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Da Cotonou (Benin)

Finisce qui il diario del mio viaggio in Benin.

Ho imparato che ho sbagliato tutte le volte che non ho risposto a qualcuno che sapevo voleva chiedermi una mano per un progetto umanitario.

Ho imparato che il prezzo per operare in Africa il palato di un bimbo nato con la schisi palatale è lo stesso di un cocktail da Ciampini.

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Ho imparato che se anche fai la cura non è detto che la malaria non ti venga lo stesso, ed allora se parti te ne assumi il rischio ma che il rischio di una scoperta varrà sempre il prezzo che dovrai pagare per farla.

Ho imparato che i bambini africani da piccolissimi capiscono come posizionarsi per non cadere dalla schiena della madre e che un figlio sano è l’orgoglio più grande di un papà africano.

Ho imparato che la salute in Africa è cosa da donne ma tutto il post-operatorio è cosa da uomini.

Ho imparato che gli oggetti non hanno un vero valore ma solo quello che tu gli dai ed ho scambiato la mia catenina con una conchiglia legata ad un filo perché chi me l’ha data era convinto che mi avrebbe protetto.

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Ho imparato che tutto il bene e tutto il male sono flussi di un unico disegno per l’umanità e che qualsiasi cosa sia grande in questa terra è effimera se paragonata a quella che è la vera grandezza.

Ho imparato che mia nonna a 90 anni, anche quando la chiamo per pochi secondi dall’altro capo del mondo sa sempre come sto dalla voce.

Ho imparato che un viaggio non è un viaggio se non torni sporco della terra del luogo che hai visitato, ebbro del vino, sazio del cibo che ti è stato offerto.

Ho imparato che a volte dietro la voglia di dare una mano agli altri c’è il bisogno di salvare se stessi dall’abisso dell’oblio, che proteggere gli altri dal male aiuta a dimenticare il proprio dolore.

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Ho imparato che se Papa Francesco ti chiama ad aiutarlo diventi famoso in tutto il mondo in 24 ore (gli amici di Emergenza Sorrisi Benin mi hanno mostrato un articolo del blog più letto in Africa dove si parla di me e alla fine ho sorriso per il collage di leggende e verità. Leggendo questo articolo ho pensato che come mi era stato detto prima o poi avrei riso e perdonato chi ha provato a distruggere la mia missione a suon di calunnie e bugie e ho imparato che il perdono ha un tempo fisiologico ma che quando arriva ti esplode dentro e ti guarisce dal rancore e dalla rabbia. Salva te stesso per primo.

Ho imparato che quando sto all’estero il Paese che mi manca è la mia San Sosti, che se ho nostalgia del cibo mi viene in mente quello di casa mia.

Ho imparato che quando hai fame anche la carbonare fatte con la pasta in bianco e l’uovo e la pancetta cotti a parte da usare come condimento sono buoni.

Ho imparato che quelli come me non riescono a star fermi.

Ho imparato che fare il medico è una vocazione ed una missione e che quando lo si vive come un lavoro è il momento in cui si deve smettere e fare altro. L’Italia che ho visto qui è tanto altro rispetto a quella che si affanna per avere un posto in prima fila fra quelli che contano e che forse si conta davvero qualcosa quando si è utili agli altri non quando si è noti.

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Tutte le cose che ho imparato in Benin. L'ultima pagina del diario africano di Francesca Immacolata Chaouqui

Da Cotonou (Benin) Finisce qui il diario del mio viaggio in Benin. Ho imparato che ho sbagliato tutte le volte che non ho risposto a qualcuno che sapevo voleva chiedermi una mano per un progetto umanitario. Ho imparato che il prezzo per operare in Africa il palato di un bimbo nato con la schisi palatale è lo stesso di un…

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