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Più Difesa tra Italia e Usa. Ecco le opportunità di collaborazione con Biden

Stefano Cont, addetto alla Difesa presso l’ambasciata d’Italia a Washington, e Michele Nones, vice presidente dello Iai, spiegano come cambia la Difesa Usa con Biden, e cosa attendersi per i rapporti bilaterali con l’Italia. Gli spazi per aumentare le collaborazioni industriali? “Sono ampissimi”

L’amministrazione Biden e il rilancio dell’euro-atlantismo aprono nuovi spazi per l’Italia nella collaborazione con gli Stati Uniti. Per approfittarne, occorre comprendere il processo di revisione interno alla Difesa a stelle e strisce, impegnata a rafforzare la sua base industriale e tecnologica e ad accelerare le pratiche di procurement per non perdere la sfida con la Cina. È il quadro descritto da Stefano Cont, addetto alla Difesa presso l’ambasciata d’Italia a Washington, e Michele Nones, vice presidente dell’Istituto affari internazionali (Iai), protagonisti del live talk organizzato dalle riviste Formiche e Airpress: “La Difesa Usa ai tempi di Biden, cosa cambia per l’Italia” (in diretta).

LO SCENARIO

“Siamo di fronte a un cambiamento significativo dello scenario”, ha spiegato Nones aprendo il dibattito. Non solo per il cambio di amministrazione, ma soprattutto perché esso è coinciso con la pandemia, destinata ad avere strascichi pesanti anche sugli aspetti strategico-militari. “Se è vero che niente sarà più come prima, questo vale anche per l’Alleanza Atlantica, chiamata alla sfida dell’adattamento”, ha aggiunto. I segnali sono al momento incoraggianti, sia per la riflessione strategica #Nato2030, già avviata dall’Alleanza, sia per “la forte attenzione della nuova amministrazione americana nel quadro del multilateralismo”.

LE OPPORTUNITÀ ITALIANAE

La presidenza Biden (come notato oggi anche dal Consiglio europeo con Mario Draghi) offre cioè l’opportunità di rinvigorire l’asse tra le due sponde dell’Atlantico. Ciò chiama in causa l’Italia, che “tra i passi in avanti sull’Europa della Difesa e l’uscita del Regno Unito dall’Unione, ha la possibilità di avere un ruolo speciale nei rapporti con gli Stati Uniti”, ha chiosato il vice presidente dello Iai. Ruolo militare (si veda la candidatura a guidare il rafforzato impegno Nato in Iraq), ma anche politico, “visto che il nostro Paese ha sempre mantenuto ferma la sua adesione europea, e insieme transatlantica”.

I RAPPORTI INDUSTRIALI

Un ruolo però anche industriale, viste le numerose partnership in corso. Nones ha ricordato il programma F-35, la collaborazione tra Boeing e Leonardo per gli elicotteri MH-139 destinati alla US Air Force e quella tra Lockheed Martin e Fincantieri sulle unità Lcs. “Oggi – ha aggiunto – l’attenzione è puntata sul possibile coinvolgimento italiano nello sviluppo nella nuova generazione di elicotteri, per cui è in corso uno studio congiunto per il nostro ministero della Difesa da parte di Lockheed Martin (Sikorsky) e Leonardo, divisione Elicotteri”. È la rivoluzione trasformazionale dell’ala rotante, quella che viene dagli Usa.

NUOVE COLLABORAZIONI?

“Sono tantissime le possibilità di affermazione dell’industria italiana negli Stati Uniti – gli ha fatto eco il generale Cont – non solo per le grande aziende e i grandi progetti, ma anche per realtà medie e piccole che possono essere coinvolte nel rafforzamento della base tecnologica e industriale americana”. Si tratta di opportunità che “ovviamente” possono essere colte solo “passando per una visione attenta di come funziona il mercato americano”, ha detto il generale. E soprattutto, ha aggiunto Nones, solo con il supporto delle istituzioni nazionali: “L’azione che sta già facendo l’Aiad per la promozione all’estero delle Pmi nazionali potrebbe sposarsi con un maggior impegno del ministero della Difesa”.

E IL BUY AMERICAN?

Ma non c’è il rischio che il “buy American” ostacoli le ambizioni di maggiore collaborazione? “Il concetto non è nuovo – ha risposto Cont – ed è stato portato avanti da diverse amministrazioni; anche qui bisogna capire gli obiettivi degli Usa, ovvero rafforzare la base tecnologica e industriale”. La Difesa americana ha cioè “la necessità di dare impulso alla sua capacità manifatturiera”, ragion per cui “buy American non significa che il mercato sia chiuso, ma piuttosto che è estremamente competitivo, e che richiede un’attenzione particolare a far sì che i contratti comportino ritorni di tecnologie e occupazione sul territorio americano, aspetti che con la pandemia saranno ancora più all’attenzione del Pentagono”, ha spiegato Cont. Nessun timore dunque: “L’industria italiana ha già dimostrato di sapersi affermare anche in un mercato come quello americano, maturando grande credibilità agli occhi dell’alleato”. In sintesi: “le possibilità di collaborazione sono numerose”.

LA CONTINUITÀ TRUMP-BIDEN

È proprio qui la maggiore “continuità” tra le amministrazioni di Trump e Biden nel campo della Difesa. Una continuità “di fondo, di obiettive e di tendenza – ha spiegato il generale Cont – che da oltre un decennio è basata sulla maggiore consapevolezza di un mondo cambiato, con attori più assertivi e capaci”. E così, per far fronte “alla progressiva diminuzione della superiorità tecnologica e industriale”, ha aggiunto, gli Stati Uniti hanno iniziato da anni a lavorare “sul rafforzamento delle capacità manifatturiere e sull’aggiornamento delle modalità di funzionamento della struttura di difesa, grande e complessa”. In tal senso, ha rimarcato Cont, “vi saranno discontinuità di toni e modalità di comunicazione rispetto a Trump, ma non di obiettivi”. Anzi, con la nuova amministrazione, la spinta al rafforzamento della base industria e tecnologica potrebbe vedere una maggior strutturazione (ne parlavamo qui).

L’AUTOCRITICA DEL PENTAGONO

Da tempo il Pentagono è in “autocritica su processi di procurement lunghi e farraginosi”, su pratiche burocratiche che “ricercano la perfezione del prodotto, e così facendo portano a dilatare i tempi e aumentare i costi”, ha ricordato Cont. Un’impostazione che “la Difesa americana non può più permettersi”. È per questo che negli ultimi anni si è incrementato il ricorso alla “digital acquisition: un processo che pretende il maggior utilizzo delle tecnologie informatiche nella fase più costosa della realizzazione di sistemi d’arma, la ricerca e sviluppo, fino ai prototipi”. Tutto questo, “è stato ripreso dalla nuova amministrazione”, ha aggiunto l’addetto alla Difesa all’ambasciata d’Italia a Washington. Per Nones, il dibattito americano potrebbe essere un’utile riferimento per l’Italia: “Abbiamo simili problemi nella gestione del procurement della Difesa, e approfondire quando accade negli Usa potrebbe permetterci di arrivare prima ai risultati nei vari processi di ricerca e sviluppo”.

TRA CIVILE E MILITARE

L’altro insegnamento che arriva da oltreoceano è sulla corretta interpretazione di “duale”. Il generale Cont ha spiegato che l’attenzione è su “tecnologie trasversali”, innovazioni spinte che, a prescindere dall’origine dell’area di sviluppo, hanno capacità di generare ritorni in tanti altri segmenti. Come spiegato da Nones, è la stessa linea adottata più di recente dall’Unione europea. A inizio settimana la Commissione ha presentato l’Action plan per aumentare le sinergie tra industria militari, civili e spaziali. “Mai come ora – ha concluso il vice presidente dello Iai – occorre lavorare per garantire il travaso sistematico di alte tecnologie tra i diversi settori”.

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