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Libia-Nato. Se la presenza dei mercenari diventa sfera di influenza

Alcuni media arabi rilanciano un’analisi di Formiche.net: il rischio è che la Russia (e non solo) sfrutti l’intervento in Libia tramite contractor informali per costruire una sfera di influenza in mezzo al Mediterraneo. Preoccupazione anche della Nato

La presenza russa in Libia non è gradita, perché permette a Mosca un affaccio facile al centro del Mediterraneo: Washington ha messo in chiaro questo interesse durante il vertice Nato di questi giorni, augurandosi che possa essere un punto comune tra gli alleati. Allo stesso modo, l’uscita dei mercenari dal teatro. Obiettivi che mal si sposano con quanto accade sul campo però.

Negli ultimi giorni dalla Libia sono uscite diverse informazioni su movimenti delle unità armate esterne che supportano i due fronti – Tripolitania e Cirenaica – che fino a pochi mesi fa si combattevano. La questione è piuttosto delicata, in primo piano anche tra le preoccupazioni avanzate dall’Onu riguardo al processo di stabilizzazione in corso – dove le Nazioni Unite hanno guidato il voto al Foro di dialogo da cui è uscito il Governo di unità nazionale (Gnu) che traghetterà il paese alle elezioni.

Secondo l’accordo di cessate il fuoco che ha portato poi al meccanismo di elezione del Gnu, le forze straniere avrebbero dovuto lasciare il paese entro il 23 gennaio. Ma così non è stato, anzi stando alle informazioni disponibili a Formiche.net, e notando il traffico soprattutto aereo degli ultimi mesi (marker dei rifornimenti), gli attori esterni si sarebbero rinforzati e consolidati. Tutto in violazione di un embargo imposto da anni da parte dell’Onu.

Embargo che l’Onu stesso ha di recente definito “totalmente inefficiente”. Motivo che rafforza le necessità di implementare la missione europea IRINI, che ha lo scopo di controllare le violazioni – e la cui rilevanza aumenta anche nell’ottica delle priorità individuate dall’Alleanza.

Semplificando, le unità sono di tre generi. Dal lato delle Tripolitania ci sono unità spostate dalla Turchia: si tratta sia di reparti regolari che di miliziani siriani dei gruppi fedeli ad Ankara (sono circa 2000). Secondo gli ultimi rumors, il governo turco potrebbe accettare di ritirare i miliziani, pur mantenendo una presenza regolare che si è particolarmente consolidata attorno alla base di al Watiyah, verso il confine tunisino, e a Misurata.

Poi ci sono i guerriglieri mercenari mossi da Egitto ed Emirati Arabi (e Giordania) per sostenere le ambizioni militariste di Khalifa Haftar, che intendeva rovesciare il governo di Tripoli e intestarsi il paese come nuovo rais. A missione fallita, dopo l’intervento turco in divisa della Tripolitania, questi soldati privati sono rimasti comunque in Libia. Sono ciadiani e sudanesi, Janjaweed, poco motivati e poco interessati ai destini libici, ma disponibili a mettersi a disposizione di chi paga.

Infine ci sono i contractor del Wagner Group. La società russa è collegata al Cremlino; l’Fbi ha recentemente messo una taglia su di uno dei suoi proprietari occulti, Yevgeniy Prigozhin (noto anche come “lo Chef di Putin”, la taglia non riguarda la Libia ma altre attività illecite per l’intelligence americana). Questa private military company è stata usata, ed è usata, da Mosca per compiere il lavoro sporco. La presenza dei mercenari russi sul lato haftariano è considerata una minaccia di massimo livello dagli Stati Uniti, dall’Europa e dalla Nato – come emerso anche nella ministeriale dell’alleanza in questi giorni.

Anche perché la Libia con questo dispiegamento discreto (e senza insegne) è diventata un gancio per allargare la presenza russa nel Mediterraneo – per altro in un’area particolarmente sensibile, davanti alle postazioni strategiche siciliane, e al centro del bacino. Acque in questi giorni ingolfate dalla marina di Mosca. Il rischio evidente è che la Russia trasformi la sfera di intervento a sostegno di Haftar in una sfera di influenza a tendenza permanente, considerazione già espressa su Formiche.net e ripresa in questi ultimi giorni sia dall’agenzia stampa turca Anadolu, sia dal quotidiano panarabo Al Quds al Arabi e da altri media in lingua araba.

Le ultime notizie sembrano rafforzare questa ipotesi, perché i contractor russi stanno continuando a portare avanti un’infrastruttura fortificata lunga dozzine di chilometri per collegare Sirte, sulla costa, con al Jufra, nell’entroterra. Si tratta di due delle principali postazioni della Wagner, e due potenziali punti di snodo della sfera di influenza russa. Mosca guarda alla Libia per il mercato del petrolio, e i suoi mercenari hanno già occupato, per conto di Haftar, impianti locali; ma ha anche interesse diretto nell’entrare in commesse sulla ricostruzione (uno dei temi che ha recentemente affrontato il ministro degli Esteri italiano mentre era in visita a Tripoli).

È evidente come per la Nato il rafforzamento libico della Russia si una preoccupazione, un elemento di fusione del fianco Est con quello Sud. Una convergenza che sta determinando un approccio sempre più chiaro da parte dell’Alleanza Atlantica. Una situazione in cui paesi come l’Italia (e anche Francia e Turchia) devono muoversi in prima linea.

Il punto attualmente è questo: la Turchia ha interessi a differenziarsi dagli altri paesi presenti in Libia. Sia perché ritirare i miliziani siriani diventa un modo per consolidare la presenza regolare; sia per offrire questo ritiro a Washington e Bruxelles (e all’Onu) e dimostrandosi un attore più affidabile degli altri sul campo; sia per ristabilire, sulla base di questi buoni propositi, sistemi di cooperazione a tutela dei propri interessi.

Dall’altra parte, la Russia come Emirati e Egitto, hanno meno intenzioni di ritirarsi: sia perché senza la loro presenza Haftar rischia di frantumarsi (cosa che non succederebbe al governo regolare senza i mercenari filo-turchi); sia perché Mosca, Abu Dhabi e Cairo hanno dalla loro la possibilità di negare qualsiasi genere di coinvolgimento (come d’altronde fanno) visto che non è mai stato dichiarato, tanto meno è sotto insegne ufficiali (gli egiziani pare abbiano delle forze speciali, ma si muovono in forma clandestina come d’altronde altre unità sul terreno).

(Foto: contractor della Wagner)



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