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Regionali, per governare non bastano gli show. L’opinione di Reina

Le grandi manovre in previsione delle elezioni regionali di primavera prossima sono iniziate. I “lumbard”, con l’ausilio di qualche luogotenente locale, stanno scendendo lungo lo Stivale, con l’obiettivo di raggiungere monte Echia e da lì approdare all’Isolotto di Megaride, per controllare i flussi politici nella capitale del Mezzogiorno, un piacevole giro turistico con la convinzione di dover arricchire il potere contrattuale al tavolo delle spartizioni. Sperano di imporre un diktat ai propri sodali protagonisti di una politica locale incapace, incolta, senza competenze.

La tracotanza di questi fanatici del potere li spinge addirittura a mettere in campo mille arzigogoli per dimostrare (tempo perso) che le istituzioni locali della Campania sono meglio governate se ci va un tizio presidente di fede padana o un caio di credo forzaitaliota, senza valutare analisi, programmi, prospettive di governo. Si ragiona solo su nomi, dimenticando che non ne esistono più, perché i cosiddetti partiti leggeri degli ultimi venticinque anni non hanno avuto interesse a formare nuove classi dirigenti, ritenendosi autosufficienti per la gestione del potere.

Berlusconi, Tajani, Gelmini, Salvini, Giorgetti hanno mai conosciuto la vita politica, amministrativa, la storia stessa della Campania per assumersi la responsabilità di scendere a Napoli e operare la scelta di nomi usurati dell’ancien régime? Pensano che un viaggetto di piacere è sufficiente per determinare importanti e delicate indicazioni di uomini di governo della Regione. La nostra Costituzione considera le Regioni autonomie locali, per cui sono gli esponenti politici del territorio a dover decidere della vita delle loro istituzioni.

Fino a prova contraria, che si sappia con chiarezza, la Campania non è diventata ancora protettorato del duo Berlusconi-Salvini. Il Mezzogiorno, una importante parte d’Italia, è stato mortificato proprio da questi soggetti politici che guidano il partito del cosiddetto centrodestra.

Fa bene Clemente Mastella a scontrarsi con costoro, che arrivano qui in Campania, immaginando di dettare la linea. I meridionali non hanno dimenticato la guerra aperta dai padani per imporre l’attuazione dell’autonomia fiscale delle regioni del Nord a scapito di quelle del Sud. Ricordano perfettamente il disastro della riforma del titolo V della Costituzione votato dagli ex comunisti, ma voluto fortemente da Bossi, Maroni, Salvini e Berlusconi sul federalismo fiscale che ha prodotto più disastri all’Italia in questi ultimi anni che nell’intera attività di governo dall’Unità ad oggi.

Queste entità politiche della destra non hanno gli uomini, né le capacità, né i numeri per essere forza di governo regionale e nazionale. Per governare non bastano le esibizioni spettacolari, ci vuole una solida cultura di governo. Fino a quando i partiti della moderazione e della conservazione non saranno figli di una solida cultura democratica, popolare, liberale, nazionale non potranno aspirare al governo del Paese.


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