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Perché Parigi si ferma anche in Repubblica Centrafricana

Parigi denuncia attività di propaganda contro le iniziative francesi in Mali e Repubblica centrafricana. Chiamata in causa la Russia, che cerca spazi in quell’area ampia dell’Africa per approfondire le fondamenta della presenza lungo il Mediterraneo allargato

Dopo il Mali la scorsa settimana (causa golpe nel golpe), in questa la Francia sospende anche la cooperazione con la Repubblica Centrafricana. Sebbene i due dossier siano differenti (anche dal punto di vista geopolitico: il primo nel Sahel, sfera d’influenza per Parigi, l’altro nell’Africa equatoriale) tra le ragioni della doppia scelta dell’Eliseo c’è un denominatore comune: campagne di disinformazione contro l’impegno francese.

Quella che da Bangui e Bamako viene mossa contro Parigi è un’offensiva sul teatro complesso dell’information warfare che potrebbe avere un coordinamento unico: la Russia. I francesi sono abbastanza convinti che – al di là dei fatti, ossia delle mosse metagolpiste dei colonnelli maliani – a dare input a centinaia di persone a scendere per le strade del Mali siano state anche campagne informative orchestrate dalla Russia.

Tant’è che chi protestava contro la presenza delle forze dell’Armée presenti sul territorio saheliano cantava anche slogan pro-Mosca e portava con sé bandiere tricolori della Federazione; magari una casualità, ma di certo non è la prima volta dato che sospetti su attività ibride russe (pensate per crearsi spazio scardinando i francesi e gli europei, più presenti nell’area) erano già stati tirati in ballo ai tempi del colpo di Stato dell’agosto 2020.

È un’attività molto coperta per ora, negata chiaramente dalla Russia. Più esplicita la situazione nel Centrafrica. Gli istruttori militari, soprattutto i contractor privati del Wagner Group (vettore di penetrazione africana del Cremlino a plausible deniability), stanno aiutando Bangui contro un’insurrezione e ormai hanno trasformato l’intervento in sfera di influenza. L’obiettivo, ormai raggiunto, è stato costruire fiducia tra i gruppi locali.

Attività che è stata parte della presenza storica francese nell’areale ampio che va dal Nordafrica fino all’Equatore e su cui adesso Parigi soffre – sofferenza legata anche a certe attività competitive di realtà come la Russia, e contro cui anche i francesi hanno cercato di attrezzarsi sul piano informativo (come scoperto a dicembre scorso da Facebook). Competizione, sebbene Mosca trovi in Francia tra i più ampi spiragli per l’apertura europea.

Questo genere di attività russe (ma anche turche) dimostrano la volontà di allungare la propria penetrazione in Africa, enorme area geostrategica del futuro. Questa penetrazione diventa fondamenta delle costruzioni più preziose, come la presenza nel Nordafrica mediterraneo, in Libia per esempio, anche in quel caso mossa in competizione con Parigi. Le operazioni di infowar sono componete attiva, perché creano il presupposto per consolidamenti all’interno dell’opinione pubblica.

È lì d’altronde che si gioca la possibilità o meno della permanenza. Se la Francia ha la forza della lingua (comune elemento ormai naturale di diversi paesi parte della potenza coloniale francese, la Russia gioca carte su cui già dai tempi dell’Unione Sovietica si era portata avanti (erano quelle conosciute come aktivniye meropriyatiya, le misure attive).

Quello che succede non può non interessare l’Italia. L’ex viceministra degli Esteri, Emanuela Del Re, commentando con Formiche.net la sua nuova nomina a Rappresentante speciale dell’Ue per il Sahel definiva l’area la vera frontiera europea; un’area in cui il ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha annunciato che l’Italia intende rafforzare la propria presenza durante una visita in Mali e Niger.

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