di grosse proporzioni nel cuore dell’Europa.
È il New York Times a riportare diverse opinioni critiche interne alla stessa Amministrazione Usa, come quella di Michael McFaul, ambasciatore americano a Mosca fino a un paio di settimane fa, che a seguito dell’escalation dopo l’annessione russa della Crimea ha auspicato che Obama “espanda le sanzioni“.
Una visione condivisa e rafforzata anche in area repubblicana da David J. Kramer, con un ruolo apicale nella segreteria di Stato durante la presidenza di George W. Bush e oggi presidente di Freedom House (un advocacy group con sede a Washington DC), che spiega come a suo avviso le sanzioni “dovrebbero colpire anche alti funzionari a Mosca, le banche russe, le imprese di Stato (energetiche e non solo) e, eventualmente, lo stesso Putin“.

SANZIONI POCO SERIE
A non credere nelle misure del capo di Stato americano è anche il Wall Street Journal, che in un’analisi le definisce “poco serie“. Il quotidiano finanziario da un lato riporta diversi appunti, tra i quali spiccano quelli del leader dell’opposizione russa, Alexei Navalny, che definisce “divertenti” le sanzioni annunciate dalla Casa Bianca, aggiungendo che “così (il governo Usa, ndr) ha incoraggiato i truffatori“, anziché punirli.
Per il Wsj, infatti, i veri nomi da colpire non solo su quella lista. A stemperare le critiche ci ha provato in queste ore il portavoce della White House, Jay Carney, che ha detto di attendere, perché nuove misure sono in arrivo, consigliando come riporta Reuters di “non investire nel mercato russo“.
All’orizzonte, spiegano alcuni analisti, non solo l’esclusione temporanea dal G8, ma anche misure economiche più severe, che dovrebbero spingere Putin a negoziare un accordo che contempli forte autonomia per la Crimea (come territorio ucraino o con la nascita di un nuovo stato), ma che faccia fare a Mosca un passo indietro sull’annessione della Penisola.

Come Wall Street Journal e New York Times giudicano Obama su Crimea e Ucraina

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