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Rouhani sfora con l’arricchimento di uranio? Un problema per l’Ue

Il presidente iraniano, Hassan Rouhani, ha avvertito che già questo fine settimana l’Iran potrebbe aumentare il livello dell’arricchimento di uranio a qualsiasi percentuale ritenga necessaria, nonostante i limiti fissati dal Jcpoa, l’accordo per il congelamento del programma nucleare del 2015.

IL PRESSING SULL’UE

Teheran ha ripetutamente minacciato di sforare i limiti, per adesso fissati al 3,67 per cento, a meno che non ottenga una via di alleggerimento per le sanzioni statunitensi – reintrodotte dopo l’uscita trumpiana dall’accordo. Il messaggio di Rouhani è direttamente rivolto ai Paesi europei, che stanno cercando di soddisfare le richieste iraniane per poter mantenere viva l’intesa sul nucleare. Ieri, il Consiglio di sicurezza dell’Unione europea ha avuto una riunione di emergenza per gestire un primo strappo alle clausole deciso da Teheran nei giorni scorsi, quando, sempre come atto di forza verso le controparti firmatarie, ha deciso di aumentare i quantitativi di uranio arricchito in stoccaggio (il Jcpoa prevede che l’Iran possa tenerne al massimo 300 chilogrammi, le eccedenze devono essere cedute all’estero).

PASSI SUL BREAK-OUT?

“Il nostro tasso di arricchimento non sarà più del 3,67 per cento”, ha detto Rouhani. “Sarà quanto vorremo”. L’uranio deve essere arricchito a bassi livelli per essere usato come combustibile in un reattore nucleare, ma se è arricchito a livelli molto più alti, circa il 90 percento, può trasformarsi in un’arma atomica. È necessaria una spiegazione: con la mossa di non cedere le eccedenze sostanzialmente non cambia nulla, l’Iran sgarra ma di fatto non si avvicina alla costruzione di una bomba; se invece dovesse decidere di aumentare le percentuali di arricchimento eroderebbe il cosiddetto break-out, ossia la distanza (anche di tempo) tra programma civile e quello militare. Da notare che l’arricchimento oltre al venti per cento rende le fasi successive più rapide. Secondo le stime, prima dell’accordo nucleare il tempo necessario all’Iran per avere abbastanza materiale fissile per una bomba nucleare fosse di circa due o tre mesi, con l’accordo che riduceva quel periodo di tempo a circa un anno.

LE ACCUSE A TRUMP

La nuova violazione sarebbe dunque molto più grave, potrebbe indurre i Paesi europei e reintrodurre le sanzioni e dunque potrebbe distruggere definitivamente l’accordo. Rouhani – che ha anche minacciato di rimettere in funzionamento pre-deal il reattore ad acqua pesante di Arak per l’arricchimento di plutonio militare – ha detto che la posizione degli Stati Uniti era contraddittoria. Il presidente Donald Trump ha ripetutamente criticato l’accordo nucleare, descrivendolo come “pessimo” e “marcio” prima di ritirarsi nel maggio scorso, però, dice Rouhani, nonostante questo ora che l’Iran ha deciso di prendere le distanze dal Jcpoa “le loro urla e le loro grida si diffondono in tutto il mondo”. Trump ha alzato al massimo i livelli di pressione su Teheran, minacciando azioni militari e contemporaneamente offrendo la possibilità di avviare nuovi negoziati. L’accordo nucleare “è buono o cattivo?”, ha detto Rouhani: “Se è buono, tutti dovrebbero rispettare i loro impegni”. Per Teheran l’uscita americana è una violazione non giustificata del Jcpoa – perché l’agenzia per il nucleare dell’Onu, obbligata al monitoraggio periodico, aveva sempre certificato l’impegno iraniano. Dalla violazione americana Teheran cerca di trarre i profili legali a difesa delle loro mosse.

I PROBLEMI PER BRUXELLES

Nel tentativo di mantenere l’accordo con l’Iran, i paesi europei hanno creato Instex, un sistema commerciale che dovrebbe proteggere le compagnie europee dalle sanzioni extraterritoriali statunitensi applicate a chi commercia con l’Iran. Ma l’Iran ha detto che il meccanismo non soddisfa le loro aspettative, che includono la possibilità di vendere petrolio. Washington ha invece messo come obiettivo delle sue policy anti-Iran – giocate di sponda con alleati regionali come Arabia Saudita e Israele, nemici ideologici della Repubblica islamica e soprattutto rivali geopolitici – l’azzeramento dell’export petrolifero, che è il principale asset statale di Teheran. Se Rouhani accordasse lo sforamento delle percentuali di arricchimento sarebbe un grosso problema per l’Ue, che non potrebbe più giustificare la permanenza nell’accordo, ma è probabile che in questo braccio di ferro l’Iran scelga di superare le soglie per valori minimi, più che altro simbolici.

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