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Entrambi non hanno bisogno di interpreti conoscendo molto bene la lingua inglese ma, in privato, qualche parola in italiano l’avranno sicuramente scambiata dato che l’uomo forte di Abu Dhabi – quello che di fatto gestisce l’enorme ricchezza dell’Emirato – H.H. Mohammed Bin Zayed Al Nahyan conosce la nostra lingua, avendo in passato soggiornato per diverso tempo nel Belpaese ed apprezzandone la storia, la cultura ed il cibo. E questo aiuta ad imbastire un dialogo a due.

Tuttavia, l’uomo che il nostro febbricitante premier Enrico Letta ha incontrato non è di certo il ritratto dell’arabo spendaccione che non bada a spese, in passato spesso oggetto di caricature che lo descrivevano come uno sprovveduto da “spennare” alla prima occasione. Tutto il contrario: il Principe è un fine, colto ed esperto uomo d’affari con un approccio pragmatico alle trattative che, di solito, conduce da una posizione di forza contrattuale non trascurabile, dato il suo status e la forza finanziaria di cui dispone. Chi poi è abituato a frequentare quei luoghi, conosce la squisita ospitalità che gli arabi sanno offrire, al contempo è consapevole della innata diffidenza iniziale nel loro approccio con lo straniero. Quando però si riesce a superare questi due ostacoli (a volte anche l’ospitalità araba può essere dura da sopportare per gli standard occidentali)  e si acquista così la loro fiducia, si entra a far parte di una cerchia di rapporti personali riconducibili per molti aspetti a quelli che legano le loro famiglie. Prime due regole per arrivarci? Semplice: parlare chiaro e non essere generici. Ce n’è poi una terza, valida peraltro in tutti i contesti dei rapporti d’affari: mai raccontare balle e, se proprio ci si trova nell’imbarazzo di dover dare un risposta ad una scomoda domanda, meglio una mezza verità con l’impegno a fornire al più presto l’altra metà, nella speranza che nel frattempo si possa soddisfare l’aspettativa dell’interlocutore.

Veniamo al punto. Letta ha una esperienza internazionale di tutto rispetto, sicuramente era informato degli usi e costumi del suo ospite arabo e avrà subito colto fin dal primo impatto con la residenza offertagli dal principe di Abu Dhabi all’Emirates Palace, il culto arabo dell’ospitalità. Sono certo che l’avranno ben consigliato su come approcciare la questione Alitalia, in particolare le questioni relative ai dipendenti ed ai debiti pregressi della compagnia italiana sollevate da Etihad, della quale lo Sceicco Mohamed è il dominus. Auspico quindi conosca le due regole sopra citate – chiarezza e non essere generici – e le abbia di conseguenza applicate, ovvero gli abbia detto – sempre in via riservata – che i dipendenti sono troppi, servono tagli importanti e che le banche sapranno (dovranno) considerare una ristrutturazione dei loro crediti, soprattutto trovandosi nella scomodissima posizione di essere a loro volta azionisti di una azienda di fatto fallita. Auspico non siano arrivate ad Abu Dhabi le dichiarazioni di uno sprovveduto ministro riferite all’assicurazione data che “nessun lavoratore verrà messo fuori dall’azienda”, così come quelle paradossali dei sindacati che “appoggeremo ogni piano industriale che non consideri tagli del personale” ed infine le questioni che credo sorgeranno sugli aiuti di Stato a seguito del tafazziano intervento di Poste Italiane.

Altrimenti, tutta la vicenda Alitalia assumerà le vesti di un modesto, triste dejà vù. Nel contempo, quell’occhio interessato e benevolo rivolto verso il nostro Paese, con le sue eccellenze così amate dagli emiratini,  si trasformerà definitivamente in uno sguardo di diffidente sospetto con ovvie conseguenze negative per tutto il sistema Italia.

Lo scopriremo presto, augurandoci tutti che i nostri riescano a fare di Alitalia ..un’italica araba fenice.

Lettera da Abu Dhabi su Etihad e soprattutto su Alitalia...

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