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Commento pubblicato su la Gazzetta di Parma

Dopo aver scomodato Hitler, Stalin, la vivisezione di Dudù (che non è un altro dittatore, ma solo il barboncino di Silvio Berlusconi) e il concetto di lupara bianca a cui Matteo Renzi sarebbe condannato, che altro di più mostruoso potrà ancora escogitare Beppe Grillo per far parlare di sé negli ultimi giorni di campagna elettorale?

Ma adesso che è partito il conto alla rovescia per il voto europeo di domenica prossima, bisogna pur constatare che la tracimazione verbale è un rito collettivo. Senza arrivare ai livelli della macabra comicità di Grillo, Renzi gli ha comunque dato del “buffone” (insulto o complimento?). E il Cavaliere dell’”aspirante dittatore”. In questa guerra di parole-soltanto-parole che già Mina evocava e cantava in anni lontani, persino la falsa alternativa politica tra “Europa sì” ed “Europa no” -come se noi italiani vivessimo sulla luna- è stata travolta. Il fiume d’offese, la sfida a chi le spara più grosse ha finito per cancellare o quasi il perché e il per chi del voto in arrivo. Di nuovo gli elettori sembrano chiamati non a scegliere come far diventare l’Italia un po’ più europea, e magari l’Europa un po’ più italiana, con quali progetti, alleanze e candidati, ma solo sollecitati ad assistere a una crociata di invettive. All’insegna del “dopo di me il diluvio”. Di parole.

Alzando il volume, i due maggiori contendenti Renzi e Grillo sperano d’alzare anche la posta elettorale in gioco, naturalmente immaginando quale potrà essere l’effetto su Roma del voto per Strasburgo. Con Berlusconi che cerca di ritagliarsi il ruolo del terzo incomodo e tutte le altre liste che potranno misurare, come a braccio di ferro, il peso della loro forza. Ma se le elezioni europee stanno diventando l’ennesimo appuntamento politico casalingo con altri mezzi, i vari protagonisti dovrebbero porre attenzione al repertorio. E’ bello che Renzi annunci per l’Italia -lui annuncia sempre- l’ambizione di voler “guidare il cambiamento dell’Europa”. Tuttavia, sarebbe ancor più bello se il presidente del Consiglio indicasse quali atti ha già compiuto in tal senso. E’ un vizio di tutti i leader politici. Essi pensano che basti proclamare che si andrà “a battere i pugni sul tavolo della Merkel”, per far tremare il tavolo. E soprattutto per spaventare Frau Angelina. Che invece anche non prendendo troppo sul serio gli “annunci” dei nostri politici, s’è costruita una solida credibilità in patria.

Ecco, qui scarseggia la credibilità. Persino sulle riforme promesse, se lo stesso Berlusconi, controparte dell’impegno, prevede che torneremo alle urne entro il 2015, come ha detto nell’intervista alla Gazzetta domenica scorsa.

Ma quando tutti parlano e promettono, ogni questione italiano-europea, dal lavoro all’immigrazione, dal fisco al commercio, dalla sicurezza all’Erasmus viene delegata “agli altri”.

E così a decidere non sarà il circo che se la spassa fra Dudù, buffoni, aspiranti dittatori e altre contumelie, ma chi ha saputo spiegare ai suoi connazionali in tedesco, in francese, in inglese e nelle altre lingue come sfruttare le opportunità dell’Europa.

Loro sì che rideranno di gusto, domani.

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