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Il Russiagate, la posizione di Trump e le interferenze di Mosca. La versione di Mueller

È stato, probabilmente, l’ultimo atto del Russiagate – l’inchiesta sulla campagna di influenza di Mosca nelle elezioni americane del 2016 – che ha avuto come protagonista il procuratore speciale Robert Mueller. Che ha dato per la prima volta la sua versione dei fatti, annunciando il suo addio al dipartimento di Giustizia e il suo ritorno alla vita privata.

L’ADDIO DI MUELLER

Dopo l’indagine che per 22 mesi lo ha visto impegnato e che ha infiammato il dibattito politico americano, Mueller, congedandosi, non ha in verità svelato cose nuove, ma piuttosto ribadito quanto era emerso a marzo, quando aveva consegnato il suo rapporto conclusivo al procuratore generale degli Stati Uniti, William Barr, spiegando di non voler rilasciare commenti aggiuntivi sul caso, men che meno su “conclusioni ipotetiche”. E se fosse obbligato a parlare davanti ai membri delle commissioni parlamentari che stanno indagando, ha detto: “Ogni testimonianza non andrebbe oltre quanto contenuto nel rapporto”, giudicato “la mia testimonianza. Non aggiungerei nulla rispetto a quando è già stato reso pubblico”.

LE INTERFERENZE DI MOSCA

Sipario (apparentemente) calato, dunque, almeno per quanto riguarda la posizione dello special counsel, che ha comunque evidenziato alcuni aspetti importanti della lunga inchiesta. Ad esempio, l’assenza di ogni dubbio circa il ruolo attivo della Russia che ha “lanciato un attacco coordinato verso il nostro sistema politico” nel tentativo di “interferire nelle nostre elezioni e danneggiare un candidato presidenziale”, nello specifico la democratica Hillary Clinton.

LA POSIZIONE DI TRUMP

Destinato a far discutere, invece, il commento di Mueller circa la possibilità che il capo di Stato americano Donald Trump, all’epoca candidato repubblicano alla Casa Bianca, abbia ostacolato il corso della giustizia durante le sue indagini. Poi, però, ha aggiunto: “Se fossimo stati certi che il presidente non ha commesso crimini, lo avremmo detto” (cioè sarebbe stato scagionato, mentre è stato ‘solamente’ non ritenuto colpevole). Una distinzione sottile, che non tutti avevano colto, ma che fa la differenza, anche perché lo stesso report sosteneva che Trump avrebbe provato, secondo le indagini, intralciato l’inchiesta, ma che ciò non sarebbe avvenuto perché i suoi non avrebbero eseguito le sue indicazioni. Nonostante ciò, l’ex numero uno dell’Fbi ha rimarcato che un presidente in carica non può essere incriminato (“sarebbe incostituzionale”), motivo per cui di fatto lui lascia al Congresso il compito di determinare se Trump possa essere o meno oggetto di impeachment. Una palla presa subito al balzo da alcuni esponenti democratici, come la deputata della Commissione Giustizia della Camera Val Demings. “Il Congresso deve agire”, ha scritto su Twitter, lasciando intendere che l’opposizione darà ancora filo da torcere su questo tema (tanto più in vista delle elezioni del 2020) all’inquilino della Casa Bianca, che ha più volte bollato ogni addebito come ‘fake news’.

CASO CHIUSO (PER LA CASA BIANCA)

Non a caso, sia Trump sia il suo entourage si sono affrettati a definire ormai archiviata la pratica. “Nulla cambia con il rapporto di Mueller. Le prove erano insufficienti e quindi, nel nostro Paese, la persona è innocente. Questo caso è chiuso! Grazie”, ha cinguettato il tycoon al termine del discorso del procuratore speciale, col quale in passato non sono mancati gli attriti. Mentre Sarah Sanders, portavoce della Casa Bianca, ha diffuso una nota spiegando che “il procuratore speciale ha completato la sua inchiesta (iniziata nel maggio del 2017, ndr), ha chiuso il suo ufficio e il caso. Mueller ha esplicitamente detto che non ha nulla da aggiungere oltre a quanto contenuto nel rapporto e che, di conseguenza, non intende testimoniare al Congresso (come i democratici vorrebbero, ndr)”. Per la Casa Bianca, il rapporto da oltre 400 pagine “è chiaro; non c’è stata collusione né cospirazione e il dipartimento di Giustizia (guidato da un uomo scelto da e fedele a Trump) ha confermato che non c’e’ stata ostruzione di giustizia. Il procuratore speciale Mueller ha anche detto che il segretario [alla Giustizia William] Barr ha agito in buona fede nel gestire il rapporto”, che gli fu consegnato a marzo e che lui diffuse con omissis. “Dopo due anni, il procuratore speciale va avanti con la sua vita e tutti gli altri dovrebbero fare altrettanto”. Ma c’è chi è disposto a scommettere che la vicenda sarà ancora al centro dello scontro politico americano.


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