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L’Italia abbandoni l’ambiguità in politica estera, anche sulla Libia. Il paper Igs

L’Institute for global studies, Igs, think tank di Roma che si occupa di fornire impulso nel campo delle relazioni internazionali, ha redatto un report sulla Libia firmato da Karim Mezran e Nicola Pedde, rispettivamente presidente del comitato scientifico (e senior fellow dell’Atlantic Council, uno dei massimi esperti di Libia nel mondo) e direttore dell’istituto.

L’obiettivo di quello che viene definito un “policy paper” – che sarà presentato ufficialmente giovedì, e che Formiche.net ha ottenuto come anticipazione – è “sollecitare una presa di posizione più netta dell’Italia attraverso tre linee d’azione”, premettendo che qualsiasi ipotesi di intervento militare è da considerarsi del tutto irrealistica e assolutamente rischiosa, lasciando quindi aperta la sola strada della soluzione politica e diplomatica.

Ieri Formiche.net ha diffuso un appello al governo italiano affinché possa farsi promotore di una richiesta in sede Nato per chiudere lo spazio aereo libico. Un meccanismo di controllo con cui proteggere Tripoli e i suoi abitanti. Un’iniziativa che si colloca all’interno delle varie richieste di de-conflicting avanzate sia dall’Italia che da altri Paesi – per esempio gli Stati Uniti, che hanno chiesto il ritorno allo status quo precedente all’aggressione di Khalifa Haftar alla capitale libica – e di tutte le organizzazioni internazionali, a cominciare dalle Nazioni Unite che da anni guidano il delicato processo per rappacificare il Paese.

Secondo il report dell’Igs, che in quanto policy paper si dà il compito di indirizzare l’analisi e l’azione del governo italiano, innanzitutto Roma dovrebbe definire in modo chiaro il quadro di quello che intende sostenere e difendere in Libia. Un quadro da costruire sul rispetto di quel che è stato stabilito in sede Onu, e che includa con chiarezza gli interessi italiani (e libici) di carattere energetico e infrastrutturale.

Poi, l’Italia deve consolidare i collegamenti con le nostre partnership europee, così da rafforzare il ruolo e la credibilità sulle politiche per la Libia, ottenendo il sostegno di quanti più Paesi membri possibile. Si tratta di invertire rapidamente il trend di quella politica di scontro (in particolar modo sui migranti), che secondo l’Igs proviene soprattutto da un lato del governo italiano – quello della Lega di Matteo Salvini, che “l’ha adottato come sua linea a fini squisitamente interni, con enormi implicazioni tuttavia sulla politica estera”, commenta con Formiche.net Pedde.

Terza linea d’azione: l’individuazione e la denuncia formale delle responsabilità nel complesso intreccio della crisi libica, con un chiaro ed esplicito riferimento al generale Haftar. In questo ambito, scrivono i due autori, l’Italia dovrebbe farsi promotrice di un deferimento alla Corte penale internazionale, denunciando anche la violazione dell’embargo che l’Onu ha posto sulle armi in Libia perpetrata negli anni da alcuni sponsor esterni di Haftar.

Il riferimento agli attori esterni va inquadrato in un allineamento che da anni vede da una parte Emirati Arabi e Arabia Saudita sostenere Haftar, dall’altra Qatar e Turchia appoggiare le posizioni delle milizie che difendono il premier designato dal progetto onusiano, Fayez Serraj.

“Sino a quando le relazioni commerciali con le monarchie del Golfo detteranno il passo dell’ambiguità in politica estera, imponendo al Paese (l’Italia, ndr) una postura defilata e ambigua, non sarà possibile costruire alcuna politica concreta nell’area del Mediterraneo (area di interesse strategico e nazionale prioritaria), perpetuando la collocazione dell’Italia in un limbo di irrilevanza”, aggiunge Pedde.

“Si tratta di posizioni forti, chiaramente, che riteniamo tuttavia costituiscano l’unica carta spendibile dall’Italia in questo momento caratterizzato dalla più totale irrilevanza del Paese sui principali temi della politica estera e di sicurezza”, precisa Pedde a proposito dell’analisi.

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