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Il costo dell’energia in Europa è sempre più in aumento rispetto a quello dei principali partner commerciali dell’Unione europea.

IL RAPPORTO DI BRUXELLES
A metterlo nero su bianco è un rapporto della Commissione di Bruxelles i cui risultati sono stati diffusi dal quotidiano britannico Financial Times.
Secondo il giornale della City, “il costo dell’elettricità europea è il doppio di quella statunitense e il 20% più alta di quella cinese; il prezzo del gas per uso industriale e triplo o quadruplo rispetto a Stati Uniti o Russia, e il 12% più caro di quello cinese“.
Un fattore che limita la competitività delle imprese europee e che si scontra con i numerosi vincoli ambientali per tenere a freno le emissioni inquinanti.

LA DENUNCIA DEL SOLE 24 ORE
Pochi giorni fa era stato il Sole 24 Ore ad accendere i riflettori sul gap che attanaglia l’industria europea, ma che pesa in modo particolarmente severo sulle boccheggianti economie mediterranee, perlopiù in recessione, come quella italiana.
Nel mirino del quotidiano di viale dell’Astronomia e della confederazione presieduta da Giorgio Squinzi c’è l’obiettivo europeo di riduzione delle emissioni di gas serra del 40% entro il 2030; obiettivo che Confindustria ritiene irrealistico e che rischia di penalizzare ulteriormente le imprese, anch’esse sul piede di guerra. Per questo Squinzi, in una lettera al premier Enrico Letta e alla Ue, ha espresso “forte preoccupazione” per le delibere che la Commissione europea si appresta ad adottare il 22 gennaio e che sarebbero viste di buon occhio da alcuni membri dell’esecutivo italiano.

LA PROPOSTA DI ORLANDO
Tra questi il ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, che proprio oggi ha inviato al quotidiano La Repubblica una missiva dove si dichiara a favore di una “proposta di un taglio del 40% rispetto ai livelli del 1990, in pieno accordo con le indicazioni della comunità scientifica“, con “una doppia valenza: accelerare il processo di decarbonizzazione già in atto in Europa e al tempo stesso lanciare un segnale forte per le negoziazioni che dovranno portare il prossimo anno ad un accordo mondiale sul clima“.

LE RADICI DEL PROBLEMA
A questo si somma il rapporto diffuso proprio da Berlaymont, che evidenzia alcuni tratti peculiari del problema. “I motivi della differenza del costo dell’energia tra Europa e altre aree del mondo sono diversi – spiega il Ft – , e su alcuni di essi l’Ue non ha alcuna influenza, come ad esempio i sussidi statali in alcuni Paesi produttori o al crescita del consumo di gas di scisto, lo shale gas, negli Stati Uniti“.
D’altra parte – sottolinea ancora il quotidiano finanziario -, “la fornitura di energia elettrica in Europa è più affidabile rispetto a Stati Uniti, Russia, Cina o Giappone, e ciò rappresenta un risparmio dato che il numero e l’entità dei disservizi è minore; i prezzi dovrebbero inoltre stabilizzarsi dopo il 2020 per poi calare man mano che le energie rinnovabili prenderanno il posto dei combustibili fossili“.

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