Washington e Londra non hanno dubbi: il Cremlino ha sbagliato le valutazioni sulla guerra perché i funzionari hanno temuto di dire la verità al leader. Intanto, a dimostrazione di una ritrovata sintonia tra le agenzie occidentali, salta il capo dell’intelligence militare francese: pesa la gestione del dossier con la sottovalutazione dell’ipotesi invasione
Possiamo facilmente immaginare quanto sia difficile per un alto funzionario portare cattive notizie al suo presidente. Figuriamoci in un Paese autocratico come la Russia. E figuriamoci se le brutte notizie riguardando l’andamento di una guerra studiata per anni dallo stesso leader per rilanciare le mire imperialistiche. Così il funzionario si trova davanti a un bivio: raccontare la cruda realtà rischiando il posto o negare le difficoltà per compiacere il leader?
Sembra che sulla guerra in Ucraina i consiglieri di Vladimir Putin abbiano optato per la seconda soluzione. Ne sono convinte le intelligence di Stati Uniti e Regno Unito che, continuando con la loro strategia iper-comunicativa, hanno deciso di declassificare alcuni informazioni.
“Crediamo che Putin sia stato malinformato dai suoi consiglieri su quanto male si stia comportando l’esercito russo e su come l’economia russa sia stata paralizzata dalle sanzioni, perché i suoi consiglieri più importanti hanno troppa paura di dirgli la verità”, ha dichiarato Kate Bedingfield, a capo delle comunicazioni della Casa Bianca, in un punto con la stampa. È “sempre più chiaro” che la guerra era stata un “errore strategico” che lo avrebbe lasciato più debole nel lungo termine. Parole simili a quelle pronunciate da John Kirby, il portavoce del Pentagono.
Anche Jeremy Fleming, direttore del Government Communications Headquarters, cioè l’agenzia di signals intelligence britannica, ha definito la decisione di Putin di invadere l’Ucraina un immenso errore di calcolo dovuto anche al fatto di aver “sopravvalutato” la capacità dell’esercito russo. “Sembra sempre più che Putin abbia giudicato la situazione in modo grossolanamente errato”, ha detto durante un discorso alla Australian National University. “È chiaro che ha calcolato male la resistenza del popolo ucraino. Ha sottovalutato la forza della coalizione che le sue azioni avrebbero generato. Ha sottovalutato le conseguenze economiche del regime di sanzioni. Ha sopravvalutato le capacità dei suoi militari di assicurare una vittoria rapida”, ha aggiunto rivelando che molti soldati russi, “a corto di armi e morale”, hanno rifiutato di “eseguire gli ordini”, hanno sabotato “il proprio equipaggiamento e persino abbattuto accidentalmente i propri aerei”.
Anche sui consiglieri di Putin l’analisi britannica coincide con quella statunitense: Fleming ha spiegato che l’intelligence del Regno Unito crede che “abbiano paura di dirgli la verità, quello che sta succedendo e la portata di questi errori di valutazione deve essere chiarissima al regime”. E ancora: “Abbiamo visto Putin mentire al suo stesso popolo nel tentativo di nascondere l’incompetenza militare”. L’ammiraglio Sir Tony Radakin, capo dell’esercito britannico, ha rincarato la dose: Putin “ha permesso a sé stesso di essere ingannato” riguardo alla sua forza e a quella dei militari russi e oggi è “una figura più debole e ridimensionata rispetto a un mese fa”, ha detto durante un evento dell’Institute for Government. La Nato, invece, “è più forte e più unita”, ha aggiunto.
Come evidenziato anche da alcuni passaggi del discorso di Fleming, le intelligence di Regno Unito e Stati Uniti sono prudenti sugli annunci russi di ritiro. Intanto, però, Mosca sta accelerando sulla guerra non convenzionale aumentando la repressione e la disinformazione: “Cerca il controllo brutale dei media e l’accesso a internet, cerca la chiusura delle voci dell’opposizione e sta facendo forti investimenti nella loro propaganda e nelle agenzie segrete”. A questo si aggiunge il fatto che il gruppo di mercenari Wagner “è ora pronto a inviare un gran numero di personale in Ucraina per combattere a fianco dei russi. Stanno cercando di trasferire forze da altri conflitti e di reclutare nuovi combattenti per aumentare i numeri. Questi soldati saranno probabilmente usati come carne da cannone per cercare di limitare le perdite militari russe”, ha dichiarato Fleming.
Il direttore del Gchq ha parlato anche della strategia occidentale di declassificazione dell’intelligence per anticipare le azioni di Putin: viene diffusa per “assicurarsi che la verità venga ascoltata. A questo ritmo e su questa scala, è davvero senza precedenti. A mio parere, l’intelligence vale la pena di essere raccolta solo se la usiamo, quindi accolgo senza riserve questa novità”, ha detto.
Queste continue rivelazione sembrano avere un duplice obiettivo: minare il rapporto tra Putin e i suoi consiglieri; isolare il leader rendendo ancor più paranoico un ex agente Kgb, che oltre a essere paranoico per indole, è anche sempre più solo dopo il Covid-19, alimentando il sospetto che al Cremlino ci sia un agente occidentale.
Ma c’è di più. Nelle scorse settimana Formiche.net ha più volte sottolineato come le analisi delle intelligence anglosassoni e di quelle europee sull’invasione dell’Ucraina fossero divergenti: le prime erano certi dall’autunno che ciò sarebbe accaduto, le seconde sembravano confidare nella diplomazia.
Thierry Burkhard, capo di stato maggiore della difesa francese, era arrivato ad ammettere l’errore in un’intervista al quotidiano Le Monde: “Gli americani avevano detto che i russi avrebbero attaccato, e avevano ragione. I nostri servizi pensavano invece che la conquista dell’Ucraina avrebbe avuto costi esorbitanti e che i russi avevano altre opzioni” per far cadere il governo di Volodymyr Zelensky.
Una recente riunione dei capi dei servizi di sicurezza esterni, tenuta in Italia mentre il presidente statunitense Joe Biden era in Europa per un triplice summit (Nato, G7 e Consiglio europeo), sembra aver segnato una ritrovata sintonia tra le agenzie dopo le divergenze sull’invasione. Un segnale in questo senso potrebbe essere il licenziamento del generale Éric Vidaud, direttore dell’intelligence militare francese: “lascia il suo incarico perché non ha avvertito adeguatamente del rischio di guerra in Ucraina”, scrive Le Monde.