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Mandato di cattura francese contro Assad. Cosa significa per la Siria (e non solo)

Un processo svoltosi in Francia per numerosi crimini contro l’umanità, e reso possibile dal fatto che una vittima fosse siro-francese, ha visto prodotte montagne di carte che dimostravano come i capi delle intelligence siriane avessero l’evidente e comprovata responsabilità di numerosi crimini contro l’umanità. E con ogni probabilità da quelle evidenze sono emerse le prove che bisognava procedere contro il mandate, cioè contro Assad

Erede della Presidenza della Repubblica Araba Siriana da parte di suo padre Hafez, Bashar al-Assad è ora ricercato dalla giustizia francese. Il mandato d’arresto contro di lui è stato convalidato dalla Corte d’Appello transalpina, è accusato della terribile strage chimica occorsa nell’agosto del 2013, e che ora la magistratura francese imputa a lui con tutto il terribile carico di morte, donne e bambini inclusi, che l’attacco chimico provocò. Papa Francesco, all’Angelus del Primo settembre, disse: “Con particolare fermezza condanno l’uso delle armi chimiche! Vi dico che ho ancora fisse nella mente e nel cuore le terribili immagini dei giorni scorsi! C’è un giudizio di Dio e anche un giudizio della storia sulle nostre azioni a cui non si può sfuggire!”. Undici anni dopo sembra che ci siamo, qualcuno comincia a dire che il giudizio della storia deve essere pronunciato, inchiodando alle sue terribili responsabilità di presidente-erede di un devastante apparato di morte Bashar al-Assad. Il mandato d’arresto era stato richiesto a novembre, ma la procura francese antiterrorismo aveva fatto ricorso contro la decisione del tribunale, sostenendo che Bashar al-Assad godesse dell’immunità personale riconosciuta ai capi di stato stranieri in carica e che questa potesse essere revocata solo in procedimenti internazionali, come quelli della Corte penale internazionale (Icc), il principale tribunale internazionale per i crimini di guerra e contro l’umanità. La Corte d’Appello non ha accolto questa richiesta.

Si racconta che quando morì suo padre Hafez, di malattia, nella sua stanza, affisso al muro, ci fosse soltanto il ritratto di Gamal Abdel Nasser. Insieme crearono un paradigma: i leader arabi dovevano essere “arabi” (prima alcuni di loro erano stranieri) “contadini”, ( le origini condivise da Nasser e Assad), “militari”, (la carriera intrapresa da entrambi), “golpisti”, il brutto destino che poi li unì. Tracciarne i profili (diversi) è impresa complessa che non può essere neanche tentata qui, ma possiamo dire che Bashar al-Assad esprime il nuovo paradigma: basta contadini, governa il clan con le negoziazioni tribali e il potere finanziario gestito senza alcuna trasparenza con i poteri oscuri, mentre i servizi segreti sono confermati come ossatura portante del sistema.

Ma Bashar ha creato una cupola affaristico-repressiva che durante la primavera siriana ha dato il peggio di sé, usando la gestione dell’afflusso dei terroristi islamisti prima per impantanare gli americani in Iraq, e poi per legittimarsi come supposto “male minore” agli occhi di uno stralunato Occidente. Così fino a oggi molti hanno presentato quella strage di Stato come un’autoproduzione degli insorti, tutti terroristi, per screditare il regime, uccidendo miglia di propri compagni. Questo capovolgimento della storia viene ora disvelato dalla magistratura francese che non persegue più le vittime, ma il carnefice.

Un processo svoltosi in Francia per numerosi crimini contro l’umanità, e reso possibile dal fatto che una vittima fosse siro-francese, ha visto prodotte montagne di carte che dimostravano come i capi delle intelligence siriane avessero l’evidente e comprovata responsabilità di numerosi crimini contro l’umanità. E con ogni probabilità da quelle evidenze sono emerse le prove che bisognava procedere contro il mandate, cioè contro Assad.

Ora, al di là del caso giudiziario, emerge il problema politico. Assad è stato riabilitato dai suoi fratelli arabi, e partecipa ai summit della Lega Araba, con “fratelli” che poi non sono così immacolati. Il suo reintegro ha portato molte ambasciate arabe a riaprire i battenti a Damasco, segnando un enorme punto per Assad e il suo potere, alla guida di un Paese dove un buono stipendio vale a comprare un chilo di zucchero. Cosa vuole? Vuole che gli arabi gli diano i soldi per ricostruire, lui, ciò che ha distrutto, cioè la Siria. Si vedrà. Intanto gli hanno chiesto di fermare il commercio mondiale di una droga sintetica, il captagon, con cui sta invadendo il Medio Oriente e stretto alleanze con importanti cartelli di narcotrafficanti. Non lo ha fatto, anzi.

Ora ha un’altra arma. Il mare di siriani che ha deportato in Libano sono ingestibili in un Paese così piccolo e nel frattempo giunto alla bancarotta. I libanesi vorrebbero che tornassero in patria, ma loro sapendo cosa li aspetta non lo faranno mai. Meglio tentare la fuga in Europa, clandestini. Questo preoccupa molti europei e Assad – si sussurra- penserebbe a uno scambio: riaprite ambasciate e linee di credito e io li farò rientrare (per farne cosa interessa a pochi).

Su questa ipotetica negoziazione, appena accennata da qualche giornale locale, solo parzialmente, la decisione della giustizia francese interviene in modo oggettivo. Assad è il primo presidente in carica che nella storia contemporanea si trova incriminato per un crimine contro l’umanità così grave. Qualcuno in Europa può pensare a negoziare con lui mentre all’Interpol arriverà questa richiesta d’arresto da parte francese?

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