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Trivelle, fronte comune tra imprese e lavoratori contro lo stop

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Il mondo dell’energia sempre più sul piede di guerra dopo la decisione del governo di stoppare almeno per 18 mesi l’attività di ricerca di idrocarburi. Una novità ormai definitiva – il decreto semplificazioni in cui è contenuta la norma è destinato a essere convertito in legge in queste ore – frutto della complessa mediazione trovata all’interno della maggioranza sul tema. Nonostante i potenziali rischi economici cui si espone il Paese – ieri La Stampa, in un articolo a firma di Paolo Mastrolilli, ha raccontato che molte compagnie energetiche potrebbero optare per le vie legali (qui il corsivo di Roberto Arditti). E nonostante la netta e durissima presa di posizione di aziende e lavoratori del settore, stretti in un vero e proprio fronte comune contro la decisione di Palazzo Chigi. E intanto la Croazia (ma non solo) continua a farla da padrona nel Mar Adriatico, con la conseguenza che le esplorazioni si faranno comunque e che gli eventuali giacimenti scoperti andranno ad arricchire Paesi diversi dall’Italia.

Una protesta che parte dall’Emilia-Romagna dove sono attive quasi mille aziende dell’Oil & Gas che occupano più di diecimila addetti e che generano indotto per oltre centomila lavoratori. Il cuore nevralgico è a Ravenna dove è concentrato il 13% delle aziende e il 29% dell’occupazione regionale del settore e dove ogni anno viene ospitato l’Offshore Mediterranean Conference (OMC), evento internazionale che riunisce i principali Paesi produttori di energia e le relative compagnie (quest’anno si svolge dal 27 al 29 marzo). Per dire no alla moratoria voluta dal governo i lavoratori ravennati – fortemente sostenuti dalle istituzioni locali, in particolare dal sindaco Michele de Pascale e dal consigliere regionale Gianni Bessi – hanno costituito il movimento dei caschi gialli la cui voce ha fatto ben presto breccia tra le associazioni di rappresentanza delle imprese e i sindacati. Non a caso martedì scorso, durante la riunione che si è svolta nella sede del comune per dare vita a un comitato nazionale a supporto del settore, hanno partecipato pure Confindustria, Confartigianato, Cna e Cgil, Cisl e Uil. Oltre al presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini (qui un suo recente intervento per Formiche.net). Il prossimo appuntamento è in programma a Roma sabato prossimo, al corteo organizzato dai sindacati confederali che partirà alle 9 da piazza della Repubblica per terminare poi a  San Giovanni. Ma già si ragiona sulle prossime iniziative con l’ipotesi di una manifestazione nazionale congiunta tra lavoratori e imprese del comparto.

E nel frattempo si allarga anche agli altri territori italiani in cui l’industria dell’Oil & Gas riveste un’importanza particolare: in Campania, in Sicilia – nel ragusano in particolare – e soprattutto in Basilicata. “L’Italia non ha fonti energetiche e materie prime: se vogliamo accettare le sfide con i grandi colossi come Cina e Stati Uniti e vogliamo mettere al centro il lavoro, non dobbiamo lavorare su dogmi ma cercare di essere pragmatici“, aveva commentato qualche giorno fa il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia. Di mezzo, dunque, c’è il futuro industriale ed economico del Paese e anche l’equilibrio, per la verità non così saldo, del governo. Che anche su questo tema – come sta accadendo ora, in parte, sulla Tav – aveva rischiato di saltare, con i cinquestelle schierati nettamente per lo stop alle ricerche e la Lega, invece, molto meno convinta in tal senso. Al punto di essere quasi arrivati alla rottura dieci giorni fa prima dell’intesa in extremis. Un esito cui non si rassegnano, però, le migliaia di lavoratori e imprese del settore. E che rischia di danneggiare non poco l’economia italiana.

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