Dazi e deficit commerciale, ma anche 5G, spese militari, Libia e crisi siriana. Sono questi alcuni dei temi che il presidente Usa Donald Trump e il capo dello Stato italiano Sergio Mattarella hanno toccato durante il loro incontro a Washington (non si sarebbe toccata, invece, la questione digital tax). Formiche.net li ha approfonditi in una conversazione con l’ambasciatore Stefano Stefanini, senior advisor dell’Ispi, già vicario del capo Missione presso l’Ambasciata d’Italia a Washington, consulente diplomatico del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e rappresentante permanente per l’Italia all’Alleanza Atlantica.
Ambasciatore, il viaggio del presidente Mattarella negli Usa, complice il Russiagate, arriva in un momento particolare per i rapporti transatlantici. L’argomento non era in agenda. Ha comunque inciso sull’incontro?
Non credo. I viaggi dei presidenti della Repubblica sono sempre previsti con largo anticipo. Non è facile organizzare una visita a Washington. Quando vengono fissate le date non si sa cosa succederà in quei giorni. A volte, dunque, capita che le circostanze non siano ideali. Io ho assistito a una visita del presidente Ciampi nella capitale americana e lui partì il giorno dell’attacco a Nassiriya. Il capo dello Stato ci tenne naturalmente a rientrare in anticipo, cambiando totalmente agenda.
Tra i temi ci sono stati dazi e deficit commerciale. C’è margine di manovra per l’Italia?
Dubito che, nonostante i tentativi, l’Italia possa incidere sui dazi che gli Usa sta imponendo, ovvero quelli che il Wto ha stabilito come risarcimento per la questione Airbus. La Casa Bianca ha tuttavia fatto una positiva apertura. Diverso è invece il tema, toccato anche da Trump in conferenza stampa, del deficit commerciale. Il presidente Usa ha invitato l’Italia a cercare un accordo assieme all’Unione europea su questo dossier. Ma anche in questo caso sarà molto complesso agire, perché i Paesi europei non intendono aprire ai prodotti agricoli americani per una serie di ragioni. Finora Trump ha solo ventilato l’ipotesi di dazi. Ma non è escluso che in futuro possa accadere.
Il presidente americano ha lodato il decreto cyber varato recentemente dall’Italia. È bastata questa mossa a convincere gli Usa della sicurezza del 5G nella Penisola? O, come ha ricordato Trump, oltreoceano ci si attende che il Paese si avvalga di “fornitori affidabili”?
Penso che il presidente americano abbia voluto riconoscere pubblicamente l’impegno di questo governo su una tematica che considera cruciale. Impegno che, il passato governo, sembrava voler intraprendere e che ha poi interrotto. Tuttavia penso che la posizione Usa sulle reti 5G sia abbastanza chiara. Vorrebbe che Huawei e le tech cinesi siano messe al bando in Italia e in Europa. Gli europei, come noto, hanno una posizione più sfumata. Ma il fatto che Trump abbia parlato di questo argomento anche con Mattarella, che da presidente della Repubblica non ha poteri in materia, vuol dire che la pressione politico-diplomatico di Washington prosegue.
Sugli attacchi in Siria, il presidente della Repubblica ha detto che l’Italia è “fortemente preoccupata per l’offensiva della Turchia contro i curdi”. Una critica agli Usa?
Mattarella non ha potuto non esprimere preoccupazione per quello che sta succedendo. Non sta certo al presidente della Repubblica indirizzare una critica a Trump per la decisione di ritirare le truppe Usa dalla Siria, che è stata a mio avviso la causa scatenante di questa situazione. Da parte nostra, non potevamo che rinnovare con insistenza che tutto quello che può essere fatto per fermare l’ingresso delle truppe turche in Siria andrebbe fatto.
Sia Mattarella sia Trump hanno parlato di Libia in conferenza stampa.
Gli americani hanno sempre detto di riconoscere la nostra leadership nel Mediterraneo. Tuttavia permangono dei dubbi. Le due cose che non sono chiare sono da parte americana quanto sono disposti a impegnarsi per sostenerci e come; da parte nostra cosa vorremmo fare e cosa vorremmo che gli americani facessero. Per noi è fondamentale tenere gli americani a bordo, ma noi cosa faremo?
L’inquilino della Casa Bianca ha anche ricordato all’Italia di aumentare le spese militari, ancora troppo basse. Una ‘strigliata’ giusta o eccessiva a suo parere?
Prevedibile. L’Italia spende ancora troppo poco rispetto agli impegni assunti in ambito Nato del 2% del Pil. Ma su questo tema Trump ha complessivamente trattato sempre l’Italia con guanti di velluto rispetto a altri alleati. E la dimostrazione è giunta dalle parole di apprezzamento per le recenti scelte di Roma sul programma F-35.
Quanto ai prossimi giorni del presidente negli Usa, una delle particolarità di questo viaggio evidenziata da Formiche.net risiede nel passaggio di Mattarella a San Francisco. Da molti anni un capo dello Stato italiano non arrivava fino alla West Coast. Come valuta questa scelta?
Si tratta di un duplice segnale di attenzione del presidente, uno verso gli Stati Uniti, uno verso gli italiani che vi risiedono. Verso gli Stati Uniti perché dimostra che il legame tra i due Paesi è forte ed è destinato ad esserlo ancor di più. E Mattarella lo dimostra uscendo dalle tappe tradizionali della politica come Washington, per andare nel cuore dell’innovazione americana. E, d’altro canto, parla anche ai tanti italiani che sono protagonisti in quell’angolo di mondo dove la tecnologia è trainante così come alle aziende italiane che collaborano con quelle americane.