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Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’articolo di Marcel Vulpis per il PLI che si inserisce nel dibattito avviato da Enrico Zanetti di Scelta Civica e al quale ha partecipato Ezio Bussoletti di Fare

Sono entrato nel Partito Liberale Italiano (in qualità di direttore comunicazione del partito) il giorno prima della conferenza stampa alla Camera del progetto In Cammino Per Cambiare (ICPC). E in punta di piedi ho assistito ai primi passi di questa coalizione, progetto federativo o santa alleanza liberale.

Devo dire che lo scontro-incontro dialettico tra Paolo Guzzanti (presidente del consiglio nazionale del PLI) e Michele Boldrin (leader di Fare) durante la conferenza non lasciava presagire nulla di buono, ma la giovane esperienza in politica mi ha portato, sin dall’inizio, ad osservare più che a criticare. Il segretario del PLI Stefano de Luca, così come Guzzanti, è notoriamente un orgoglioso e acceso liberale, anzi il prototipo del liberale tutto d’un pezzo. Lo sanno tutti, lo sapevo anch’io quando sono entrato in quest’area politica, mi stupisco che non ne fosse a conoscenza Boldrin. E’ la prima domanda che mi ha posto De Luca prima di entrare nel PLI: “Sei..ti senti liberale?”

Questa premessa è importante, perchè leggendo il recente intervento del “professore” (riguardo alle cause che hanno portato alla rottura con il PLI all’interno di ICPC), sembra che lo stesso abbia scoperto, per caso, cose di cui non era a conoscenza prima dell’inizio di questo percorso.
L’altro grave errore, sempre di Boldrin, è di essersi sentito “superiore” numericamente e qualitativamente rispetto alle altre componenti e questo lo si respirava durante tutti gli incontri di ICPC. Creare un’alleanza di sigle presuppone che gli attori principali di questi movimenti siano tutti sullo stesso piano, altrimenti il progetto è fallato a monte. oltre che a valle.

E’ bene ricordare che la parola “liberale” non è mai uscita dalla gola del leader di Fare nemmeno con la forza (come è successo di recente da Nicola Porro a “Virus”). E’ come se ad un protestante si chiedesse di voler bene ad un cattolico. E’ più forte di lui, non ci riesce a priori.
Se allora tutto ciò è vero e lo è, non c’è da stupirsi che ICPC abbia perso per strada i Liberali italiani e il PLI. Non si può chiedere a due movimenti notoriamente orgogliosi del proprio “DNA” di rinunciarvi, in virtù di un progetto comune, che vede all’interno soggetti che nulla hanno a che fare con il mondo dei liberali.
Anche la presenza di Corrado Passera a quasi tutti gli happening organizzati da Fare per la promozione di ICPC, ha inevitabilmente minato questo rapporto.
Passera è notoriamente un esponente della finanza cosiddetta cattolica. Ha ben poco di liberale. Verrebbe da dire: “Che c’azzecca con i liberali?”.

Tu stesso Direttore hai parlato di “guazzabuglio liberale” in un recente articolo di Formiche.net, ma il guazzabuglio non è partito dal PLI, semmai da Fare.
E’ Fare che deve capire cosa è oggi e mi sembra dai rumour o dagli uccellini che volano in cielo che i recenti incontri con Meloni-Crosetto (se fossero confermati), da parte della dirigenza di Fare, siano proprio in questa direzione: confusione politica, oltre che ideologica.
Se il prossimo 9 marzo, Boldrin scioglierà Fare e confluirà in Officine per l’Italia o movimenti vicini alla destra, credo che avrà un amaro risveglio: rischia di bussare al portone della Meloni con un manipolo di amici, ma non con il “popolo” di Fare.
Se ciò dovesse avvenire il PLI diventerebbe l’approdo naturale per tutti gli iscritti di questo movimento, che non si dovessero riconoscere in una idea politica totalmente fuori senso.

A Michele Boldrin, che stimo come economista/docente, auguro il meglio, ma anche di non cedere la propria identità di fronte alle “sirene” della vecchia politica (leggevo oggi delle primarie di FDI con al momento solo la Meloni come antagonista e questo fa capire tante cose). Non sarebbe giusto nei confronti della base di Fare, che ha tanti liberali al suo interno, che anelano una rivoluzione liberale. Quella Rivoluzione Liberale tanto sbandierata nei primi anni ’90 da Berlusconi, ma mai realizzata.
A parole, purtroppo, in questo paese tutti si presentano come “liberali”, peccato però, che non lo siano nei fatti, nei comportamenti, nello stile politico e nei provvedimenti che propongono per una Italia migliore.
Il PLI è la “casa dei liberali” e può essere il collettore delle diverse anime di quest’area politica presente sul territorio. Siamo aperti a tutti, ma quando chiederemo: “Ti senti liberale? Non devono strozzarsi in gola nel risponderci.

Chiediamo così tanto? Non credo.
Siamo assolutamente certi che sia arrivato il tempo, se guardiamo al traguardo delle europee, di unire tutte queste anime sotto un unico gruppo direttivo (PLI, ALI, LibMov, ItaliaAperta, Noi Siamo l’Italia, la componente liberale di Scelta Civica e tante altre sigle possono insieme uscire dalla logica dello “zero virgola”).
Da alcune settimane Silvia Enrico di Ali, che stimo personalmente, sta cercando di portare avanti proprio questa idea. E’ un modo per vedere se saremo in grado di fare massa critica e di “pesarci” sotto il cappello dell’ALDE. Il risultato finale chiaramente lo sapremo solo il prossimo 25 maggio, ma di una cosa non avremo dubbi: siamo tutti liberali convinti. Dobbiamo solo unirci velocemente ed iniziare a lavorare per le Europee, con un direttivo che abbia al proprio interno 3 membri di ogni componente, enfatizzando i punti di forza (area per area) di ciascun movimento, partito o sigla. Dimostreremmo che questa “diaspora liberale” è definitivamente terminata, nel segno di un progetto comune.

Caro Boldrin, i liberali non possono Fare intese con Meloni

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