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Pronti alle elezioni di Roma. I fattori chiave e le possibili sorprese

Elezioni, Roma

39 liste, 22 aspiranti sindaci, 1.865 candidati solo all’Assemblea Capitolina. Benvenuti alle amministrative di Roma. Ma cosa succederà domani e lunedì alle urne? Lo abbiamo chiesto ad alcuni dei giornalisti più esperti di cose capitoline. Le opinioni di Stefano Costantini (Repubblica), Davide Desario (Leggo), Giuseppe Di Piazza (Corriere della Sera), Fabio Martini (La Stampa), Ernesto Menicucci (Il Messaggero) e Susanna Novelli (Il Tempo)

Il tempo delle parole e dei pronostici sta per finire. Domani e lunedì i romani saranno chiamati a scegliere chi dovrà guidare la città eterna per i prossimi cinque anni. Un voto carico di punti interrogativi e questioni ancora aperte: quale partito otterrà più voti? Quanti saranno i cittadini che effettivamente decideranno di recarsi ai seggi? Cosa faranno gli elettori delle aree periferiche e semi-periferiche della capitale? Domande che Formiche.net ha rivolto ad alcuni dei giornalisti più esperti di politica capitolina, per provare ad anticipare cosa avverrà alle urne e proiettarci già al ballottaggio in programma il 17 e il 18 ottobre.

Ecco che cosa ci hanno risposto il capo della cronaca di Roma di Repubblica Stefano Costantini, il direttore di Leggo Davide Desario, il capo della cronaca di Roma del Corriere della Sera Giuseppe Di Piazza, l’inviato della Stampa Fabio Martini, il capo della cronaca di Roma del Messaggero Ernesto Menicucci e il capo della cronaca di Roma del Tempo Susanna Novelli.

GLI ELETTORI DI CALENDA E RAGGI AL BALLOTTAGGIO PREMIERANNO GUALTIERI. PAROLA DI COSTANTINI 

“Fino a qualche mese fa il centrodestra a Roma era in netto vantaggio, mentre oggi appare in difficoltà”. Stefano Costantini non ha dubbi: a suo avviso, Enrico Michetti andrà al secondo turno insieme a Roberto Gualtieri, “ma a quel punto la situazione potrebbe virare radicalmente a favore di quest’ultimo. Molti degli elettori di Carlo Calenda e di Virginia Raggi al ballottaggio potrebbero optare per lui”. Impressione – ha affermato il capo della cronaca di Roma di Repubblica – confermata dai dubbi palesati da alcuni esponenti dello stesso centrodestra: “Lo dicono apertamente anche loro, come nel caso di Giancarlo Giorgetti“.

Secondo Costantini, quella di Calenda è stata la campagna elettorale migliore, mentre Gualtieri “è il più preparato dei candidati in lizza. In queste settimane non è stato trascinante, è vero, ma ha dato ancora una volta prova di affidabilità, capacità e competenza”. L’ex ministro dell’Economia – ha aggiunto ancora Sabatini – “ha inoltre indubbiamente beneficiato della campagna elettorale negativa di Michetti e in parte anche di Raggi”.

A proposito della sindaca uscente, il capo cronista di Repubblica ha sottolineato il miglioramento amministrativo intervenuto in questo quinquennio ma arrivato – ha concluso – “oggettivamente oltre tempo massimo. Dubito che la fregola elettorale degli ultimi mesi le consentirà di convincere gli elettori delusi o ancora incerti: dopo cinque anni di Campidoglio lascia una città fortemente peggiorata. E questo francamente non è accettabile”.

LA DISAFFEZIONE DEI ROMANI E QUELLA VISIONE DI CITTA’ CHE ANCORA MANCA. L’OPINIONE DI DESARIO

Opinione condivisa anche dal direttore di Leggo, Davide Desario, secondo il quale “il passaggio dal no alle Olimpiadi del 2024 alla candidatura a Expo 2030 è emblematico della crescita politica e strategica di Virginia Raggi“. Processo di maturazione, però, a suo avviso insufficiente: “In questi anni è come se avesse fatto uno stage da sindaco. Uno stage sulla pelle di Roma”.

Tuttavia il risultato che la sindaca uscente sarà in grado di ottenere non è affatto scontato da prevedere: “Non me la sento di dire che l’esito sia già scritto, a mio avviso lunedì pomeriggio potrebbe esserci qualche sorpresa. Soprattutto tra noi giornalisti il rischio bolla esiste, eccome”. Ma con quale testa i cittadini arrivano al voto? In questa fase di ripartenza della città, quali sentimenti politici sembrano prevalere? “Mi pare ci sia tanta disaffezione da parte dei romani, è come se si siano in qualche modo stancati anche solo di porsi il problema”.

Com’è in fondo naturale che sia, i temi elettoralmente più sensibili rimangono gli stessi: i trasporti, i rifiuti, le buche stradali, per citare i principali. Questioni certo importantissime – ha affermato Desario – “ma che in fondo rappresentano l’ordinaria amministrazione. Servirebbe qualcosa in più, una visione di città per il futuro dal punto di vista economico e del posizionamento internazionale”. Anche perché ormai è abbastanza chiaro: “In una metropoli globale come Roma è impossibile garantire i servizi fondamentali senza lavorare, al tempo stesso, a un disegno di lungo termine. Spero di sbagliarmi, ma ho paura che i cittadini e la politica romana abbiano in parte rinunciato a questa prospettiva”.

LA PERCEZIONE DEI CANDIDATI SARA’ FONDAMENTALE (ANCHE PIU’ DEL VOTO IDEOLOGICO). LA VERSIONE DI DI PIAZZA

E dire che di questa capacità di visione ci sarebbe enormemente bisogno, anche per riuscire a dare una direzione e una forma al governo di Roma. “Una sfida complicatissima, a maggior ragione perché nella capitale è come se ci fossero più città in una”, ha spiegato a Formiche.net il capo della cronaca di Roma del Corriere della Sera Giuseppe Di Piazza.

“C’è la città evidente del patrimonio artistico, monumentale e storico. C’è la città degli affari, certo non paragonabile a Milano, ma che comunque esiste ed è importantissima: il Lazio, non dimentichiamocelo, è una delle grandi regioni italiane per prodotto interno lordo. Anche Roma nel suo caos produce tantissimo: occorre dare ascolto a chi chiede di poterlo fare meglio e attraverso servizi più efficienti”. Ma non solo, ha sottolineato ancora Di Piazza: “C’è anche la creatività: a parte moda e design, la città eterna è la capitale del cinema, delle produzioni televisive, dell’arte, del teatro, della musica. Un intero mondo che in questi anni non ha avuto alcun supporto e che ora chiede attenzione”. Senza dimenticare, ovviamente, “la città di chi soffre, delle aree di disagio” e quella “delle istituzioni, dal punto di vista nazionale ma anche globale, con il Vaticano, le ambasciate e le organizzazioni internazionali”. Questa, secondo Di Piazza, è la grande sfida: “Il sindaco di Roma deve governare tutti questi mondi, che insieme costituiscono la capitale d’Italia”.

Anche se poi – ha ragionato il capo cronista del Corriere – saranno soprattutto le tematiche di carattere locale a orientare le scelte dei romani: “Ciascuno di noi sa esattamente cosa vorrebbe da Roma, come gli piacerebbe che cambiasse e su quali aspetti in particolare”. E per questo – ha concluso – “credo conterà moltissimo il ruolo dei candidati e la loro percezione da parte dell’opinione pubblica. Certamente esiste una quota di voto di appartenenza, ma non penso sia preponderante”.

I POTERI DISTRATTI, L’ENIGMA DELLE PERIFERIE. LA CAMPAGNA ELETTORALE ROMANA SECONDO MARTINI

Considerazione che si somma ai punti interrogativi legati all’andamento del voto nelle aree semi-periferiche e periferiche della città dove appare certo che Virginia Raggi riuscirà a ottenere consensi comunque ampi. “Le sue percentuali in quelle zone della città potrebbero addirittura essere superiori ai voti complessivi che il primo classificato riuscirà a prendere a livello comunale”, ha osservato con Formiche.net l’inviato della Stampa Fabio Martini (qui una sua precedente intervista al nostro giornale), autore del recente saggio dal titolo “Nathan e l’invenzione di Roma. Il sindaco che cambiò la Città eterna” edito da Marsilio. Una delle grandi incognite di questa tornata elettorale romana – ha continuato il giornalista – è rappresentata appunto dalla tenuta del voto di protesta a favore di Raggi: “Se riuscirà a superare il 20% dei voti, a fronte di un consuntivo di fine mandato certo non eccezionale, si tratterà di un fatto assolutamente significativo”.

L’altra variabile, invece, si chiama Carlo Calenda. Riuscirà ad andare oltre i quartieri centrali della città dove è noto che sia già abbastanza radicato? “Di sicuro possiamo dire che con la sola forza di un partito quotato a livello nazionale tra il 2 e il 3%, è già riuscito a conquistare un set di opinione pubblica non trascurabile. Questo curiosissimo e irrituale endorsement di Giorgetti può ora consentirgli di crescere ancora. Arrivare terzo per lui sarebbe davvero un notevole successo e la prenotazione della leadership di un’area di centro che al momento è in cerca d’autore”.

Infine un’ultima annotazione, in grado di incidere in questa campagna elettorale in fondo abbastanza diversa dalle altre. Molto vivace fino alla scelta dei candidati sindaco e poi un po’ soporifera nella parte conclusiva. “I poteri della città hanno seguito in modo abbastanza distratto e disimpegnato la vicenda elettorale. Mi riferisco alla chiesa, al mondo dell’impresa edile e del commercio, al sindacato del pubblico impiego: tutte forze che nel corso degli anni e dei decenni avevano intermediato moltissimo ma che invece in questa tornata sono state quasi del tutto assenti”. Un’altra variabile da considerare.

EFFETTO MELONI E LENZUOLO ELETTORALE. MENICUCCI SPIEGA I FATTORI CHIAVE DA CONSIDERARE

Affluenza, scheda elettorale vastissima, performance dei partiti e di Giorgia Meloni in particolare. Secondo il capo della cronaca di Roma del Messaggero, Ernesto Menicucci, sono questi i fattori chiave da considerare per provare a capire come si orienteranno i romani: “Partiamo dalla partecipazione al voto: se fosse bassa, se ne avvantaggerebbero i partiti tradizionali con le loro classiche filiere del consenso legate soprattutto alle liste e ai candidati. Se al contrario fosse alta, un ruolo fondamentale lo giocherebbe il voto di opinione, con eventuali benefici per Raggi e Calenda”.

E questo è il primo fattore, ma appunto ce ne sono degli altri: “I simboli dei partiti, ad esempio, potrebbero fare la differenza, soprattutto su una scheda elettorale così vasta, un vero e proprio lenzuolo con 22 candidati sindaci e 39 liste: è possibilissimo che l’elettore medio alla fine vada a votare ciò che conosce meglio. Ovvero i partiti, con i loro simboli e i loro colori”.

Una tendenza che, a cascata, potrebbe favorire le forze politiche più radicate in città, a partire da Fratelli d’Italia, il cui risultato – ad avviso di Menicucci – sarà fondamentale per determinare non solo i risultati elettorali di Enrico Michetti, ma più in generale l’esito di questo turno: “Se Meloni dovesse sfondare, che vuol dire arrivare tra il 22 e il 25%, il candidato di centrodestra inevitabilmente arriverebbe abbastanza alto”. Anche perché il voto disgiunto, in pratica, esiste solo in una percentuale minima. “In genere vale tra l’1 e il 2% al massimo per ogni coalizione”, ha ricordato il capo cronista del Messaggero, secondo il quale è logico attendersi che Michetti possa arrivare in prossimità del 35% nel caso in cui Fratelli d’Italia dovesse avvicinarsi al 25: “Potrebbe rappresentare il famoso cigno nero dei politologi, il risultato che non ti aspetti che contribuisce a cambiare, almeno, in parte il responso delle urne”.

Possibilità ovviamente e non certezze, che però la dicono lunga su quante siano le possibili sorprese all’orizzonte: “Alla fine credo che dopo il voto ci saranno due vincitori: quello reale ovviamente e poi quello morale. Questo secondo premio penso sarà assegnato a Calenda come successe con Alfio Marchini nel 2013 e Meloni nel 2016: al di là dei giudizi politici, mi pare abbia fatto la campagna elettorale migliore, più lunga e in profondità”.

IL VOTO DI LISTA (E DEI MUNICIPI) SARA’ DECISIVO. LE VARIABILI DEL VOTO ANALIZZATE DA NOVELLI

“Una campagna elettorale non entusiasmante, per usare un eufemismo”. Secondo Susanna Novelli, che guida la cronaca di Roma del Tempo, non si può che partire da questa considerazione per provare a inquadrare i principali temi politici in gioco in queste elezioni capitoline: “Tra i cittadini c’è molta stanchezza. La pandemia ha dato un colpo pesantissimo a una città già stremata da oltre dieci anni di politica cittadina davvero deludente tra incapacità amministrative e scandali. Direi dalla seconda parte della consiliatura di Gianni Alemanno, passando per Ignazio Marino, fino Raggi”. E inoltre – ha continuato Novelli – “la scelta dei candidati da parte dei due schieramenti principali non è stata granché felice: non sono minimamente riusciti ad attirare la curiosità e l’interesse dei romani”.

Anche se poi – ha pronosticato la stessa giornalista – saranno proprio loro a incassare i consensi più rilevanti: “Credo che l’esito del primo turno sia pressoché scritto con Gualtieri e Michetti al ballottaggio. Più che altro per il peso delle liste che tireranno moltissimo i candidati, soprattutto nel centrodestra”. Così come il voto nei municipi: “Alle amministrative è anche e soprattutto qui che si vince. Non è un caso che i sindaci eletti abbiano sempre ottenuto la maggioranza dei municipi: Marino fece filotto, Raggi ne vinse 13 su 15, Alemanno, che si impose al fotofinish, 10 su 19, mentre Veltroni nel 2006 trionfò in 18 su 19” (il numero dei municipi romani è stato ridotto da 19 a 15 solo nel 2013, ndr). Considerazione valida a maggior ragione in una tornata elettorale, come questa, “priva di un candidato chiaramente favorito, capace per certo di sparigliare”.

E le possibili sorprese? “Non credo, come dicevo ci possano essere tanto sul ballottaggio, quanto invece sul terzo e quarto posto”. Ossia Calenda potrebbe puntare al terzo gradino del podio: “E’ vero che Raggi mantiene un suo elettorato duro e puro, però va anche considerato come gli stessi cinquestelle siano divisi sul suo nome. In Assemblea Capitolina ha praticamente chiuso il quinquennio in minoranza mentre ad esempio il gruppo di Roberta Lombardi è noto che non la sostenga”.

Non ci resta davvero che aspettare l’apertura delle urne lunedì pomeriggio.

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