Intervista al senatore del Partito democratico e presidente della commissione Affari costituzionali, Dario Parrini: “Dobbiamo portare a termine la lotta alla pandemia e sostenere l’economia minacciata dal virus e dal ritorno dell’inflazione: scaricare sul governo del Paese i problemi e le contraddizioni dei partiti sarebbe imperdonabile”. Sì al proporzionale
Ormai ci siamo quasi, ancora poche ore e Sergio Mattarella varcherà le soglie di Montecitorio per giurare in qualità di nuovo Presidente della Repubblica. Il dodicesimo nella storia d’Italia, il secondo consecutivo a essere rieletto al Quirinale dopo Giorgio Napolitano nel 2013.
“Un esemplare servitore delle istituzioni: un uomo che sa quali sono i suoi doveri e come assolverli con equilibrio e determinazione”, ha commentato in questa intervista rilasciata a Formiche.net il senatore del Partito democratico e presidente della commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama Dario Parrini.
Secondo l’esponente dem, occorre adesso “grande senso di responsabilità” da parte delle forze politiche di maggioranza chiamate a incoraggiare e favorire l’azione dell’esecutivo guidato da Mario Draghi. “In una situazione come questa scaricare sul governo del Paese i propri problemi e le proprie contraddizioni sarebbe imperdonabile”, ha affermato ancora Parrini.
Dal M5s al centrodestra, la rielezione di Sergio Mattarella ha scosso il quadro politico. È giusto dire che, almeno a quanto appare, il Pd è in pratica l’unico grande partito di maggioranza a non aver subito ripercussioni?
Il Pd esce bene dall’elezione presidenziale non solo perché fin dal principio ha detto che la rielezione di Mattarella rappresentava l’obiettivo massimo, ma anche perché ha enunciato un buon metodo e vi è rimasto coerente dall’inizio alla fine delle votazioni. Siamo stati intellettualmente onesti e alieni da ogni prepotenza.
Detta in gergo calcistico, Parrini, avete giocato di rimessa?
Abbiamo detto: il nostro partito ha appena il 15% dei grandi elettori e nessun fronte è autosufficiente per eleggere il Presidente della Repubblica. Nessun polo ha da solo la possibilità di arrivare a 505 voti. Le spallate non servono a nulla. La messa in pista di candidati unilaterali non porta da nessuna parte. Pertanto è necessario individuare in maniera condivisa un candidato che tenga insieme la maggioranza.
Una logica che però ha faticato a farsi strada. O no?
Altri partiti, in primo luogo la Lega, hanno scelto la strada opposta e si sono arresi all’evidenza solo dopo una serie di fughe in avanti fallimentari. Si sono fatti molto male. Questo metodo costituisce anche una vittoria del senso del limite e della realtà. E ha portato all’elezione del miglior garante possibile dell’unità nazionale. C’è da esserne soddisfatti, direi.
Teme che queste tensioni all’interno dei partiti e tra le forze politiche possano ora limitare o minare l’azione del governo guidato da Mario Draghi?
Non credo che succederà: se accadesse, vorrebbe dire che l’elezione presidenziale non ha insegnato nulla. Io penso che chi è chiamato a far tesoro delle lezioni offerte dagli avvenimenti dell’ultima settimana non potrà sottrarsi a questo dovere.
Cosa occorre a questo punto per far sì che i partiti di maggioranza collaborino per sostenere l’azione di governo in modo che la campagna elettorale non inizi in pratica con un anno di anticipo?
Serve in tutti un grande senso di responsabilità. E la consapevolezza che l’elettorato sarà inflessibile, quando tra poco più di un anno si terranno le elezioni politiche, nel punire i comportamenti distruttivi e nel premiare quelli costruttivi. Dobbiamo portare a termine la lotta alla pandemia e sostenere l’economia minacciata dal virus e dal ritorno dell’inflazione. In una situazione come questa scaricare sul governo del Paese i propri problemi e le proprie contraddizioni sarebbe imperdonabile.
Come incide sulle prospettive del centrosinistra in vista del 2023 quanto è avvenuto negli ultimi giorni? Il Pd sembra essersi riavvicinato a Matteo Renzi mentre con i cinquestelle non sono mancate le incomprensioni.
Diventa sempre più evidente la necessità di instaurare relazioni equilibrate e feconde con tutti i soggetti del centrosinistra, nessuno escluso. Senza opportunismi e particolarismi.
In questo senso destano preoccupazione dal punto di vista del Pd le forti tensioni che stanno attraversando ì cinquestelle? E il rinnovato feeling tra Giuseppe Conte e Matteo Salvini?
Non credo ci sia un nuovo feeling tra Conte e Salvini: per il M5s sarebbe un suicidio. E non penso che all’interno dei pentastellati ci siano propositi autolesionistici. Non è mio costume occuparmi delle tensioni che attraversano gli altri partiti, specie se sono degli alleati di governo. Senz’altro mi auguro che nel M5s torni presto un clima di concordia, e che la svolta nel senso dell’europeismo e della responsabilità nazionale intrapresa a partire dal 2019 compia ulteriori progressi. Questo è un interesse del Paese, oltre che del movimento stesso.
Parrini, insieme a Luigi Zanda aveva presentato prima di Natale un ddl costituzionale per sancire la non rieleggibilità del presidente della Repubblica che molti avevano interpretato come il tentativo di aprire a un bis di Sergio Mattarella. Alla fine avete avuto ragione?
Guardi, su quel disegno di legge ho letto troppi commenti fuorvianti e strumentali. Lo abbiamo presentato nello scorso dicembre. Trattandosi di una riforma costituzionale, sottoposta all’iter previsto dall’articolo 138 della nostra Carta, è un progetto che richiede un tempo molto lungo per entrare in vigore. Era noto in partenza che le sue disposizioni non potevano riguardare l’elezione presidenziale del 2022. Quel ddl si limita a tradurre nero su bianco, in termini propositivi, un’idea sulla rieleggibilità del Presidente della Repubblica e sul semestre bianco autorevolmente espressa dallo stesso Sergio Mattarella nell’ultimo anno e ben prima da suoi autorevoli predecessori come Antonio Segni e Giovanni Leone, peraltro da lui citati nei suoi interventi.
Dunque non costituiva il tentativo di spingere a favore della rielezione?
Si tratta di una proposta con una valenza strutturale e a lungo termine. Chi ha voluto vederci collegamenti tattici con le imminenti votazioni per il Presidente della Repubblica ha commesso un errore. Non l’abbiamo presentata né per favorire la rielezione di Mattarella, né per trasmettere il messaggio che la si doveva evitare. Quest’ultimo punto è talmente vero che ho pienamente condiviso le parole del segretario del Pd Enrico Letta quando, nell’intervista con Fabio Fazio del 23 gennaio scorso, ha detto che nelle condizioni date il bis di Mattarella sarebbe stato il massimo. E ho provato una vera gioia quando la rielezione si è concretizzata sabato scorso dopo una serie di inequivocabili segnali mandati dai grandi elettori negli scrutini precedenti.
Crede che quel disegno di legge ora possa essere riproposto ed essere approvato? Oppure la questione è da considerarsi un po’ superata?
Ripeto: è un disegno di legge con una valenza strutturale e a lungo termine. Non c’è fretta. C’è tempo in abbondanza per confrontarsi serenamente con tutti e decidere senza fughe in avanti come eventualmente portarlo avanti.
Sotto questo profilo cosa si aspetta che possa dire domani Mattarella nel corso del suo discorso di re-insediamento?
Ciò di cui sono sicuro è che tutte le parole che Mattarella dirà domani, su qualsiasi argomento, dovranno essere profondamente e opportunamente meditate dal Parlamento e da tutto il Paese. Mattarella ha dimostrato un grande senso di responsabilità e di essere un esemplare servitore delle istituzioni. Un uomo che sa quali sono i suoi doveri e come assolverli con equilibrio e determinazione. È assai stimato e amato dagli italiani anche e soprattutto per questo.
Ultimissima sulla legge elettorale: il Pd si farà promotore di un’iniziativa politica a favore del proporzionale?
In materia di legge elettorale credo sia ragionevole attendersi che la Direzione Nazionale del Pd svolga presto una discussione formalizzando la posizione di metodo e di merito del partito. La mia opinione personale è che un sistema proporzionale, purché combinato con un’elevata soglia di sbarramento e con meccanismi che diano più potere agli elettori nella selezione degli eletti, rappresenti oggi, nel complesso contesto politico italiano, il miglior punto di equilibrio possibile tra rappresentatività e governabilità.
Bisogna dunque superare, a suo avviso, l’attuale sistema?
Di sicuro, la legge elettorale vigente ha messo in evidenza storture gravi, che debbono essere eliminate. Come presidente della commissione Affari costituzionali del Senato auspico che le forze politiche e i loro gruppi parlamentari si occupino in tempi celeri di questo tema, individuando soluzioni avanzate e condivise a livello di maggioranza di governo. Ce la possiamo fare. E non basterà discutere di legge elettorale. Altri fronti sui quali sono urgenti riflessioni e decisioni coraggiose e tempestive sono quello dei regolamenti parlamentari e delle riforme costituzionali capaci di rafforzare la stabilità degli esecutivi nonché la centralità e la funzionalità del Parlamento.