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Rete unica? Avanti tutta ma a guida dello Stato. Parola di Patuanelli

La rete unica, avanza, lentamente, nell’attesa di definire lo scacchiere dei partecipanti. Tim, Open Fiber, Fastweb, ma anche altri operatori, magari persino Mediaset e la Rai. Nel mentre, la certezza rimane una, almeno nella testa del ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, ascoltato questa mattina alla Camera, proprio sul tema della banda larga. Trazione pubblica, questo è e rimane l’assioma del governo e con un modello preciso: Terna.

RETE A TRAZIONE PUBBLICA

Perché la rete “deve essere una rete unica controllata dal pubblico”. Quanto raggiunto ad agosto sul progetto di rete a banda ultralarga (l’intesa di maggioranza per la creazione di AccessCo, sulle basi di Fiberco, la società di Tim per la rete secondaria, il rame, ndr) “è un punto di partenza e non di arrivo”, ha detto Patuanelli. Che non ha risparmiato certo critiche a Tim.

“Partivamo da una situazione data, penso alla privatizzazione di Tim che non può essere certo ritenuta virtuosa, quella condizione non consentiva ragionamenti più profondi. Penso che ci deve essere una rete unica controllata dal pubblico. Vedo una società delle reti e delle tecnologie che all’interno possa avere non solo la fibra ma tutte le tecnologie come il 5G con parità di accesso a tutti gli operatori. È un ragionamento che non si sviluppa in poche settimane ma è giusto avere chiari gli obiettivi. È un passo nella giusta direzione”.

MODELLO TERNA

Patuanelli ha in mente un modello preciso, quello della public company all’americana (tanti azionisti con un socio di riferimento e parecchio flottante con la quotazione in Borsa), che in Italia è stato riproposto con Terna (qui l’intervista all’economista Raffaele Tiscar che lanciava la proposta di un modello simile e l’intervento su Formiche.net di pochi giorni fa di Salvatore Zecchini), la società delle reti quotata ma con azionista di riferimento Cassa Depositi e Prestiti.

“Posso dire che il progetto del governo è secondo noi un progetto per il Paese con una società delle reti insieme agli operatori e con una maggioranza relativa (pubblica, ndr) sul modello Terna. Questo è il progetto ma dobbiamo capire se chi ha oggi quegli asset ritiene che quello sia un progetto percorribile o meno. Ma non è che possiamo imporlo. Stiamo provando a raggiungerlo passo passo. E mi sembra che lo abbiamo detto chiaramente e in tutti i modi”. D’altronde, “i dati di contesto sono quelli che sono”, ha aggiunto il ministro spiegando che comunque le società coinvolte sono società private. “La rete primaria è la rete che ha Telecom non è colpa mia se ce l’ha. È un gruppo che è privato, c’è, è così, non ho strumenti per invertire”.

IL REBUS OPEN FIBER

C’è però un punto interrogativo. Open Fiber, la fiber company di Stato (50% Cdp 50% Enel) che nei piani di governo dovrebbe fungere da baricentro della nuova società, sempre che Tim alla fine sia davvero d’accordo. Ma per Patuanelli, la società rischia di mancare l’appuntamento con il 2023, anno in cui dovrebbe completare gli investimenti nella fibra. Occorre “imprimere un’accelerazione nello sviluppo della fibra laddove dai dati resi noti da Infratel è difficile che Open Fiber rispetti gli obiettivi del piano al 2023”.

“C’è stata una call ieri – ha detto Patuanelli – di Infratel con gli operatori. La capacità che avremo di completare la strategia nazionale per la banda larga, il piano Bul, non sarà indifferente rispetto ai temi che stiamo affrontando. Ieri Infratel, società che come noto è vigilata dal Mise, ha fatto una call, un giro di tavolo con gli operatori del settore per verificare le attuali condizioni di mercato rispetto alla rete e il quadro che è emerso è certamente di un’accelerazione dello sviluppo della rete in fibra, ma ancora in ritardo rispetto agli obiettivi”.

Patuanelli se possibile è stato ancora più chiaro. “Come è noto Open Fiber ha comunicato che il piano sarà completato nel 2023. In realtà i dati che Infratel ci dà rispetto ai progetti esecutivi ci dicono che anche il 2023 è un obiettivo che difficilemnte alle condizioni date sarà raggiunto”. Per questo “credo sia necessario imporre e imprimere un’accelerazione. Devo dire che Infratel nell’ultimo anno, se guardiamo non il punto di partenza ma il delta da inizio anno a fine anno, ha raggiunto l’obiettivo di fine anno ma chiaramente, dato il punto di partenza, siamo lontani da dove avremmo dovuto essere in questo momento”. E comunque “le risorse del Recovery Fund sono un canale forte da utilizzare in modo incisivo per implementare lo sviluppo della rete”.

Da Open Fiber però, chiariscono. “A oggi, nonostante le note difficoltà in cui versa il progettista incaricato, Open Fiber ha consegnato 3.045 progetti esecutivi, che garantiscono l’operatività fino a tutto il 2021. La progettazione non costituisce quindi un ostacolo o un impedimento alla realizzazione del progetto entro il 2023”.

ORIZZONTE RECOVERY FUND

Già, il Recovery Fund, che ruota proprio intorno alla digitalizzazione. Ma occhio a non perdere il treno. “Le risorse del Recovery Fund non sono infinite. Si tratta di circa 200 miliardi laddove l’Italia ha fatto già per il 2020 100 miliardi di extra-deficit. Non sono risorse infinite. Dobbiamo avere la capacità e in questo il contributo del Parlamento è fondamentale, di andare a rafforzare effettivamente il nostro sistema di imprese ma i tempi devono essere quelli indicati dall’Unione europea, non possiamo sbagliare i tempi della progettualità”.



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