Alberto Brambilla, esperto di pensioni e presidente del Centro studi Itinerari previdenziali ha una sua ricetta per sostituire Quota 100, evitare il brusco innalzamento dei requisiti della pensione dal 2022 e risolvere alcune iniquità che nessuna riforma ha affrontato. Le pensioni sono tornate al centro del dibattito politico con la legge di Bilancio. Italia Viva di Matteo Renzi chiede di abolire da subito la pensione anticipata fortemente voluta dalla Lega di Matteo Salvini, quella che fissa nuovi requisiti per il ritiro: 62 anni e 38 di contributi. La riforma del precedente governo secondo Brambilla “è una risposta alla eccessiva rigidità della riforma Fornero, ma non risolve tutti i problemi di quella legge”. Ad esempio sui giovani, penalizzati dalla riforma del governo Monti. Poi Quota 100 “è temporanea e crea eccessiva flessibilità”.
Da bocciare la proposta di Matteo Renzi, l’abolizione immediata della pensione anticipata: “Già molti lavoratori hanno trovato accordi con le aziende per pensionarsi nel 2020. Se dal primo gennaio aboliamo Quota 100 rischiamo di creare qualche migliaio di esodati, persone che restano senza lavoro e senza pensione”.
Da evitare anche quella che allo stato è l’ipotesi più accreditata: Quota 100 in vigore fino alla scadenza nel 2022 e poi il ritorno al vecchio regime. “Significherebbe”, spiega Brambilla, “passare in un giorno a 67 anni e due mesi, uno scalone di 5 anni e due mesi”. Anche in questo caso “si creerebbe una marea di esodati”.
Una soluzione può comunque essere trovata dal 2021 secondo Brambilla. In sintesi, una uscita anticipata un po’ meno generosa di Quota 100 a partire dal requisito dell’età: 64 anni, indicizzati alle aspettative di vita, e 39 anni di contributi. Sono tre anni di flessibilità. Ma devono valere per tutti: “Diamo le stesse condizioni a tutti, inclusi i giovani”. Anche perché la Fornero li ha penalizzati: “Ha diviso il mondo in due, da una parte i più protetti e gli anziani dall’altra i giovani per i quali valgono condizioni molto sfavorevoli”. Per i giovani Brambilla propone anche “di estendere la cosiddetta integrazione al minimo o maggiorazione sociale”, il cui importo è commisurato agli anni di contribuzione. Un modo per andare incontro alle nuove generazioni, che hanno carriere contributive più discontinue delle precedenti.
C’è il nodo delle coperture. L’uscita a 64 anni con 39 di contributi “ha costi molto bassi”, assicura Brambilla. “Sicuramente molto meno delle somme stanziate per Quota 100, anche perché il 90 per cento di quelli che andranno in pensione dal 2021 avranno lil 65% della pensione calcolata con il metodo contributivo”. Tanto più anticiperanno la pensione, tanto più basso sarà l’assegno.
La proposta di Brambilla prevede anche un altro requisito per il ritiro anticipato, quello che considera solo i contributi: 42 anni e 10 mesi per gli uomini e un anno in meno per le donne. È un’evoluzione della cosiddetta quota 41 di Salvini, più sostenibile finanziariamente. In questo caso i costi potrebbero essere maggiori. “Ma dal mio punto di vista se una legge è profondamente sbagliata e direi anche anti costituzionale come quella attuale, va abolita”. Non prevedere un pensionamento basato solo sulla contribuzione secondo Brambilla significa penalizzare chi ha iniziato a lavorare presto. “Un signore di 67 anni con soli 20 di contributi, quindi si presume una vita agiata, può andare in pensione. Chi è andato a lavorare a 14 anni come il sottoscritto invece no. Diciamolo l’indicizzazione dell’anzianità è demenziale”.
Brambilla è ancora consulente di Palazzo Chigi. Le sue proposte e osservazioni arrivano regolarmente sulle scrivanie del governo Conte, del ministero del Lavoro, anche se la sua nomina risale al precedente esecutivo. Docente universitario ex presidente del Nucleo di valutazione della Spesa previdenziale, Brambilla era vicino alla Lega. Ma oggi ci sono le condizioni politiche per fare passare una proposta come la sua? “Ammetto che è complessa, anzi direi meglio articolata e la politica attuale soffre di annuncite”. Ad esempio alla Leopolda di Matteo Renzi è stato proposto uno sconto del 10% sui contributi per i giovani. “Misura costosissima. Un miliardo il primo anno, 21 miliardi entro il sesto anno. Mi dovrebbero dire dove li trovano”. Quindi forse le condizioni non ci sono: “Se la politica fosse disposta ad affidare il tema a un tavolo tecnico, conti alla mano, sarebbe possibile. Ma allo stato non vedo questa possibilità”.