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Statalizzare i sistemi cloud? Farebbe male al Paese

Di recente, durante un’audizione alla Commissione parlamentare, il ministro per l’Innovazione Tecnologica Paola Pisano (M5S) ha espresso la necessità di adottare “una strategia politica sul cloud” che preveda la realizzazione di un “cloud italiano” su cui ospitare i dati delle Pa.

La ministra Pisano, ha parlato espressamente di un possibile rischio geopolitico, che correrebbe il nostro Paese. Non è chiaro se la ministra si riferisse alla possibilità di hacking o di rischi alla sicurezza, oppure se, in generale, non ritenga strategico utilizzare server europei o internazionali, o di società europee o internazionali.

È utile segnalare che un approccio “sovranista” ai sistemi di archiviazione e digitalizzazione dei dati, potrebbe rivelarsi non strategico alla causa della protezione e della sicurezza.

Società come Ibm, Google o Microsoft hanno infatti impiegato anni a sviluppare tecnologie all’avanguardia in termini di sicurezza e performance, e replicare gli stessi risultati, utilizzando risorse e sistemi statali potrebbe risultare poco efficace.

La recente storia economica insegna che accettare dinamiche di mercato e di apertura alla tecnologia significa consentire alle aziende di ricoprire il ruolo di protagoniste nelle industrie, promuovendo crescita, sviluppo ed occupazione.

Uno Stato che si sostituisce alle imprese, trasformandosi in “Stato imprenditore” in un settore che non è caratterizzato da modelli oligopolistici, potrebbe risultare come una nota davvero “stonata” in un piano di promozione dell’innovazione nel Paese, per altro largamente sostenuto nella proposta di governo firmata dal governo in carica.

Tuttavia, se il rischio “geopolitico” riguardasse esclusivamente il luogo di archivio dei dati, questo potrebbe essere facilmente superato rivolgendosi a società (anche internazionali) che utilizzano server ospitati in Italia.

In ogni caso, è bene valutare con cautela le proposte di policy di questa materia: un orientamento di chiusura regolatoria a questa industria potrebbe infine portare rischi di ritorsioni tra Paesi, con guerre commerciali combattute a colpi di dazi e regolamentazioni.

È bene quindi che il governo apra il tavolo di lavoro ministeriale anche a operatori, associazioni di categoria ed esperti del settore privato per evitare distorsioni e danni al Paese e individuare la soluzione migliore.

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