Il Dipartimento di Stato americano applaude il lavoro del Comitato golden power di Palazzo Chigi per mettere in sicurezza il 5G dai fornitori cinesi e il veto sul contratto Fastweb-Huawei. “Bene anche l’Ue, ma ora serve il bando dei fornitori cinesi” dice il vicesottosegretario Alden
Un applauso all’Italia e uno all’Ue. Gli Stati Uniti apprezzano i passi avanti fatti da Roma e Bruxelles per limitare la presenza di aziende cinesi nella rete 5G. Ora ne chiedono uno in più.
Invitato al Festival della Diplomazia, Alexander Alden, vicesottosegretario di Stato agli Affari europei e asiatici, ha lodato la scelta del Comitato Golden power di Palazzo Chigi di stoppare un contratto per la fornitura di rete 5G fra la cinese Huawei e Fastweb.
“Applaudiamo le misure di sicurezza del comitato golden power e le sue linee guida per l’uso di equipaggiamento Huawei – ha detto l’inviato del Dipartimento di Stato – e approviamo la decisione del governo italiano di fermare un contratto fra Fastweb e Huawei”.
Il contratto cui fa riferimento Alden era il primo riguardante la fornitura di rete core a un operatore italiano e ha ricevuto uno stop dalla presidenza del Consiglio nella serata di giovedì 22 ottobre. Quanto alle “linee guida”, si tratta delle prescrizioni stilate dal medesimo comitato che, aveva svelato Formiche.net, prevedono misure di sicurezza aggiuntive per gli operatori che lavorano con fornitori extra-Ue, come controlli settimanali e la consegna del codice sorgente.
Alden non è l’ultimo degli ufficiali del Dipartimento di Stato. È considerato parte dell’inner-circle trumpiano. Ha scritto per American Affairs, la rivista fondata nel gennaio del 2017 da Julius Krein per dare un supporto intellettuale al neo-presidente. Ed è stata la prima “nomina politica” di Trump a spostarsi dalla Casa Bianca, dove serviva come Senior-director per le tecnologie emergenti e per la politica di Difesa al National Security Council, a Foggy Bottom, per guidare gli affari europei, con un particolare focus su Bruxelles.
Il vicesottosegretario è stato uno degli ufficiali in prima linea nella campagna di advocacy europea per convincere gli alleati ad escludere i fornitori cinesi dalla rete di quinta generazione. A fine settembre, mentre il segretario di Stato Mike Pompeo era a Roma, ha accompagnato in un tour in dieci capitali europee Keith Krach, sottosegretario di Stato per la crescita economica, l’energia e l’ambiente. “Abbiamo ottenuto dodici memorandum d’intesa per un 5G sicuro, undici erano di Paesi europei – dice oggi Alden – segno di una robusta cooperazione transatlantica, ma anche di una finestra di opportunità. Il Regno Unito ha messo al bando Huawei a partire dal 2027, ora l’Italia è cruciale”.
Di qui la richiesta al governo di Giuseppe Conte. “Chiediamo di considerare le minacce alla sicurezza nazionale e alla privacy dei dati dei cittadini italiani accessibili al Partito comunista cinese”. Insomma, “un passo in più: bandire i fornitori non affidabili”. L’invito è poi ad “aderire alla 5G Clean Path Initiative” lanciata ad aprile da Pompeo: un sistema di comunicazione end-to-end per tutta la rete 5G che entra ed esce nelle strutture diplomatiche americane che, si legge sul sito del Dipartimento, “non usa alcuno strumento di trasmissione, controllo, computing o stoccaggio da parte di fornitori IT inaffidabili, come Huawei e Zte”. La “Clean Path Initiative” rientra nel più ampio piano “Clean networks”, una road map statunitense per convincere gli alleati ad affidare il 5G ad aziende europee (Ericsson e Nokia) o americane.
Un plauso va anche all’Ue e al “5G EU toolbox”, cioè alle linee guida per un 5G sicuro stilate dalla Commissione di Ursula von der Leyen. “Un grande passo in avanti che serve a mitigare i rischi con un approccio coordinato – dice Alden. Il monito però resta: manca ancora un pezzo di strada. “Urgiamo gli Stati membri Ue ad assumere misure basate sulla sicurezza per escludere i fornitori non sicuri”. Un avvertimento che riecheggerà a più riprese nell’ambito del Dialogo strategico Ue-Usa sulla Cina appena inaugurato “un risveglio transatlantico verso la sfida cinese”.