Con una nota secca ma difficilmente fraintendibile, il presidente del Consiglio ha messo nero su bianco nel pomeriggio tutta la sua contrarietà all’iniziativa. Frasi che hanno raccolto una condivisione pressoché unanime nel mondo politico e istituzionale, dalla compagine governativa fino a tutto l’arco costituzionale dei partiti
Mario Draghi ha detto no. Il progetto della nuova avveniristica Superlega europea di calcio – a cui aderirebbero le italiane Juventus, Inter e Milan, oltre ad altre dodici squadre di Inghilterra e Spagna – non convince affatto il presidente del Consiglio, che oggi ha bocciato pubblicamente e senza appello l’idea. In maniera quasi un po’ irrituale, verrebbe da aggiungere, considerato che il premier finora si era di regola limitato a esternare le sue opinioni nel corso di interventi ufficiali e programmati, come nel caso delle conferenze stampa o di alcune uscite pubbliche debitamente organizzate.
Stavolta invece le cose sono andate diversamente, anche perché – com’è noto – il calcio in Italia e in Europa rappresenta una questione tutt’altro che secondaria. E così, con una nota secca ma certo inequivocabile, Draghi ha messo nero su bianco nel pomeriggio il suo giudizio negativo sull’iniziativa: “Il governo segue con attenzione il dibattito intorno al progetto della Superlega calcio e sostiene con determinazione le posizioni delle autorità calcistiche italiane ed europee per preservare le competizioni nazionali, i valori meritocratici e la funzione sociale dello sport”. Frasi che hanno raccolto una condivisione pressoché unanime nel mondo politico e istituzionale, dalla compagine governativa fino a tutto l’arco costituzionale dei partiti.
“Mai, nemmeno di fronte agli interessi economici, possono venire meno i principi del merito, della sana competizione, della solidarietà così come i valori educativi dello sport”, ha commentato ad esempio la sottosegretaria allo Sport Valentina Vezzali. Alle cui dichiarazioni hanno fatto seguito i commenti sulla stessa lunghezza d’onda di tutti i principali partiti italiani. A cominciare da Giuseppe Conte, ormai quasi nuovo leader politico dei cinquestelle, che in una diretta Facebook ha usato parole pienamente in linea con quelle del suo successore: “Chi oggi lavora per realizzare il progetto della Superlega e persegue una logica elitaria che prescinde dalla qualità del gioco, dal merito sportivo e dallo spirito di solidarietà, sappia che ci vedrà caparbiamente contro, come appassionati di calcio e come sportivi”.
E lo stesso hanno fatto anche gli altri leader. “Intervenga il governo, questa è una vicenda che può impoverire il Paese”, ha osservato il segretario Pd Enrico Letta. “Che il calcio abbia bisogno di riforme sì, non c’è dubbio, che ci siano procedimenti e stipendi fuori dal mondo sì ma non è questo il modo di cambiare, alzarsi e dire noi abbiamo i soldi e noi decidiamo, non mi piace”, gli ha fatto eco Matteo Salvini. Allineata pure l’opposizione, ormai rappresentata nel nostro Paese dalla sola Giorgia Meloni: “Che non esista più il calcio di una volta purtroppo è evidente, così come lo è il business che gira intorno a questa disciplina, ma almeno finora il merito sportivo era stato un punto di partenza, non un dettaglio. E non si distrugge il merito in nome dei profitti”.
Critiche che peraltro non costituiscono un’eccezione italiana. Ovunque si guardi – ai Paesi di provenienza delle squadre che aderirebbero alla Superlega, così come agli altri rimasti fuori anche per decisione dei principali club (è il caso ad esempio, per ora di Francia e Germania) – è tutto un furoreggiare di commenti negativi e talvolta sdegnati. Lo stesso dicasi per la Commissione europea, che ha espresso anch’essa parere negativo. Il portavoce Eric Mamer ha sottolineato che “gli sport e le competizioni dovrebbero essere organizzati in modo da garantire la partecipazione aperta dei club” e che si dovrebbe garantire a tutti “la possibilità di partecipare”. Lo stesso Mamer ha inoltre aggiunto che se la commissione sarà chiamata a valutare la proposta, lo farà dal punto di vista giuridico sulla base “del principio di concorrenza”.
Insomma, se i club separatisti decidessero di continuare sulla strada della scissione, non troverebbero di certo ampi consensi. Ma al contrario la netta contrarietà della politica e delle istituzioni dei vari Paesi coinvolti e gli strali di una parte molto ampia dell’opinione pubblica e dei tifosi. Una battaglia senza esclusioni di colpi che potrebbe portare già nelle prossime ore a decisioni clamorose, come l’esclusione immediata dalle coppe europee delle squadre coinvolte adombrata da Jesper Moller, membro dell’esecutivo Uefa e numero uno della Federcalcio danese.
La Superlega è il risultato della disperazione. Scrive Giuliani