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Ecco come Iran, ostaggi e crimini di guerra stabilizzano Israele

Sviluppi in continua evoluzione in Medio Oriente, a cominciare dal nuovo vertice atteso a Parigi per rilanciare i negoziati per il rilascio degli ostaggi israeliani e la decisione dell’Aja sul cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. L’analisi di Gianfranco D’Anna

Crimini contro l’umanità in ordine sparso? La notizia è da giorni sotto gli occhi di tutti, ma nessuno fino adesso l’ha approfondita anche se è stata clamorosamente rilanciata dalla morte del Presidente dell’Iran Ebrahim Raisi deceduto nell’elicottero precipitato al confine con l’Azerbaijan.

Tutti i media hanno infatti sottolineato che Raisi era stato responsabile diretto di migliaia di esecuzioni di oppositori al regime degli Ayotallah dopo processi durati in media due minuti. Ma nessuno in tutti questi anni l’ha mai incriminato per crimini contro l’umanità. Così come non è stato mai incriminato nessun responsabile del quotidiano massacro delle donne e degli studenti iraniani che da anni protestano contro il fondamentalismo islamico. Perché ?

La Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja ha invece sollecitamente incriminato il leader del gruppo terroristico Hamas, Yahya Sinwar, muovendo in parallelo però, con scelta paradossale, analoghe accuse al premier e al ministro della Difesa israeliani Netanyahu e Gallant.

E i crimini contro l’umanità del regime iraniano per i quali esistono da decenni valanghe di terribili prove, testimonianze e filmati, perché non sono mai stati indagati e messi sotto accusa?

Gli interrogativi che rimbalzano da Gerusalemme al Tribunale internazionale dell’Aia, fanno da sfondo ai continui colpi di scena che in Medio Oriente si susseguono fra Teheran e Gaza.

Nella capitale iraniana l’esercito ha aperto e subito chiuso l’inchiesta sullo schianto dell’elicottero di Raisi, escludendo che il velivolo sia stato abbattuto o sabotato.

Una tesi fatalistica dietro la quale il regime è in fibrillazione per le faide sotterranee in vista dell’elezione del nuovo Presidente e soprattutto della successione sempre più vicina alla guida suprema, l’Ayatollah Alì Kamenei.

A Gaza invece, mentre le forze di difesa di Israele avanzano verso l’ospedale Kamal Adwan nel nord della striscia, sono stati recuperati i corpi senza vita di altri ostaggi in mano ad Hamas. I cadaveri sono quelli di Orio’n Herna’ndez Radoux, 30 anni, Hanan Yablonka, 42 anni, e Michel Nisenbaum, 59 anni, che erano stati rapiti nella zona di Mefalsim in occasione dell’attacco terroristico del 7 ottobre. Fino a poco tempo fa anche se non si avevano informazioni si credeva che fossero vivi.

Nonostante l’ulteriore tragica prova sull’incertezza del destino degli altri 125 ostaggi ancora in mano ad Hamas, si è riaccesa flebile la speranza di far ripartire a Parigi i colloqui per un cessate il fuoco.

Nella capitale francese sono in arrivo il direttore della Cia, William Burns, il capo del Mossad David Barnea e il primo ministro del Qatar Mohammed bin Abdulrahman Al Thani.

È il primo incontro ad alto livello da quando i negoziati si sono interrotti due settimane fa, dopo che Hamas ha risposto a una proposta avanzata da mediatori americani, qatarioti ed egiziani con proposte ritenute inaccettabili sia dagli Stati Uniti che da Israele.

Non è chiaro se anche il capo dell’intelligence egiziana Abbas Kamel parteciperà al vertice come ha fatto in passato. Il Cairo – hanno precisato Washington e Gerusalemme – rimarrà comunque coinvolto nel processo di mediazione.

Di queste ore è la decisione della Corte internazionale di Giustizia dell’Aja di ordinare a Israele un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, in particolare a Rafah.

Decisione che però molto probabilmente non fermerà l’avanzata israeliana. “Hamas è a Rafah e per liberare gli ostaggi sopravvissuti stiamo operando in modo mirato e preciso”, ha confermato il portavoce delle Forze di difesa di Israele, Idf, il generale Daniel Hagari. Nel governo e nell’opinione pubblica israeliani le accuse di crimini contro l’umanità al Premier hanno avuto l’effetto di stabilizzare quella che fino al giorno prima era una traballante leadership. Tanto che Netanyahu ha rilanciato la sua tesi di sempre: “Penso che un forte Israele è il solo Israele che porterà i palestinesi al tavolo della pace.”

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