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Che succede nel Sinai, la penisola nel mirino dell’Isis

“È grande come Lazio, Lombardia e Puglia messe insieme. La penisola del Sinai è parte dell’Egitto, cerniera tra Africa e Asia, stretta tra il deserto israeliano, il mar Mediterraneo, il canale di Suez”. Così Giovanni De Mauro, direttore di Internazionale, descrive l’area sull’ultimo numero del settimanale.

In quella zona è precipitato un Airbus A321 della compagnia russa Metrojet. Le intelligence di Londra e Washington avrebbero raccolto comunicazioni web tra membri dello Stato Islamico tra Siria ed Egitto che le avrebbero convinto che l’aereo sia esploso a causa di una bomba piazzata nella stiva. Il governo egiziano e quello russo sostengono che non ci sia, al momento, nessuna prova a conferma di questa ipotesi. Si tratta, per il Cairo, di parole rassicuranti, tese a evitare un’altra fuga di massa di visitatori, come è successo dopo le rivolte del 2011 a piazza Tahrir, che sono costate perdite al settore turistico circa 4 miliardi di dollari.

RISORSE NEL DESERTO

Il deserto del Sinai, però, è da tempo scenario di continui scontri che hanno per protagonisti lo Stato Islamico e altre organizzazioni jihadiste. In quella regione, dal 2009 si sono perse le tracce di circa 10mila persone. Migliaia di profughi provenienti dalle aree più calde del Medio Oriente passano anche da lì per raggiungere l’Europa. La zona è ricca di giacimenti di petrolio, ferro e manganese ed è abitata in larga parte da beduini originari dalla penisola arabica. Le sue coste si affacciano sul mar Rosso e hanno stabilimenti balneari estremamente noti, come quelli di Sharm el-Sheikh. A pochi chilometri a sud ci sono alcune roccaforti dello Stato Islamico.

ZONA STRATEGICA

I sessantamila chilometri quadrati di questo territorio hanno oggi un grande peso geopolitico e strategico. Da decenni la sua posizione ha posto il Sinai al centro di molti scontri regionali. Dopo tre conflitti, Israele ed Egitto firmarono nel 1979 un accordo secondo il quale la penisola è stata restituita al Cairo. Il controllo del Sinai da parte dell’Egitto, però, non ha riportato la pace. La zona, tra le più povere del Paese, è rimasta abbandonata da parte del governo. La popolazione ha denunciato per anni le proprie condizioni di disagio e discriminazione: poche scuole, mancanza di servizi e infrastrutture.

QUESTIONE SOCIALE

Al sud del Sinai ci sono resort di lusso (tra cui quelli di Sharm el-Sheikh), frequentati da turisti stranieri, con una massiccia presenza delle forze dell’ordine; al centro e al nord, vicino alla Striscia di Gaza, ci sono milizie armate. Secondo un report del think tank Timep, il gruppo più pericoloso e potente del Sinai è Wilayat Sina. Prima si chiamava Ansar Beit al-Maqdess, ma ha cambiato nome dopo l’affiliazione ai drappi neri. L’organizzazione vuole l’indipendenza della regione. I suoi combattenti si concentrano nel nordest della penisola, tra Al-Arish, Rafah e Sheik Zouweid. L’analista Zack Gold spiega che “il cittadino medio del nord del Sinai è intrappolato tra un gruppo assassino che ha giurato fedeltà all’Isis e la politica insostenibile dell’Esercito”.

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