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Pechino si dice pronta a partecipare al Pnrr italiano. Ma gli Usa…

Le aziende cinesi sono “disposte a prendere parte attivamente” al Piano di rilancio nei settori della sostenibilità, del digitale e della sanità, annuncia il nuovo console a Milano. Poche settimane fa Blinken aveva messo in guardia l’Italia. Faro anche del Copasir 

Liu Kan, nuovo console cinese a Milano, ha dichiarato a MF-Milano Finanza che le aziende cinesi sono “disposte a prendere parte attivamente al Piano nazionale di rilancio dell’Italia, esplorando opportunità di cooperazione nei settori della sostenibilità, del digitale e della sanità, con la volontà di promuovere vantaggi reciproci e risultati win-win”. Settori critici sia per la loro rilevanza nel Piano, sia per la loro importanza nella transizione ecologica e digitale, sia per la mole di dati sensibili che contengono e che potrebbero riaccendere le preoccupazioni già emerse sul ruolo delle aziende cinesi – Huawei e Zte – nel 5G.

Parlando della ripresa, il console Kan ha parlato anche dell’opportunità di “sfruttare il potenziale di cooperazione nell’ambito della Belt and Road Initiative, portare avanti una comunicazione politica, collegamenti infrastrutturali, scambi commerciali fluidi, circolazione di fondi e interscambi a livello umano”. E sulla Via della Seta ha aggiunto: “Lo scorso anno Monte Titoli ha aderito al sistema di cooperazione interbancaria della Belt and Road Initiative avviato da Icbc. Dunque, crediamo che con lo sviluppo della cooperazione finanziaria promosso dalla One Belt One Road la Borsa di Milano otterrà risultati sempre più soddisfacenti nei confronti della Cina”.

Questo presunto win-win, cavallo di battaglia della diplomazia di Pechino per sostenere che gli investimenti cinesi portano benefici a entrambe le parti, è visto con sospetto da molti. Per esempio dal Copasir, che nelle sue recenti audizioni ha acceso un riflettore sull’utilizzo dei fondi del Pnrr (e sulla vicenda Alpi Aviation). E anche dagli Stati Uniti. Basti pensare che a fine giugno, nel corso della sua prima visita in Italia, il segretario di Stato americano Antony Blinken aveva dichiarato a Repubblica che “è molto importante che quando arrivano investimenti da altri Paesi si effettuino i controlli necessari sulla loro origine. Soprattutto tenendo presenti le esigenze della sicurezza nazionale, dell’Italia come di altri Paesi”.

A tal proposito, il console Kan ha dichiarato che per “un certo periodo di tempo” (leggasi: quando alla Casa Bianca c’era Donald Trump) “sono aumentati l’unilateralismo e il protezionismo e abbiamo assistito a diversi casi di abuso del concetto di protezione della sicurezza nazionale per impedire la normale crescita degli affari di alcune imprese”. Dalle parole del diplomatico sembra trapelare una piccola speranza che con Joe Biden le cose posano cambiare, anche se i primi messi della nuova amministrazione statunitense, indicano il contrario. “Nonostante le difficoltà, le imprese cinesi aderiscono ai principi che regolano il mercato internazionale, promuovendo un rapporto vantaggioso per tutte le parti e sostenendo l’importanza di un processo decisionale aziendale indipendente”, ha assicurato poi il console.

Alcune vicende, come quella sopracitata di Alpi Aviation, hanno alimentano nuove preoccupazioni sugli investimenti cinesi in Italia. Nel caso specifico, si tratta di un’azienda friulana produttrice di droni che è passata tre anni fa nelle mani di due società statuali cinesi con “modalità opache” secondo la Guardia di finanza. Second le Fiamme gialle l’operazione del 2018 sarebbe stata conclusa omettendo di informare preventivamente la presidenza del Consiglio dei ministri, violando quindi la normativa Golden power.

Nell’intervista a MF-Milano Finanza il console ha parlando anche di informazione. “Con il rapido sviluppo delle tecnologie dell’informazione, saranno sempre più in grado di trasmettere le posizioni e i punti di vista della Cina attraverso le sue immagini e le sue voci, presentando al pubblico occidentale, in maniera più amichevole e vivace, un’immagine di sviluppo pacifico e responsabile di questo grande Paese dalla cultura millenaria”, ha detto. “Auspichiamo che i media cinesi e italiani rafforzino la cooperazione in questo senso, contribuendo a consolidare il rapporto di amicizia”.

Non possono che tornare alla mente le settimane più complesse della pandemia in Italia, quando la propaganda cinese cercava di influenzare il dibattito (anche tramite bot, come rivelato da Formiche.net). In quella fase si era molto discusso della collaborazione tra l’agenzia italiana Ansa e quella ufficiale cinese Xinhua, siglata a margine della firma sul memorandum d’intesa sulla Via della Seta nel marzo del 2019. Lindsay Gorman, oggi consulente della Casa Bianca, allora esperta dell’Alliance for Securing Democracy del German Marshall Fund dichiarava a Formiche.net: “La partnership Ansa/Xinhua regala al Partito Comunista Cinese un megafono per influenzare la copertura sulla Cina in Italia”. Gorman sottolinea poi che “le democrazie si basano su informazioni accurate e indipendenti e su un discorso sano per funzionare. Autocrazie come Cina e Russia stanno sfruttando questa dipendenza per minare l’ambiente dell’informazione all’interno dei paesi democratici, rafforzare le proprie narrative e deviare le critiche sulle violazioni dei diritti universali”.

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