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Israele guida la diplomazia dei B52 Usa in Medio Oriente

Gli americani hanno nuovamente inviato dei bombardieri strategici nel Medio Oriente: per rassicurare gli alleati, per dimostrare il loro interesse da remoto, per non perdere terreno coi rivali

Quattro F-15 israeliani hanno scortato due B-52 americani inviati dal Pentagono per una nuova missione lampo in Medio Oriente. Un delle varie operazioni, come quella di tre mesi fa, con cui la Difesa americana dimostra la postura strategica che intende tenere nell’area, ossia il controllo da remoto, strategia nota come “dynamic force employment”, ossia la capacità di lanciare deterrenza su certi teatri. Metodo con cui Washington rassicura gli alleati come Tel Aviv, ma anche i paesi del Golfo — tutti interessati a restare in cima alla lista del valore regionale per gli americani mentre procedono i contatti con l’Iran, e contemporaneamente gli stessi americani intendono non perdere il proprio link strategico a vantaggio di potenze rivali come Russia e Cina. Questo genere di impegno militare americano ha diversi risvolti di carattere politico diplomatico, al di là della dimensione tecnica.

Innanzitutto l’esercitazione di quei B-52 serve proprio a dimostrare capacità di tenere riempiti gli spazi davanti ai tentativi russi e cinesi (sempre più riusciti e profondi) di incunearsi nel quadrante. Contemporaneamente, la diplomazia militare rafforza un processo in corso di riallaccio delle relazioni tra Israele e mondo arabo. Ai caccia dell’IAF (con Israele che ha sempre più ruolo di viceré statunitense) si sono infatti aggiunti quelli di Arabia Saudita e Qatar. I due Paesi — che hanno da poco ri-normalizzato i rapporti reciproci — per il momento non sono parte degli Accordi di Abramo organizzati dagli Usa. E probabilmente non lo saranno in un futuro breve, ma il dialogo militare è un elemento di aggancio che da un lato stabilizza una parte delle questioni aperte in Medio Oriente, dall’altro ha l’obiettivo di dimostrare capacità di azione e coinvolgimento, dunque anche deterrenza su Teheran, o Mosca e Pechino.


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