La fregata “HMCS Calgary” è la prima nave canadese a prendere parte ai cosiddetti Fonop nel Mar Cinese Meridionale. I Fonop sono i passaggi secondo il diritto di libera navigazione che già da tempo gli americani stanno compiendo all’interno di quelle acque contese per evitare che la Cina diventi del tutto egemonica sul bacino – su cui ci sono rivendicazioni di altre nazioni, tendenzialmente alleate statunitensi, che vogliono diritti su un tratto di mare ricco di materie prime e soprattutto strategico per la logistica dei trasporti commerciali.
Il Canada seguirà gli Stati Uniti, così come hanno già fatto inglesi, francesi e giapponesi: è questo quello che l’amministrazione Trump chiede ai suoi alleati, fedeltà e allineamento soprattutto sui dossier di maggiore importanza. E la Cina è in cima a questi: le attività nel Mar Cinese sono soltanto una delle questioni in ballo su un confronto, una guerra a bassa intensità, che Washington e Pechino stanno combattendo a livello globale e a trecentosessanta gradi.
La Calgary è attualmente ancorata a Yokosuka, dove ha sede la Settima Flotta americana, quella che copre il Pacifico. È arrivata lì dopo un viaggio iniziato a luglio che l’ha portata tra le acque australiane e poi nel Mar Cinese (sia Meridionale che Orientale, dove la Cina si contende alcuni isolotti col Giappone). Durante la sua navigazione, come consuetudine in questi casi, ha avuto incontri ravvicinati con la flotta di Pechino. Per il momento, gli ordini da Ottawa sono quelli di restare a Yokosuka, spiega ai media il capitano della Calgary, in attesa forse anche di un’altra nave gemella.
La scorsa settimana, in quell’area tra le più delicate al mondo dal punto di vista geopolitico, la nave canadese ha preso parte a esercitazioni di caccia anti-sottomarini insieme al gruppo da battaglia della portaerei americana “USS Ronald Reagan”. Il governo canadese commenta che la presenza è un’occasione per dimostrare le capacità tecniche della sua marina, ma dietro c’è un allineamento strategico con gli Stati Uniti (che al di là degli screzi pubblici tra leader, è una dimensione imprescindibile per il Canada).
Secondo i cinesi queste attività spinte su richiesta americana sono “una provocazione”, a cui rispondono mostrando i muscoli. Qualche giorno, il South China Mourning Post ha scritto che il presidente Xi Jinping, che è anche il comandante supremo delle forze armate di Pechino, ha chiesto al comandante delle unità navali nel Mar Cinese di “prepararsi alla guerra” durante una visita al Comando del Teatro Meridionale. “Dobbiamo aumentare le esercitazioni di combat readiness”, ha detto il presidente della New Era cinese al capitano che ha in mano “una grande responsabilità militare” (così Xi vede il Mar Cinese), aggiungendo che è necessario aumentare la sinergia tra i vari corpi per essere pronti all’azione in caso di emergenza.
Contemporaneamente, il ministro della Difesa, Wei Fenghe, avvisava che la Cina non mollerà “un singolo pezzo” dei suoi territori, compresi gli isolotti militarizzati sul Mar Cinese e Taiwan: eventuali violazioni della sovranità porterebbero Pechino a decidere per l’uso della forza, sottolineava Fenghe – l’uomo a cui Xi ha messo in mano i comandi dell’Esercito popolare, su cui il presidente ha investito fondi per un ammodernamento che deve proiettare la Cina verso una dimensione da potenza globale.
Dall’altra parte, l’America compatta attorno a sé gli alleati più stretti (o fedeli e sinceri secondo la visione trumpiana). Il Five Eyes, il sistema a cinque di condivisione di intelligence e molto altro, composto da Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda e Regno Unito è completamente allineato sulla postura anti-cinese (e anzi, lavora per coinvolgere i partner esterni sulla linea). In tutti questi Paesi, per esempio, c’è un forte contrasto alle penetrazioni del Dragone nel sistema tecnologico, anche attraverso operazioni di controspionaggio e disposizioni di legge (come quelle che interessano le apparecchiature Huawei e Zte).
A luglio il Giappone ha inviato la portaelicotteri “Kaga”, l’ammiraglia, per un tour in quelle acque, ad agosto è toccato alla “HMS Albion” inglese. Amici europei americani, come la Francia, hanno aderito a iniziative di contrasto a Pechino come quelle sul Mar Cinese – in generale aumentando la propria presenza nella regione indo-pacifica, come adesso la chiamano gli americani – nell’ambito di questo confronto globale. “La nostra pattuglia si è impegnata a passare vicino a queste isole per ottenere intelligence con tutti i sensori che è possibile utilizzare in acque internazionali”, aveva spiegato in una videoconferenza l’ufficiale in comando della “Dixmude”, una nave d’assalto francese che insieme a una fregata a maggio aveva operato un Fonop tra le Spratly, isole contese del Mar Cinese Meridionale, occupate militarmente dalla Cina.