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Entro 48 ore Putin potrebbe spingersi oltre i confini del Donbas

Mosca dice di riconoscere l’indipendenza di un territorio che non è completamente controllato dai separatisti russi, e questo fa pensare alla possibilità che il Cremlino possa dare ordine di muoversi oltre le posizioni attuali. Putin andrà oltre i confini del Donbas?

Intervenendo a un Live Talk organizzato da Formiche.net, Nona Mikhelidze, analista dell’Istituto Affari Internazionali, ha spiegato che uno degli elementi critici nell’attuale crisi innescata dalla Russia attorno i confini ucraini riguarda i confini delle autoproclamate repubbliche separatiste di Dontesk e Luhansk. La mossa con cui Vladimir Putin ha riconosciuto l’indipendenza dei due territori del Donbas ucraino si porta dietro una complicazione: i separatisti russi controllano attualmente una percentuale di territorio inferiore al 40 per cento rispetto a quello che le due costituzioni d’autoproclamazione individuano, ma Mosca dice che il perimetro di riconoscimento riguarda ciò che è scritto sulla carta.

E dunque, chiede Mikhelidze, la Russia si fermerà alla linea di contatto con le forze governative, oppure ha intenzione di allargare l’operazione che definisce di peacekeeping anche a quelle aree? Sarebbe scontro, perché è molto difficile che gli ucraini decidano di ritirarsi. In zona ci sono migliaia di soldati ucraini che da anni presidiano la linea di contatto, e a sud delle due repubbliche autoproclamate c’è Mariupol, un importante porto ucraino sul Mar d’Azov (l’angolo nordorientale del Mar Nero). “Fin dove arriverà Putin? Si spingerà fino a Mariupol?” si è chiesta l’analista dello Iai.

Negli anni della guerra tra il 2014 e il 2015 la città è stata uno dei grandi snodi della contesa: i separatisti russi volevano conquistarla e lo slancio è stato bloccato soltanto davanti alle sanzioni occidentali. Ora le sanzioni tornano a essere un elemento centrale: i funzionari occidentali fanno sapere ai media che quelle diffuse in queste ore sono solo l’inizio, e che se Putin andrà avanti potrebbero essere ampliate al punto da porre la Russia sotto isolamento economico-commerciale.

Un funzionario americano ha detto al Financial Times – il cui Editorial Board ha preso una posizione dura, chiedendo all’Occidente di “mostrare grande risolutezza contro l’aggressione russa” – che Washington stava tenendo in considerazione altre misure, come prendere di mira le grandi banche russe tra cui Sberbank e VTB e imporre controlli sulle esportazioni. L’amministrazione Biden sta anche mantenendo viva l’opzione di tagliare la Russia fuori da Swift, la rete internazionale di pagamenti finanziari, mentre l’Unione europea, dopo quelle che hanno colpito i membri della Duma, ha deciso di emanare misure contro il ministro della Difesa russo, Sergei Shoighu, il capo di gabinetto di Putin, Anton Vaino, la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, direttrice del network propagandistico RT, Margarita Simonyan, e il deus ex machina della società della guerra privata Wagner Group, Yvegeni Prigozhin. Tutti papaveri dell’inner circle di Putin.

Va anche detto tuttavia che l’amministrazione di Barack Obama e l’Unione europea hanno già messo Mosca sotto una serie di sanzioni che durano dal 2014 (ai tempi dell’annessione della Crimea e dell’inizio del conflitto nel Donbas) con la speranza che tali misure avrebbero imposto dei costi e che alla fine avrebbero convinto Mosca a cambiare il proprio comportamento. Questo non è mai successo. Antony Blinken, segretario di Stato americano, martedì ha detto che le nuove sanzioni sono andate “ben oltre” quelle emanate in passato, sfidando le critiche secondo cui l’Occidente ha sottovalutato Putin.

“Putin ha perso in termini di ciò che voleva ottenere, di ciò su cui stava scommettendo”, ha detto al quotidiano inglese Ingrida Simonyte, primo ministro della Lituania: “Oggi vediamo un’incredibile unità non solo all’interno delle democrazie occidentali […] ma anche con l’Ucraina”. Simonyte ha detto che non tutte le opzioni dovrebbero essere scatenate a questo punto, ma ha sottolineato che “un chiaro messaggio che questo è solo l’inizio è stato inviato a Putin”. Oggi il presidente lituano è a Kiev con il collega polacco per portare solidarietà all’Ucraina. Come emerso nel Live Talk di Formiche.net questi Paesi temono che possano essere i prossimi, sentono il peso della narrazione putiniana sui russi che vivono all’interno del loro territorio, vedono certe dinamiche mettere a rischio i confini della sicurezza (est) europea per come la conoscono (e conosciamo).
Durante il dibattito, sia Mickhelidze che Giovanni Savino dell’Accademia presidenziale russa di Mosca hanno valutato come lo scenario sulle future evoluzioni del dossier dipenderà molto dalla reazione occidentale. Ossia se questa sarà in grado di mettere in difficoltà, dunque fermare, Putin. Secondo Savino il rischio è che la situazione sia posizionata su un piano inclinato, e dunque che potrebbe scivolare verso un’ulteriore escalation, anche perché attraverso queste azioni nel Donbas, il presidente russo sta preparando anche la sua campagna elettorale per le prossime elezioni del 2024.

La tensione è altissima: le immagini dei diplomatici russi che lasciano l’ambasciata di Kiev non fanno presupporre niente di buono, così come degli elicotteri da attacco KA-52 Alligator piazzati a 35 chilometri dal confine ucraino, lungo i bordi dell’autostrada di collegamento con la Bielorussia, o ancora la serie di elementi logistici (come gli ospedali da campo) addossati ai confini mostrati da nuove immagini della Maxar. Situazioni che fanno presupporre un possibile attacco in quanto elementi necessari per la gestione dello stesso. A Kiev il governo si avvia verso una coscrizione obbligatoria, mentre anticipa ai propri cittadini l’imposizione delle legge marziale se dovesse esserci un’invasione.

Da Washington la Casa Bianca sostiene che nei piani di Putin potrebbe esserci un attacco diretto contro la capitale ucraina e bombardamenti su obiettivi strategici – un’operazione bloody nose che dovrebbe stordire la Difesa ucraina. Il governo statunitense ha avvertito l’Ucraina che Mosca sta preparando una invasione su larga scala del Paese e potrebbe partire nel giro delle prossime 48 ore. Mentre gli aerei da ricognizione della Nato perlustrano il confine ucraino per ottenere informazioni (anche captare comunicazioni che possano essere importanti per comprendere le prossime mosse del presidente russo), Londra ha annunciato l’invio di nuovi armi offensive per aiutare le forze armate di Kiev – che nel frattempo ha subito l’ennesimo attacco cibernetico contro banche e siti governativi.

Il segretario di Stato Blinken e il ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian, hanno deciso ieri di annullare gli incontri con il loro omologo russo, Sergei Lavrov, dopo l’acuirsi della crisi ucraina. Blinken avrebbe dovuto vederlo domani a Ginevra, mentre l’incontro con Le Drian era previsto per venerdì 25 febbraio. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio oggi intervenendo in Parlamento ha fatto sapere, riferendosi all’incontro in preparazione tra il premier Mario Draghi e il presidente russo Putin, che non sarà possibile “finché non ci saranno segnali di allentamento della tensione”.



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