Con questa provocazione contro Cipro e Grecia Ankara potrebbe voler aumentare le tensioni, in vista del bilaterale con Biden in programma a fine mese a Roma, a margine del G20
Torna a farsi tesa la situazione nel Mediterraneo orientale alla voce gas: la Turchia, come annunciato, avvia nuove esplorazioni in un fazzoletto di acque contese. Scortata da navi da guerra, la nave turca Oruc Reis ha iniziato a posare i cavi dove non potrebbe farlo. Si trova da ieri nella regione illegale del Navtex turco per procedere alle indagini annunciate dalla Turchia a caccia di gas. Il Navtex in questione comprende, oltre alla piattaforma continentale turca, parte della Zona economica esclusiva cipriota nel nord dell’isola. Quindi è di fatto illegale.
ORUC
Ankara ha occupato l’area fino a metà dicembre (16/12), ma dovrebbe partire prima, poiché Exxon Mobil ha pianificato la trivellazione nella zona 10 della Zee di Cipro all’inizio di dicembre, a seguito di un accordo raggiunto con il governo di Nicosia. Per cui c’è il rischio da un lato di fortissime tensioni fisiche in acqua e dall’altro di ulteriori ritardi diplomatici. Tra due giorni il ministro degli Esteri greco, Nikos Dendias sarà ricevuto dal Segretario di Stato americano Antony Blinken a Washington e discuterà della questione.
QUI ATENE
Secondo fonti diplomatiche la Turchia non è intenzionata davvero a contrastare l’attività di Exxon, per ovvie ragioni pratiche e diplomatiche. Ma non sarebbe forse neanche in grado di farlo visto il precedente del febbraio 2018 quando, dopo lo stop imposto forzatamente da Ankara alla nave Saipem 12000 dell’Eni, le navi Usa vennero poi scortate dalla Sesta Flotta, tanto per far intendere a Erdogan le reali forze in campo e l’opportunità di una mossa del genere.
Inoltre Atene teme che il presidente turco, tramite questa postura, possa voler provare ad aumentare le tensioni, in vista del bilaterale con Biden in programma a fine mese a Roma, a margine del G20. Sul tavolo ci sono anche i riverberi turchi dell’accordo militare appena siglato tra Francia e Grecia, che porterà nell’Egeo non solo 24 caccia Rafale ma anche due fregate Bellharra e due Corvette, modificando conseguentemente le forze in “campo”.
Due gli scenari su cui il Ministero della Difesa greco ragiona: il primo, più rischioso, comprende la possibilità che la Turchia posizioni una piattaforma di perforazione galleggiante nelle aree in cui l’Oruç Reis era solita condurre solo sondaggi. La possibilità di un episodio caldo sarebbe alta. Il secondo, di carattere ordinario, prevede l’harakiri della Oruc protagonista di una sorta di ping pong tra le zone contese e le acque internazionali a mò di provocazione.
QUI ANKARA
Inoltre con l’installazione delle torri ottiche SGRS, i turchi non vogliono lasciare incustodito un solo pollice nell’Egeo. Si tratta di sistemi “Coast Guard Radar” (SGRS) per monitorare il Mar Egeo e il Mar di Marmara. Il controllo sarà assicurato “in ogni centimetro della patria blu contro l’atteggiamento mal concepito della Grecia e l’aumento del traffico di migranti”, ha detto il portavoce di Erdogan al quotidiano Yeni Safak. Al momento sono state installate 13 torri su 35 in grado di rilevare da 12 miglia nautiche di giorno ed effettuare diagnosi da 8 miglia nautiche.
In questo modo Erdogan tramite il progetto SGRS, che comprende radar, telecamera elettro-ottica e software, punta a raggiungere il massimo tasso di copertura nelle aree di giurisdizione marittima della Turchia, che ha una costa di 8.484 km e ad ampliare la sua strategia nell’intero Mediterraneo (Libia inclusa).
Il ministro degli Esteri Çavuşoğlu ha annunciato che la Turchia potrebbe essere dichiarata Zona Economica Esclusiva (ZEE) nel Mediterraneo. Per cui, è il suo messaggio, nessun pescatore di nessun paese dovrebbe entrare nella regione in cui si trova la piattaforma continentale. Ha inoltre attaccato la Grecia, rea a suo dire di “violare la nostra piattaforma continentale”. Çavuşoğlu ha aggiunto: “Dichiarare una piattaforma continentale è sufficiente per tutelare le ricchezze sottomarine, in particolare le ricchezze di idrocarburi. Abbiamo dichiarato la nostra piattaforma continentale, l’abbiamo registrata presso l’ONU e la proteggiamo”.
QUI WASHINGTON
Come è noto, Washington in questo momento è proiettata su due dossier sopra tutti gli altri: Cina e gas. Per cui se da un lato tutti gli altri temi vengono al secondo posto, è pur vero che le conseguenze che impatteranno sul dossier energetico dalle tensioni nel Mediterraneo orientale dovranno essere seguite con attenzione. Sul punto ad Atene si sta verificando un cambio di leadership non da poco: dopo cinque anni e due rinvii, esce di scena l’ambasciatore americano in Grecia, quel Jeoffrey Pyatt regista assoluto del ritorno della Grecia nell’alveo delle alleanze euroatlantiche.
A lui si deve il lavorìo sotterraneo per portare in Grecia players industriali a stelle e strisce primari, per potenziare (e privatizzare) il porto di Alexandroupolis, dopo che Pireo è finito alla Cina e Salonicco all’oligarca ellino-russo Ivan Savvidis. A lui si deve il cambio di passo nel dossier energetico, che conosce molto bene essendo stato in precedenza di stanza a Kiev proprio in concomitanza con la crisi in Crimea.
Al suo posto Biden ha scelto il magnate alberghiero George Tsounis, ellino-americano molto vicino ai democratici (attivo nella campagne presidenziali pro Obama e Biden) e fondatore della catena Chartwell Hotels, che ha nel suo portafoglio Hilton, Marriott e Intercontinental in Pennsylvania, New York, New Hampshire e Rhode Island.
@FDepalo