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5G, Nato, Mediterraneo. I dossier che Mattarella discuterà alla Casa Bianca

La visita negli Stati Uniti del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in programma da oggi fino al 20 ottobre, arriva in un momento particolare del dialogo tra Roma e Washington, che oltre ai tradizionali argomenti di confronto include, da qualche mese, anche il filone internazionale del Russiagate. L’argomento non dovrebbe essere in agenda, anche perché il Quirinale, solo pochi giorni fa, ha precisato di non aver avuto alcuna informativa dal governo su questo tema. Tuttavia, il viaggio del capo dello Stato, programmato da tempo, includerà dossier altrettanto rilevanti per i rapporti tra i due Paesi, che vanno dal 5G alla difesa comune.

L’INCONTRO CON TRUMP

Oltreoceano, infatti, l’inquilino del Quirinale – interlocutore tra i più apprezzati da Washington – incontrerà il 16 il presidente americano Donald Trump, con il supporto del lavoro preparatorio messo a punto dalla nostra rappresentanza diplomatica negli Stati Uniti, guidata dall’ambasciatore Armando Varricchio. Previsti anche un ricevimento, che la Casa Bianca ha organizzato in onore di Mattarella con l’intento di “celebrare il retaggio italo-americano”, un incontro col Congresso e la speaker della Camera Nancy Pelosi e una puntata a San Francisco, dove a Stanford parteciperà allo ‘US-Italy Innovation Forum’.

IL CAPO DELLO STATO NEGLI USA

Il capo dello Stato italiano si conferma, dunque, uno dei punti di riferimento per l’amministrazione Usa (il numero uno di Foggy Bottom, Mike Pompeo, nella sua recente visita in Italia, ci ha tenuto molto a incontrarlo), che lo considera un “filtro” essenziale per discutere – al di là dei quotidiani rapporti intergovernativi – le priorità di cooperazione tra i due alleati.

IL DOSSIER 5G

Prima fra tutte, come ribadito in Italia dallo stesso Pompeo, c’è la questione 5G, legata alle preoccupazioni americane sulla penetrazione cinese di compagnie come Huawei e Zte delle reti mobili di nuova generazione. Dopo i tentennamenti degli scorsi mesi, l’Italia ha intrapreso un percorso di intensificazione dei controlli di sicurezza su reti e sistemi sensibili attraverso un rafforzamento del Golden Power e l’istituzione di un Perimento di sicurezza cibernetica nazionale con un decreto ora vaglio del Parlamento. La misura, tuttavia, vista dal lato americano, non scioglie il nodo principale: Huawei e Zte saranno o no parte del 5G italiano? Un loro coinvolgimento viene osteggiato da Washington che le considera possibili mezzi di spionaggio a vantaggio delle autorità della Repubblica Popolare. E ritiene che inserire le loro apparecchiature nelle reti di Paesi che ospitano basi Nato – come il nostro – possa mettere a repentaglio non solo le informazioni domestiche, ma quelle dell’intera alleanza. Facile, dunque, prevedere che il presidente Mattarella fornirà il massimo delle garanzie sull’attenzione italiana alla sicurezza dei dati, pur confermando la linea di autonomia su questa materia, in attesa che governo e Parlamento operino scelte più chiare.

IL FAIR TRADE

Altro tema richiamato da Trump è quello di un “fair and reciprocal trade”, ovvero un commercio equo e reciproco. La questione del bilanciamento degli scambi tra Usa e Vecchio Continente (e tra Usa e altre parti del pianeta, vedi Cina) è una delle cifre distintive della retorica trumpiana dell’America First. In questo senso, è inevitabile che i colloqui si concentrino anche sui dazi americani all’Europa pronti a scattare il 18 ottobre e che vedono il Made in Italy colpito in alcuni dei suoi prodotti di eccellenza. La partita, tuttavia, non è ancora del tutto chiusa e Roma spera, come ha detto lo stesso Mattarella, che “le misure non vengano applicate”. Perché ciò accada, però, la Casa Bianca si aspetta che ci sia un cambio di rotta italiano e europeo rispetto a merci americane che faticano ad arrivare a prezzi concorrenziali oltreoceano. E, su questo argomento, gli Usa potrebbero chiedere all’Italia di essere elemento di promozione di questa linea.

LA COLLABORAZIONE NEL MEDITERRANEO

Tra le questioni che potrebbero essere affrontare figura anche la politica estera e, in particolare, l’offensiva turca in Siria. Sul tema, il governo italiano – che a sua volta gode di un buon feeling con Washington soprattutto in virtù del rapporto fra Trump e Giuseppe Conte – ha assunto una posizione chiara, chiedendo ad Ankara di fermarsi e al Vecchio Continente di non accettare il ricatto di Recep Tayyip Erdogan sui profughi.
“L’Italia è un importante alleato Nato ed è un Paese chiave nel portare stabilità nella regione del Mediterraneo”, ha spiegato la Casa Bianca nella nota in cui ha annunciato ufficialmente la visita di Mattarella. Parole che da un lato riconoscono l’importanza italiana nel quadrante (a Napoli c’è l’Hub dell’Alleanza Atlantica per il cosiddetto Fianco Sud), ma dall’altro evidenziano le aspettative americane su quello che dovrà essere un ruolo italiano più attivo rispetto alle vicende regionali, a cominciare dalla Libia. Quando manca poco alla conferenza internazionale di Berlino sulla stabilizzazione del Paese nordafricano, Washington ha lanciato un segnale chiaro al generale Khalifa Haftar, che spinge da est, firmando – attraverso l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, la Usaid – un memorandum d’intesa per rafforzare la partnership con il Governo libico di accordo nazionale di Tripoli guidato da Fayez al Serraj. Oltreoceano, tuttavia, ci si attende che anche l’Italia faccia la sua parte, adottando una linea meno prudente, ritenuta necessaria per una svolta dopo anni di sanguinosa guerra interna nella quale sono forti gli interessi e gli interventi manovrati dal di fuori dei confini libici.

LA DIFESA COMUNE

Non sfugge, infine, nella nota della Casa Bianca, il riferimento alla cooperazione all’interno della Nato che, dal punto di vista statunitense, significa anche burden sharing (tema affrontato anche durante la recente visita del segretario generale Jens Stoltenberg in Italia). Si tratta dell’impegno a rispettare gli obiettivi sanciti nel vertice in Galles del 2014, soprattutto il famoso 2% del Pil da destinare alla Difesa entro il 2024. L’Italia è ben lontana dal target, attestandosi all’1,15% con scarse prospettive di miglioramento. Ma il dialogo potrebbe estendersi anche agli F-35. I velivoli dell’Aeronautica militare italiana hanno fatto segnare un nuovo primato nell’ambito del programma: il primo dispiegamento di quinta generazione in una missione targata Alleanza Atlantica. Resta tuttavia il nodo degli aerei che verranno acquistati da Roma. Recentemente, il ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha lanciato segnali incoraggianti, spiegando che rinnovare la flotta aerea italiana “è un bisogno oggettivo e non rinviabile”. Ma come per gli altri dossier è probabile che Trump chieda riscontri concreti e non troppo lontani nel tempo.



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