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Grecia, Turchia e Israele. Il risiko nel Mediterraneo e il ruolo di Biden

Energia, geopolitica e difesa: ricatti e contromosse. Da un lato Erdogan si mette di traverso sull’EuroAsia Interconnector aumentando tensioni con Atene, Nicosia e Tel Aviv. Dall’altro il Dipartimento di Stato lancia un’allerta sul partito curdo messo fuori gioco da Ankara

Due settimane. Tanto servirà per capire le intenzioni reali di Ankara nel Mediterraneo orientale, dopo le mille fughe in avanti: se scontro totale con Grecia e Israele sul gas o se di diplomatica attesa visto che tra 15 giorni ci dovrebbe essere il primo contatto telefonico Biden-Erdogan. Nel frattempo, a margine del secondo tavolo diplomatico con la Grecia, la Turchia fa filtrare rabbia per il fatto che Cipro, Israele e Grecia la scorsa settimana hanno firmato un accordo iniziale sulla posa del cavo di alimentazione sottomarino più lungo del mondo che collega le loro reti elettriche.

DOPPIO SCOGLIO

Recep Tayyip Erdoğan pretende che Israele, Grecia e Ue gli chiedano una sorta di nulla osta per lavorare nelle acque del Mediterraneo orientale. Un’iperbole. Ma Cipro, Israele e Grecia hanno firmato un accordo per il cavo elettrico sottomarino più lungo del mondo, che dovrebbe attraversare le acque contese al centro delle tensioni regionali. Il progetto è ambizioso e Erdogan ricatta tutti brandendo (non ufficialmente) la carta dei 5 milioni di migranti, che detiene ancora su suolo turco. Il progetto “EuroAsia Interconnector è una vera e propria autostrada elettrica con un mega cavo sottomarino dalla capacità totale di 2000 MW per collegare l’Asia e l’Europa. Con una lunghezza totale di 1.208 km crea un percorso alternativo affidabile per il trasferimento di energia elettrica da e verso l’Europa.

Il presidente turco ha dichiarato lo scorso dicembre che la Turchia vorrebbe avere legami migliori con Israele (che fortifica il suo ruolo di player centrale del gas) segnalando un disgelo nelle relazioni dopo una serie di tensioni culminata con l’espulsione degli ambasciatori nel 2018. Va ricordato che Tel Aviv non riporterà il proprio rappresentante in Turchia fino alla fine delle attività dell’ala militare di Hamas a Istanbul.

QUI GRECIA

In parallelo, tramite la moral suasion esercitata dal governo tedesco, Ankara e Atene hanno ricominciato a tessere una tela diplomatica dopo anni di fortissime tensioni, sfociate la scorsa estate nei gravi episodi di sconfinamento in acque e cieli greci di mezzi militari turchi, come i caccia F-16 ed un sommergibile (spintosi fino a Capo Sounio). Ieri si è tenuto il secondo appuntamento ellino-turco, ma si è ancora nel campo dei formalismi, visto che le posizioni restano distanti. Erdogan chiede di sfruttare il gas nelle acque contese, che nessun trattato internazionale gli assegna e avanza pretese su Cipro e le isole greche come Kastellorizo. La Grecia replica che la cartina di tornasole è solo la legge e la strada indicata dalle Nazioni Unite. La posizione della Germania, che con Ankara ha un forte legame commerciale e militare, rischia di essere indebolita nella sua terzietà proprio da questo elemento.

Nel mezzo i timori di analisti e militari circa una fuga in avanti di Erdogan, così come altre ce ne sono state negli anni scorsi. Ulteriori crescenti tensioni con Cipro, Egitto e Francia, che hanno interessi sempre più condivisi nella regione, sono all’ordine del giorno e fino ad oggi sono state evitate da un freno “last minute” all’ala militare turca più ortodossa. Inoltre l’Aeronautica turca sta studiando il dossier relativo ai nuovi caccia che dovrebbero prendere il posto degli F-16, dopo il no americano agli F-35 per la nota incompatibilità con il sistema russo S-400.

CURDI

Dagli Usa intanto è partito un messaggio diretto al governo turco, dopo le tensioni in seno alla Nato e al gas: il divieto al Partito Democratico Popolare (HDP), che rappresenta la minoranza prevalentemente curda della Turchia, “minerebbe ulteriormente” la già fragile democrazia turca. Un pubblico ministero infatti ha inviato alla Corte costituzionale turca la richiesta di avviare un procedimento per vietare l’HDP, che detiene 55 dei 600 seggi nel parlamento turco.

L’accusa del procuratore Bekir Sahin è di aver fiancheggiato il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) e altre organizzazioni “con l’obiettivo di interrompere l’unità dello stato”. Nell’occhio del ciclone è finito Emer Farouk Giargiarlioglu, membro del parlamento, difensore dei diritti umani, condannato per propaganda terroristica e sollevato dal suo seggio.

L’HDP nel 2018 ha raccolto quasi sei milioni di voti pari all’11,7% e per questo finito nel mirino delle autorità erdoganiane in vista del 2023, quando si terranno le prossime politiche, a cui il partito di Erdogan (AK) si avvicina scontando un calo nei sondaggi. Il partito si difende parlando di “duro colpo alla democrazia e allo stato di diritto”.

twitter@FDepalo

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