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Perché difendo Donald Trump. Parla Michael Ledeen

Ledeen

“Io, pur repubblicano, non ero entusiasta di Donald Trump. Ma vivevo l’elezione di Hillary Clinton come un incubo e così votai Trump come il male minore. Oggi però posso dire che dopo 6 mesi dalla sua elezione con il nuovo presidente Usa, l’uomo più criticato del mondo, attaccato anche in America da un blocco che ancora non riesce a digerire la sua vittoria, la Borsa va su, gli “jobs” vanno bene e, comunque, noi non sappiamo ancora chi è Trump. Che, a mio avviso, si è comportato correttamente con la Russia. Così come io credo che il generale Flynn, l’uomo che ha rivoluzionato il ruolo dell’Intelligence nella guerra in Afghanistan e in Iraq mettendo in ombra i grandi generali di Washington, alla fine abbia pagato per questo (Flynn è l’ex consigliere per la sicurezza nazionale dimessosi sull’onda del Russia-gate, ndr). Ma, in effetti, Trump non ha dato seguito al suo annuncio in campagna elettorale di aprire l’ambasciata a Gerusalemme…”.

Parla a tutto campo della sua America Michael Ledeen (nella foto), storico e giornalista, faro dei più illustri think-tank repubblicani. E lo ha fatto ieri sera presentando il suo libro su come combattere il radicalismo islamico (“The Field of fight”: Il campo di battaglia, scritto a quattro mani proprio con il generale Michael T. Flynn) in una sede che già di per sé costituisce una notizia: la Fondazione Craxi, a Roma, tra le foto dell’ex premier e leader socialista, ad un tavolo con davanti una teca che custodisce un garofano rosso.

Ledeen fu il traduttore della celebre e tempestosa telefonata tra Bettino Craxi e Ronald Reagan della notte di Sigonella nella quale gli equilibri mondiali vennero messi a dura prova. Craxi difese fino in fondo, come si sa, la sovranità nazionale. E Ledeen – che per la prima volta ha messo piede nella tana del “lupo”, dopo tanti anni, invitato dalla padrona di casa Stefania Craxi – per sua stessa ammissione nel docufilm Sigonella, evidentemente interpretando l’anima più oltranzista di Oltreoceano, non tradusse una parte di quella conversazione che fece la Storia esattamente alla lettera. Craxi propose: terroristi dell’Achille Lauro in carcere e i mediatori (Abu Abass ne era il capo) sotto osservazione; Reagan rispose con un’apertura: si può vedere. La traduzione invece fu: tutti in carcere. Cosa che dà a Stefania, ma anche allo stesso Ledeen, il destro per un telegrafico scambio di battute dove lei dice: “Michael parla benissimo l’italiano, così non sbaglio a tradurlo”. E lui di rimando sorridendo: “Per quello ci penso io…”.

Ma non è stata la notte di Sigonella il tema all’ordine del giorno della presentazione del libro di Ledeen, avvenuta ieri sera con il presidente dell’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) ed ex segretario generale della Farnesina Giampiero Massolo, Daniele Capezzone, deputato ed esponente di rango di Direzione Italia di Raffaele Fitto, e il direttore del MattinoAlessandro Barbano. Il tema all’ordine del giorno ora è come combattere il terrorismo internazionale, a opera di quel “radicalismo islamico” che secondo Ledeen vede una terribile triade tra Isis, Al Qaeda e Boko Aram, sostenuta dai «totalitarismi di destra e di sinistra nel mondo». Ledeen mette nel mirino anche la Russia di Putin. Ma Craxi gli chiede come si fa a non coinvolgere anche la Russia nella guerra all’Isis.

Nel mirino dell’autore con il generale Flynn di “The field of fight” sono, comunque, «gli 8 anni dell’amministrazione Obama». E, in ogni caso, la ricetta che ne esce contro «il politically correct» che avrebbe frenato «la guerra al terrorismo, che ora rischiamo di perdere: anche Roma, tempio della cristianità, è nel mirino» (avverte Ledeen), non suona integralista. Ledeen ricorda come lui nel volume scritto con il generale Flynn solleciti «un dialogo con il mondo musulmano moderato». Per questo intende, ad esempio, il presidente egiziano Al Sisi, che, a suo avviso, ha detto «parole certamente per lui scomode». Capezzone, che ringrazia Ledeen, per averlo ricevuto, dopo l’invio di una semplice mail all’Enterprise Institute, faro dei neo-con dell’era Bush, nel 2001 a tenere una conferenza a Washington, a pochi mesi dall’11 settembre, sottolinea che questa è una guerra dove non si può andar molto per il sottile, ma aggiunge anche che richiede la coscienza e la responsabilità di «una destra liberale e di una sinistra realmente progressista». «Non si tratta di esportazione della democrazia, ma di favorire anche tra i tanti che non ne hanno mai avuto possibilità quei diritti di libertà che la democrazia prevede». Insomma, propone Capezzone, «per la sinistra si tratta di favorire tanti 25 Aprile nel mondo».

Siamo in guerra, avverte Ledeeen e «rischiamo di perderla». Ma una ricetta intanto c’è: la resilienza: «Non vorrei che l’Italia dovesse riscoprire quella sua alterità in tutta la sua comunità dimostrata contro il terrorismo negli anni ‘70», dice Massolo. Ledeen e il generale Flynn nel loro volume avvertono che è necessaria una «guerra» al terrorismo non solo sul piano militare,ma anche culturale e sul web. «Il dialogo si fa, ma perché riesca bisogna essere forti della della propria identità», sottolinea Barbano, che evoca Papa Ratzinger.

E c’è l’interrogativo di fondo che pose in anni insospettati “il padrone di casa”: Bettino Craxi. Avverte Stefania: «Siamo sicuri che questa battaglia si vince senza eliminare il divario tra il Nord e il Sud del mondo?». Il tema era già sullo sfondo di quella drammatica telefonata nella notte di Sigonella. Ledeen. Ieri per la prima volta nella “tana del lupo”, ne è l’unico testimone in vita.

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