La guerra in Ucraina ha messo in discussione l’ambiguità strategica americana su Taipei. Dopo le dichiarazioni del presidente è intervenuta la Casa Bianca. Ma non è la prima volta…
Non è la prima volta che Joe Biden fa il duro su Taiwan e la Casa Bianca interviene per provare a gettare acqua sul fuoco. In conferenza stampa con il primo ministro giapponese Fumio Kishida, il presidente statunitense ha risposto “sì” a una domanda di un cronista “Sarebbe pronto a un coinvolgimento militare diretto per difendere Taiwan, se la situazione lo richiedesse?”. “Questo è l’impegno che abbiamo preso”, ha aggiunto sostenendo che la Cina “scherza con il fuoco” ogni volta che fa volare i suoi caccia nello spazio aereo dell’isola.
“Siamo d’accordo con la politica di una sola Cina ma l’idea che si debba prendere con la forza, solo con la forza non è giusta”, ha detto Biden ribadendo le dichiarazioni simili dello scorso ottobre (rese in conferenza stampa con il primo ministro del Giappone, Paese sempre più impegnato militarmente nell’area e soprattutto a sostegno di Taiwan).
Poco dopo la conferenza stampa, come accaduto in autunno, la Casa Bianca ha puntualizzato che la posizione statunitense su Taiwan non è cambiata. In base alla politica di “una sola Cina”, gli Stati Uniti non riconoscono Taiwan come Stato indipendente dalla Cina. Infatti, Taiwan non farà parte dell’accordo economico indo-pacifico (Indo-Pacific Economic Framework), l’iniziativa degli Stati Uniti che il presidente Biden ha preparato in occasione del viaggio in Asia, come confermato dal consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan, in un briefing con la stampa a bordo dell’Air Force One. Tuttavia, in base al Taiwan Relations Act del 1979, gli Stati Uniti sono impegnati a fornire a Taiwan armi per la difesa.
Dal 24 febbraio, cioè dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, l’ambiguità strategica dell’intervento statunitense a Taiwan è sotto pressione. La Cina sta osservando “molto, molto attentamente” ciò che sta accadendo in Ucraina e la risposta globale all’aggressione militare della Russia. L’ha spiegato il tenente generale Scott Berrier, direttore della Defense Intelligence Agency, donate una recente audizione. Il riferimento è Taiwan: Pechino “preferirebbe non usare la forza militare per prendere Taiwan”, ha dichiarato nella stessa occasione Avril Haines, direttore dell’Intelligence nazionale. “Preferirebbero usare altri mezzi”, ha aggiunto parlando di pressione diplomatica ed economica. Tuttavia la minaccia di una presa di potere militare da qui al 2030 rimane acuta, ha detto. La guerra di Vladimir Putin “non credo affatto” che “abbia eroso la determinazione di Xi [Jinping] a ottenere il controllo su Taiwan. Ma penso che sia qualcosa che sta influenzando i loro calcoli su come e quando farlo”, ha rincarato la dose William Burns, direttore della Cia, al Financial Times.
Lo stesso giornale nelle scorse settimane aveva riferito di una “riunione d’emergenza” a Pechino nella quale le autorità finanziarie hanno messo a punto una strategia per evitare che eventuali sanzioni volute dagli Stati Uniti possano colpire le banche cinesi. “Se la Cina attaccasse Taiwan, il disaccoppiamento delle economie cinese e occidentali sarebbe molto più duro di quello con l’economia russa, perché l’impronta economica della Cina tocca ogni parte del mondo”, aveva detto al Financial Times una delle fonti. Ma il rischio sarebbe anche per gli Stati Uniti. “Si tratterebbe di una mutua distruzione assicurata”, ha detto Andrew Collier, managing director dell’Orient Capital Research di Hong Kong, “come nel caso di una guerra nucleare”.
(Foto: Twitter @POTUS)