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Dalla Libia alla Turchia e al Libano. Il mare nostrum dell’Italia. Parla l’amb. Stefanini

Formiche.net sta dedicando da molto tempo massima attenzione a quello che avviene nel Mediterraneo, bacino che avvolge per tre lati l’Italia e in cui si evolvono dinamiche sempre più calde che riguardano questioni di interesse e opportunità nazionale ma anche di sicurezza per il nostro Paese. Mai come in questo momento diventa evidente come per trattare le questioni geopolitiche del quadrante – il cui riflesso, come detto, è diretto per l’Italia – occorra tener conto di tutto il perimetro del Mare Nostrum, dall’altra sponda nordafricana all’angolo orientale infiammato da questioni territoriali vecchie e nuove, fino al lato del Levante, che risente di meccanismi e problematiche mediorientali. Scenari affrontati in questo caso in una conversazione con Stefano Stefanini, senior advisor dell’Ispi, già Consigliere diplomatico della presidenza Napolitano e rappresentante permanente alla Nato.

Inevitabile in questo momento partire dal fatto di cronaca più importante, un potenziale processo di stabilizzazione che sembra essersi avviato in Libia. Possibilità che ha già ricevuto il plauso internazionale perché potrebbe diventare un fattore di elevato valore geopolitico a livello regionale. L’enorme instabilità tunisina o sensibilità come quelle in Algeria potrebbero risentirne in termini positivi, e contemporaneamente gli effetti potrebbero avere riflessi in Mali (scivolato nel colpo di stato) e in Niger (che per l’Italia è un crocevia dei traffici migratori). È così?  “La Libia – spiega Stefanini – è di sicuro la crisi più acuta del Nordafrica e la stabilizzazione è un processo che potrebbe certamente disarmare le varie micce accese nella regione, penso alla Tunisia, ma anche all’Algeria in effetti. Diverso vedo il caso del Mali e anche la situazione in Niger, dove sono presenti gruppi legati al terrorismo jihadista. Però va tenuto conto che anche in questi casi, con una Libia stabilizzata potrebbe diventare più facile lavorare in certe aree, magari sfruttando la possibilità di creare cooperazione proprio con paesi come Tunisia, Algeria e Marocco”.

Realtà che avrebbero maggiormente modo di dedicarsi ad altre questioni regionali se godessero di migliore equilibrio e tranquillità interna, possibile anche grazie alle interconnessioni libiche come faceva notare su queste colonne il deputato tunisino Majdi Karbai. Quali sono gli spazi di azione l’Italia? “Di sicuro – risponde l’ambasciatore – assicurarsi il sostegno dell’Europa, non tanto come Unione ma come altri paesi, per esempio la Francia e il Regno Unito. Abbiamo visto che c’è stato un calo dell’influenza degli europei sullo scenario libico, una perdita di presa rispetto a Russia e Turchia e poi Qatar, Emirati ed Egitto. Ora, dato che l’Italia ha sempre avuto uno posizione ragionevole sull’integrità libica e all’unità nazionale, e ha avuto sempre lucidità sul quadro generale, a questo punto dovrebbe cercare il modo di creare una concertazione tra Parigi e Londra. È necessario che ora si inizia a remare nella stessa direzione”.

Le divisioni all’interno dell’Unione europea sul dossier libico, e su come muovere la politica estera in Nordafrica (e non solo), hanno prodotto debolezze creando spazi di penetrazione per attori esterni come Turchia e Russia o i Paesi del Golfo. Per Stefanini occorre evitare però che il compattarsi di una posizione degli europei possa essere percepita come una linea anti-turchi o anti-russi, ma anzi “se Tripoli e Tobruk si parlano, significa che Ankara e Mosca (rispettivamente dietro ai due blocchi intralibici, ndr) hanno deciso di avviare questo processo. Gli europei dovrebbero a questo punto essere inclusivi, che non significa cedere a Turchia e Russia”.

È anche possibile che certi riflessi positivi possano specchiarsi nel tratto di Mediterraneo orientale, areale molto irrequieto in cui attorno alla scoperta di alcuni reservoir energetici si sono riaccese le tensioni tra Turchia e Grecia, coinvolgendo paesi rivieraschi e non solo. Si sono creati fronti sovrapponibili con quelli presenti in Libia, e il rischio del sommarsi dei problemi è stato finora evidente: basta pensare che caccia F-16 emiratini saranno stanziati a Creta – gli Emirati sono i principali sostenitori militari del fronte della Cirenaica, combattuto in Libia dalla Turchia. “I due dossier vanno tenuti divisi nel modo più possibile – commenta l’ex consigliere diplomatico del Quirinale – perché la stabilizzazione della Libia è un problema urgente, che non può subire i riflessi di quanto avviene nel Mediterraneo orientale, che pure è un problema serio”.

“Qui – continua – l’Unione europea ha un ruolo molto più importante. Sappiamo che ci sono due scuole di pensiero, quella francese che è più assertiva nei confronti di Ankara, e quella tedesca che è più dialogante. La Turchia è un attore difficile, ma è presente e indispensabile: dal punto di vista geopolitico, occorre stare attenti a non gettarla nelle braccia della Russia, per questo ritengo che serva un’azione diplomatica ad ampio raggio, in cui si mettano sul piatto i vari do ut des“. Secondo Stefanini c’è un rischio per l’Europa: “L’Ue deve stare attenta alla possibilità che il sostegno alla Grecia, che pur deve esserci, non si trasformi in un’opposizione alla Turchia, ossia deve evitare che il problema greco-turco diventi un problema Unione-Turchia”. Come? “Come ha sempre fatto la Nato. Sostenere la Grecia, ma non scivolare sulle sue posizioni, mantenendo un’equidistanza”.

Turchia e Grecia sono in effetti divise da questioni territoriali da molti anni, ma ciò non ha evitato che fossero parte dell’Alleanza e ne condividessero i principi comuni. Anche perché il rischio evidente torna quello della creazione di spazi per l’incunearsi di realtà concorrenti e rivali: l’interessamento statunitense al quadro ampio del Mediterraneo riguarda in effetti l’evitare che si creino debolezze sfruttabili per Cina e Russia. Chiudendo il perimetro, allora, va toccata la sponda del Levante: la Cina la considera una tappa per la risalita da Suez, la Russia l’ha individuata come punto di sbocco delle forze navali nel Mediterraneo. La sensibilità centrale, oltre al conflitto siriano, è certamente il Libano, paese che ha recentemente mostrato tutte le proprie problematiche, e dove l’Italia è presente con un contingente militare che guida la forza Unifil, missione di interposizione onusiano sul confine israeliano Unifil.

“La dinamica libanese – secondo Stefanini – è abbastanza distinta, perché il Libano è esposto a crisi che agitano il Medio Oriente classico da sempre (quella israelo-palestinesee o nell’ultimo decennio la guerra siriana). Per anni il Libano è stato usato per scaricare i problemi della regione, un errore della Comunità internazionale, e ora quella che cinquant’anni fa era la Svizzera mediorientale s’è trasformata in un’area balcanizzata. Per questo, finché dura la crisi siriana e il Libano si trova sotto il peso dei rifugiati, con Hezbollah che ha sfruttato la situazione per rafforzarsi sul campo e con l’irrisolta crisi palestinesi, credo sia difficile immaginare una vera stabilità”.

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