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Diritti digitali per difenderci dalle interferenze. L’audizione di Molinari

“A mia memoria, che l’Unione europea sia stata oggetto di un attacco esterno per farla implodere io, come cronista, non lo ricordo. Un progetto strategico per far implodere l’Unione europea è una novità”. Sono le parole di Maurizio Molinari, direttore di Repubblica e prima della Stampa (in precedenza corrispondente diplomatico prima a New York, Bruxelles e Gerusalemme per il quotidiano torinese) e autori di diversi volumi sull’Occidente: l’ultimo è Assedio all’Occidente (Nave di Teseo, 2019). Molinari è stato audito questa mattina dalla commissione Esteri della Camera dei deputati all’interno dell’indagine conoscitiva sulle eventuali interferenze straniere sul sistema delle relazioni internazionali dell’Italia coordinata dal deputato Andrea Romano del Partito democratico.

Prima di lui, sono stati auditi Maurizio Caprara, editorialista del Corriere della Sera, e Maurizio Voerzio, responsabile italiano del progetto Stopfake (qui il nostro resoconto di quell’audizione); Anna Zafesova, giornalista esperta di Russia; Giovanni Fasanella, giornalista e saggista. Proprio quest’ultima audizione (da noi seguita ieri) ha lasciato perplessi alcuni membri della commissione, sia di destra sia di sinistra: uno di loro in particolare ha raccontato a Formiche.net il timore che un esperto di anni Sessanta e Settanta come Fasanella sia stato invitato dal pentastellato Pino Cabras all’interno di una serie di audizioni sulle presenti e attuali interferenze per “buttarla in caciara”. “Mentre cerchiamo di capire se ci sono oggi interferenze e ingerenze, alcuni cercando di buttare la palla a fondo campo sostenendo che in fondo le interferenze ci sono sempre state, perfino da Paesi amici e alleati”, confida un altro. 

LE PREOCCUPAZIONI DELLA NATO

Molinari ha illustrato come, da metà del 2017 (cioè dopo due importanti eventi come le elezioni presidenziali statunitensi e la Brexit), la Nato abbia messo al centro delle sue attenzioni le “interferenze maligne”. Interferenze, ha spiegato Molinari, in quanto “c’è un tentativo, supposto o reale, di condizionare la vita pubblica in un altro Paese”; maligne poiché “provengono da attori esterni e intendono portare scompiglio”.

Da allora i casi si sono moltiplicati, ha continuato Molinari citando quello  francese (presidenziali del 2016), quello tedesco (elezioni del 2017) e quello spagnolo (referendum indipendentista catalano dello stesso anno). In queste tre occasioni si è parlato di “attori russi”. Che cosa significa? “Vengono rintracciate le origini di questi messaggi nello spazio russo ma non c’è nessuna prova che ci sia coinvolgimento del governo russo”, ha spiegato il direttore di Repubblica. 

In questo scenario il nome dell’Italia “emerge per le testimonianze riportate in una mezza dozzina di occasioni dall’ex vicepresidente statunitense Joe Biden e dal suo collaboratore sulla Russia Mark Carpenter”, ha continuato Molinari: “entrambi sostengono di essere venuti a conoscenza di analoghe interferenze maligne elettroniche durante il referendum costituzionale del 2016”.

LA NOVITÀ COVID-19

La cyberminaccia russa era “vissuta, consumata all’interno dell’Alleanza atlantica fino al Covid”, ha proseguito. Con l’epidemia sono intervenute, però, due novità che hanno “sorpreso”. La prima: “tra queste interferenze maligne ci sono anche attori cinesi”. La seconda ha a che vedere con tipologia dei messaggi: “puntano a distaccare i singoli Paesi dall’Unione europea, mentre prima l’intento era favorire gli elementi più dirompenti per genere disordine”, ha spiegato Molinari. Il messaggio è semplice: il vostro Paese è sotto attacco da parte del Covid-19, l’Unione europea non vi aiuta, vi aiutiamo noi.

“Queste interferenze si concentrano all’inizio in Paesi più colpiti (come Italia e Spagna Spagna)”, ha evidenziato Molinari: “ciò dimostra la sofisticazione di questa campagna, condotta con le lingue di questi Paesi, con immagini e messaggi diversi ma convergenti”.

“Se questa campagna viene realizzata durante il Covid-19, questo significa che l’entità delle risorse impegnate è molto significativa”, ha proseguito il direttore. “Perché i due territori da cui provengono sono territori al centro della pandemia. Significa che nel bel mezzo dell’emergenza, c’è un’organizzazione significativa che crea questa operazione contro due singoli Paesi e che immagina implosione dell’Unione europea. Nel corso di una crisi internazionale, dunque, c’è una destinazione di risorse significative per un obiettivo politico ambizioso che non ha nulla a che vedere con quella crisi: è qualcosa di molto sofisticato”, ha notato Molinari.

LA REAZIONE EUROPEA

“Tutto questo ha portato nella fase di uscita dall’emergenza sanitaria a una maggiore consapevolezza di questo rischio da parte dei due maggiori Paesi europei, Francia e Germania (che è il primo partner commerciale della Cina)”, ha spiegato. “Appena iniziata la ripresa economica (attorno al Recovery fund) si è iniziato a parlare di un concetto: l’importanza di difendere l’indipendenza dell’Unione europea”. Perché il presidente francese Emmanuel Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel introducono questo concetto? “Guardando i documenti — incluso quello del Recovery fund — c’è concetto politico: l’Unione europea è sotto attacco”, è la risposta di Molinari. 

Mentre esiste un dialogo tra Stati Uniti e Unione europea sulla Russia, non c’è sulla Cina. Almeno per ora. Infatti, ha detto il giornalista — sottolineando che si tratta di “un’opinione personale” — “quanto avvenuto nell’ultima settimana con la decisione del segretario di Stato Mike Pompeo di accettare offerta dell’Alto rappresentante Ue Josep Borrell di avere un dialogo sulla Cina è estremamente positivo. È opportuno che la Cina entri nel dialogo transatlantico, esattamente come si è fatto con la Russia”.

Il piano europeo e quello Nato spesso si sovrappongono. All’interno dell’Alleanza atlantica c’è però un problema di cyberdifesa, ha notato il direttore. “Regno Unito, Stati Uniti, Paesi Bassi e Norvegia hanno strutture cyber più sofisticate, Ci sono, invece, Paesi come Grecia Italia e Spagna che hanno minori capacità di difesa. È problema serio per l’equilibrio tra Paesi ma per la stessa alleanza. In questo c’è un parallelo con la Guerra fredda del Novecento. Grecia, Italia e Spagna devono reagire; e la Nato non può accettare queste disuguaglianze”, ha sostenuto Molinari. 

IL RUOLO DEI GIORNALI

“Credo che il vero interrogativo sia come si risponda a tutto questo”, ha detto in conclusione del suo intervento. “Il compito dei giornali è descrivere quanto avviene. Farlo espone a volte alla reazione di questi attori (che può essere, com’è stata nel caso del giornale che dirigevo in precedenza, La Stampa, piuttosto aggressiva). Però il punto vero è che l’ammontare di notizie su questo doppio fronte è veramente significativo ed è un drammatico argomento di attualità”.

IL DIBATTITO IN COMMISSIONE

“Non vedo prove convincenti che siamo sotto attacco”, ha detto l’onorevole Cabras sostenendo che quella di Molinari è una “ricostruzione molto diffusa presso gran parte della stampa occidentale” che però “non mi convince”. A Cabras, che si è detto convinto del fatto che pesino più le contraddizioni interne dei Paesi occidentali rispetto alle interferenze esterne, il direttore di Repubblica ha poi risposto cosi: “Quanto vi ho detto sono affermazioni basate su fonti accessibili, non sono mie opinioni. Nel caso specifico non ho mai detto che le interferenze siano state determinanti. Il sospetto dei Paesi Nato è che queste interferenze maligne abbiano voluto sfruttare la situazione interna per avvantaggiare interessi altrui. Questo è uno degli elementi della complessità”. Al pentastellato ha anche risposto l’onorevole Andrea Romano, dicendo: Non è un caso se parlamenti di altri Paesi europei hanno affrontato questo tema, compreso il Parlamento europeo. Tutte le democrazie europee sono consapevoli che siamo di fronte a un fenomeno nuovo, diverso. Qui ci stiamo ponendo una domanda: è esistita anche in Italia un’operazione (o più) di ingerenza straniera svolta con strumenti nuovi e diversi rispetto a quelli tradizionalmente usati?”.

Il vicepresidente della commissione Paolo Formentini, deputato della Lega, citando due scoop di Formiche.net (quello sui bot cinesi e quello sulla visibilità data dalle televisioni italiani agli aiuti per il coronavirus) ha dichiarato come l’allarme interferenze sia “molto preoccupante. Ed è ancor più preoccupante, venendo ai giorni nostri, perché il governo non riesce a prender una posizione su Hong Kong”.

LA RISPOSTA? I DIRITTI DIGITALI

Due anni fa a Davos, ha ricordato Molinari, la cancelliera tedesca Angela Merkel spiegò che l’elemento di debolezza del sistema digitale americano sta nel fatto che i maggiori protagonisti sono aziende private. Invece, quello del sistema digitale dei Paesi non democratici (Russia e Cina, ma anche Iran) è l’essere gestito dallo Stato. Compito dell’Europa è definire una terza via, cioè tutelare i diritti di chi opera nella realtà digitale, diceva la cancelliera.

Come rispondere a questa sfida? Diritti digitali, spiega il direttore di Repubblica. “Le interferenze maligne sono fondamentalmente una violazione della privacy del cittadino”. E fa un esempio che può far sorridere ma è molto efficace: “Leggo Alice nel paese delle meraviglie? Improvvisamente escono i pupazzetti e mi fanno vedere Sandokan. È una violazione della mia privacy: ho scelto di leggere un testo e qualcuno me lo presenta in maniera diversa”.

Come proteggere i diritti del cittadino di accedere alle informazioni? Serve “trasporre lo stato di diritto nella realtà digitale”, risponde Molinari, sottolineando come su questo fronte il Parlamento europeo sia stato il primo a muoversi, mentre i parlamenti nazionali e il Congresso degli Stati Uniti sono “in drammatico ritardo”. “Le attività sociali, conoscitive e intellettuali dei cittadini si svolgono ormai in gran parte nella realtà digitale. Ma i loro diritti non sono tutelati nella realtà digitale. Dice il giurista Alan Dershowitz, Rights from wrongs: i diritti nella civiltà occidentale nascono dalla loro violazioni; le democrazie si distinguono perché quando c’è violazione drammatica si crea protezione del diritto (è quanto accaduto alla fine della Seconda guerra mondiale con i diritti fondamentali dopo i crimini contro l’umanità)”. 

“Siamo in questa fase”, ha dichiarato Molinari. Una fase “di drammatica violazione massiccia dei diritti fondamentali degli individuali nella realtà digitale. Se guardiamo a cybercrime, interferenze maligne, cyberbullismo, è sempre lo stesso argomento: qualcuno usa la realtà digitale per aggredire i cittadini”. Ciò che manca, ha concluso, è la “trasposizione dello stato di diritto nella realtà digitale: è difficile, ma bisogna farlo assolutamente e in fretta”.

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