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Vi racconto il Parco archeologico del Colosseo. Conversazione con la direttrice Alfonsina Russo

Direttrice da dicembre 2017 del complesso di siti che compongono il Parco archeologico del Colosseo, Russo racconta traguardi ed evoluzione del turismo culturale, tra restauri, innovazione e divulgazione

Alfonsina Russo è la prima donna alla guida del “Parco archeologico del Colosseo”. Direttrice da dicembre 2017, professionale, entusiasta, espressione serena e semplicità del linguaggio sembrano rendere accessibile la profonda cultura dell’esperta archeologa. Già soprintendente per l’archeologia, belle arti e paesaggio per l’Area metropolitana di Roma, la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale, ha sviluppato progetti di valorizzazione e creazione di reti museali, mostre in Italia e all’estero, promuovendo la cultura italiana nel mondo.

Istituito nel 2017, il “Parco” con settanta ettari comprende il Foro, il Palatino e la Domus Aurea, oltre il Colosseo, il più famoso anfiteatro romano e il monumento più conosciuto, inserito anche fra le “Sette meraviglie del mondo moderno”. Un patrimonio culturale che continua a trasmettere, in un dialogo mai interrotto tra passato e presente, valori universali, mantenendo intatto il suo potere attrattivo nei luoghi dell’antica Roma dove è nata la civiltà occidentale.

Un impegno di cura costante, per la direttrice del Parco e la sua squadra, in prevalenza femminile. Monitoraggio, manutenzione, scavi, nuovi restauri e scoperte, in un luogo di condivisione reso sempre più accogliente e inclusivo attraverso offerte artistiche, didattiche e digitali, che restituisce memoria e antiche radici guardando al futuro. Bellezza e cultura unite senza tempo.

Luoghi che parlano con l’antico ma anche con la contemporaneità. In un tempo che sembra sospeso, eterno, come ha affermato Russo. È un messaggio che parla di impegno, passione, amore. Di una sensibilità che segue senza paura il tempo, facendo della cultura la vera protagonista di speranza per il futuro, per una nuova umanità.

Ricerca, innovazione e tutela sono stati una difficile scommessa, all’inizio del suo incarico, da ritenersi vinta. Lo dicono i numeri. Nel 2023 i visitatori del Parco Archeologico del Colosseo sono stati 12.212.000, con un incremento di circa il 24% rispetto al 2022. Un risultato eccellente anche nella rilevante centralità del binomio beni culturali e turismo quale risorsa del nostro Paese.

Confermo il dato eccezionale frutto di un grande lavoro di squadra e di uno staff di archeologi, architetti, restauratori, amministrativi di altissimo livello che con passione e abnegazione progettano cantieri di scavo e manutenzione, organizzano attività ed eventi, garantiscono il funzionamento di tutti i servizi. Al centro del nostro lavoro quotidiano c’è il pubblico, ad esso rivolgiamo ogni nostro sforzo perché l’esperienza di visita sia sempre accessibile sotto il profilo fisico, culturale e cognitivo. È una sfida complessa perché viene declinata su tutti i siti del Parco (Colosseo, Foro Romano, Palatino e Domus Aurea), con offerte diversificate affinché la scelta sia sempre del visitatore in base ai propri interessi, al tempo a disposizione. Questo giustifica in primis uno studio sulla tipologia di biglietti necessariamente ampia per favorire chi vuole visitare tutto, o solo piccole parti.

Lei è un esempio di competenza e successo femminile, ma anche di capacità di guardare al passato con visione lungimirante per il futuro. Comunicando speranza, valori, cultura, per un mondo disorientato da guerre e emergenze. Una squadra in prevalenza “al femminile” si prende cura dello straordinario patrimonio culturale. È, più che mai, il tempo delle donne?

Senza nulla togliere alle quote azzurre, è indubbio che la percentuale di donne che lavorano al ParCo fa la differenza. Senz’altro sono scelte di vita che partono da lontano, ovvero dall’inclinazione verso discipline umanistiche tendenzialmente e da sempre più frequentate dalle donne che dagli uomini, ma in seconda istanza è tipicamente femminile riuscire a esercitare il problem solving in contesti così complessi e articolati come il PArCo. La visione d’insieme, la gestione di più fronti contemporaneamente, la capacità di indossare “abiti” diversi ovvero ruoli diversi anche simultaneamente è la forza del PArCo. Tutto questo lavoro è orientato al raggiungimento della nostra missione che, sotto l’egida della Convenzione di Faro, punta all’inclusione, alla condivisione e all’apprendimento con il ricorso anche di mediatori culturali diversi da quelli canonici, penso alla musica, alla letteratura, al cinema, alla moda, al teatro tutti contenuti che attraggono pubblici diversi e veicolano cultura.

Un lavoro che non ammette soste. Tante le iniziative, le mostre, gli studi e le attività di tutela per un’offerta culturale del Parco sempre più ampia, attrattiva e fruibile per tutti. Bambini, famiglie, persone diversamente abili. Luogo di condivisione. Ora il Parco è disponibile anche virtualmente, “quinto sito” da esplorare.

Non ci fermiamo mai. Ma non possiamo fermarci mai perché spesso ogni singolo giorno rappresenta per il nostro pubblico internazionale l’unico giorno nel corso di una vita in cui è stata programmata la visita al ParCo. Questo spiega perché ormai siamo aperti senza eccezioni 365 giorni l’anno, perché ogni singolo giorno cerchiamo di regalare un’emozione, con una mostra, un’attività didattica, un’esperienza digitale, un nuovo punto di vista. E a proposito di tecnologie puntiamo molto sull’offerta digitale, sia perché amplifica la condivisione raggiungendo tutti gli angoli del mondo in real time, sia perché ormai rappresenta un medium irrinunciabile per le nuove generazioni. Ai contenuti social, agli incontri scientifici e sempre in streaming, ormai sono una consuetudine i podcast (gli ultimi in ordine di tempo “Dov’è Nerone” e “Il monolite dell’impero” disponibili sul nostro canale Spotify), le App (MyColosseum; Y&Co; colonnatraiana.cultura.gov.it), i giochi interattivi per bambini sulla pagina del nostro sito (qui) dedicata alla didattica; senza dimenticare i contenuti digitali onsite per la visita alla Domus Aurea, ai sotterranei del Colosseo, al ciclo di pitture al Palatino, e molto altro.

Un Parco visitato, ammirato, amato, capace di stupire e affascinare non solo gli studiosi ma non sempre rispettato dal grande pubblico. Un’occasione per riflettere, forse, su un inarrestabile individualismo anche di fronte ai “luoghi sacri” della cultura?

Questo è senza dubbio l’aspetto più critico. Il rinnovato interesse per la cultura è indiscutibile, si avverte proprio “fame” di cultura. Purtroppo c’è una percentuale di pubblico orientato molto di più al selfie con lo sfondo del Colosseo, non accompagnato da una reale consapevolezza del luogo. Certamente su questo pubblico noi dobbiamo focalizzarci: la campagna “Visita il Parco e rispettalo!” che abbiamo lanciato l’anno scorso ha dato notevoli risultati. Inoltre, stiamo lanciando un nuovo progetto di sensibilizzazione rivolto ai giovani e alle scuole “Non c’è Tutela senza Te”, che punta su laboratori didattici e visite che insegnino a rispettare il proprio patrimonio culturale e quindi la propria memoria, le proprie radici. Dobbiamo, poi, continuare sulla strada di una serrata manutenzione, di un decoro diffuso, di una percezione positiva dello stato di salute del patrimonio che suscita nel pubblico un maggiore senso di responsabilità nel mantenimento e rispetto di quello status.

Un’ultima domanda. Quanto la sua lunga formazione e lo straordinario impegno professionale nell’archeologia classica ritiene abbia inciso nella sua vita privata?

L’archeologia mi ha affascinato fin da bambina e mi appassionavano la storia e i miti antichi. E, quando ho dovuto scegliere gli studi da intraprendere, non ho avuto esitazioni. Completata la mia formazione, sono entrata in contatto con una professione molto stimolante da un punto di vista intellettuale che mi consentiva di fare ricerca scientifica, di seguire scavi archeologici anche con scoperte emozionanti, di collaborare all’allestimento di musei e all’organizzazione di mostre in Italia e all’estero. E, con tenacia, ho seguito questa mia vera e propria “vocazione” che si è trasformata, dopo lunghi e difficili anni di precariato, in un lavoro stabile con responsabilità sempre maggiori fino ad arrivare all’attuale direzione del “Parco archeologico del Colosseo”. Durante il mio percorso di studi ho incontrato il mio futuro marito, che è – come me – archeologo: questa condivisione di passioni e di progetti mi ha molto agevolato, anche se, soprattutto in questi ultimi anni, con il moltiplicarsi delle responsabilità, sono stata costretta a sottrarre tempo ai miei affetti familiari.

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