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Gina Haspel, il nuovo capo della Cia che fa discutere gli Usa (e sorridere l’Italia)

Di Federica De Vincentis
Haspel

Molti endorsement di peso ma anche diversi dubbi, che potrebbero però essere accantonati dopo un attento scrutinio. Possono essere riassunte così le principali osservazioni poste oltreoceano dal mondo politico e dalla comunità intelligence dopo l’indicazione di Gina Haspel (nella foto) a nuovo direttore della Central Intelligence Agency (Cia) americana.

Tra i suoi punti di forza, c’è, in primo luogo, secondo gli analisti statunitensi, l’indubbia vicinanza a un elemento di grande e riconosciuto valore come Mike Pompeo, ex numero uno dell’agenzia scelto da Trump per prendere in mano la diplomazia americana dopo l’uscita di scena di Rex Tillerson. Haspel era suo vice ed è legittimo pensare che il suo approccio possa essere in continuità con quello del nuovo inquilino di Foggy Bottom.

Un ex capo della Cia in rotta con Trump, John Brennan, l’ha definita “una professionista molto competente”, dotata di integrità e meritevole “di un’opportunità”, perché ha svolto il suo dovere al meglio anche quando alla Cia è stato richiesto di fare cose molto difficili in tempi di grandi sfide (parole che si riferiscono al coinvolgimento della Haspel nella nota vicenda delle presunte torture condotte dall’agenzia in un black site in Thailandia e che, per Powerline, equivarrebbero a una sorta di ‘bacio della morte’).

Anche l’ex numero uno della National Intelligence, James Clapper, ha comunque lodato la Haspel dicendo di ammirarla tantissimo e di considerarla “una straordinaria ufficiale dei servizi segreti”.

Non mancano certo le opinioni critiche, come quella dell’onnipresente fondatore di Wikileaks, Julian Assange, ma anche quella del democratico Ron Wyden, componente della Commissione Intelligence del Senato, che ha definito la nomina “sfortunata”.
Anche un elemento di spicco in campo repubblicano come il senatore John McCain, che siede invece nella Commissione Forze Armate, chiede maggiori approfondimenti sul vero ruolo della Haspel nell’utilizzo delle contestate pratiche di waterboarding su detenuti accusati di legami jihadisti.

Proprio questa vicenda è stata al centro di alcune battaglie condotte dalla senatrice californiana (e democratica) Dianne Feinstein, esponente autorevole della Commissione Intelligence e tra coloro che nel 2013 fermò la conferma della Haspel a vice direttore ad interim del National Clandestine Service.
Tuttavia, rileva la stampa Usa, questa volta le cose potrebbero andare diversamente. Se Feinstein – che ha definito la Haspel un buon vice direttore della Cia – dovesse sentirle esprimere parole di condanna sull’utilizzo di quei contestati programmi, potrebbe avallare la decisione di Trump di affidare per la prima volta a una donna la guida della prestigiosa agenzia.

I cambiamenti interni al Dipartimento di Stato e alla Cia, di qualunque segno saranno, rappresentano naturalmente una notizia rilevante anche per l’Italia. Nel primo caso perché la Penisola ha con Mike Pompeo – non solo, ma anche grazie alle sue origini italiane -, un ottimo rapporto che non potrà che giovare alla politica estera di entrambe le nazioni. E poi perché tra i servizi di intelligence di Roma e Washington esiste già, come noto, una forte e proficua collaborazione. Ma forse è il caso rilevare che l’indicazione a capo della Cia di Gina Haspel arriva in un momento di particolare vicinanza di quest’ultima con il nostro Paese. E che è un bene che, in questo momento di transizione negli Stati Uniti come in Italia, la nostra intelligence centrale ed esterna possa invece contare sul valore della continuità di relazioni stabili come quelle esistenti sull’asse Roma-Washington.

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